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 2014  marzo 11 Martedì calendario

LA GERMANIA TRATTERÀ CON PUTIN


Per prevedere che cosa farà Angela Merkel con Putin, basterebbe sfogliare l’ultimo numero di «Wirtschaftswoche», il settimanale economico più importante della Germania. In copertina campeggia lo zar su sfondo rosso, sopra il titolo «Unser teuerster Freund», il nostro più caro amico.
In tedesco il doppio senso è come in italiano, caro o costoso. Il sottotitolo è chiaro: «Warum Deutschland nicht von Russland loskommt», perché la Germania non si libera dalla Russia.
Gli Stati Uniti insistono per punire Mosca con sanzioni, tanto a pagarne il prezzo sarebbe l’Europa, e in primo luogo i tedeschi.

Con l’Ucraina, gli Usa vorrebbero prendere due piccioni con una fava: creare un problema alla Russia, e addossando all’Ue il salvataggio del paese, infliggere un colpo mortale alla comunità di Bruxelles. Per Berlino è stato irresponsabile proporre all’Ucraina un patto di collaborazione economica che prevedeva un’integrazione progressiva anche politica. Il Cremlino non avrebbe mai potuto subire questa provocazione. «Anche la Ue è corresponsabile,» accusa l’ex cancelliere Gerhard Schröder. E si offre come mediatore: «Non si deve demonizzare Putin».

Se vogliamo trattare con gli ex paesi satelliti dell’Urss bisognerebbe sempre compiere un sondaggio preventivo con la Russia. Che cosa è possibile e cosa no? Questa è la Realpolitik tedesca. E per questo anche durante le manifestazioni di Kiev, la Merkel è rimasta sempre guardinga, attenta a non creare facili e pericolose illusioni soprattutto nei giovani che rischiavano la vita contro i militari sperando in un impossibile ingresso del loro paese nel club di Bruxelles. Oggi l’Ucraina è un gran pasticcio, e una soluzione sarà sempre pesante sul lato umano. Ma i politici realistici i problemi li prevengono, invece di risolverli. Lo ricorda Henry Kissinger in un articolo sulla “Welt”: la Russia non può trattare l’Ucraina come un satellite, ma l’Occidente deve capire che Mosca non potrà mai considerare l’Ucraina «come estero». L’Ucraina è indipendente da appena 23 anni, e i suoi leader hanno dimostrato di mancare d’esperienza, sorride il vecchio Henry, che non dimentica le sue radici tedesche.
Sostenere l’Ucraina è un peso insostenibile per l’Ue. E rompere con Putin avrebbe un prezzo troppo alto per la Germania. A cominciare dal gas, che copre il 40% del fabbisogno tedesco. Gli scambi sono passati da 58 miliardi di euro (31,8 import; 26,4 export) nel 2010, a 77 miliardi l’anno scorso, sempre in rosso per la Germania, con 36 miliardi d’esportazioni, e 40,4 di importazioni, di cui oltre 3/4 sono rappresentati dal gas e dal petrolio. In sintesi, energia in cambio di auto, con un incremento di quasi il 22% nel 2013 per le macchine utensili, prodotti chimici più 13%, materiale elettronico +11. In dieci anni, gli investimenti in Russia sono più che quadruplicati, da due miliardi a nove.

Sanzioni avrebbero gravi conseguenze, ad esempio, per la Bmw: «Difficile fare un calcolo», ha ammesso il capo della «casa» di Monaco Norbert Reithofer. Nel 2007, la VW ha aperto un nuovo stabilimento a Kaluga, 170 chilometri a Sud di Mosca, e ha prodotto 300 mila vetture. Il mercato dell’auto in difficoltà in Europa, non può basarsi unicamente sulla Cina. Anche per la Siemens che vende i suoi treni superveloci ai russi, un blocco avrebbe conseguenze disastrose.
Il ministro degli esteri, il socialdemocratico Steinmaier, è ben lontano da Hillary Clinton che paragona Putin a Hitler: Mosca ha interessi obiettivi nella zona», ha ammesso. «Non bisogna interrompere il dialogo», ha consigliato la Merkel. Lei conosce Putin da 17 anni, e lo Zar ha confessato che «tra i politici occidentali preferisce sempre parlare con la signora». «Stiamo attenti», ha ammonito Eckhard Vordes, presidente della Commissione Est-Ovest, «le nostre economie sono così strettamente legate che ci causeremmo enormi danni a vicenda adottando le sanzioni». Settemila imprenditori tedeschi sono attivi in Russia. Per molti c’è il rischio concreto del fallimento. «Wirtschaftswoche» parla a nome dell’industria nazionale. E sabato la «Welt», che è il giornale più conservatore, ha pubblicato un articolo spiegando il «fascino» esercitato dalla Russia sugli intellettuali tedeschi, ieri e oggi, a cominciare da Thomas Mann. Per capire che la Crimea fa parte dell’anima russa non servono le analisi dei diplomatici, basta leggere Cechov.