Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 11 Martedì calendario

EVASIONE COME IN FRANCIA: +65 MLD


[Stefano Livadiotti]

Stefano Livadiotti ha 56 anni e, negli ultimi cinque, ha preso a tirar fuori un libro via l’altro. Lavori che parlano, pieni come sono di dati, e che fanno parlare, per il clamore che suscitano. Dal 2009, di volta in volta, il giornalista de L’Espresso ha messo sotto la lente il sindacato, la magistratura, il Vaticano, picchiando come un fabbro, ma con la precisione di un chirurgo, sulle magagne di quegli ambienti. E nessuno ha pensato, neppure lontanamente, di eccepire, men che meno, minacciare querele.
Stavolta Livadiotti ha messo nel mirino una casta ampia, diffusa e agguerrita, quella degli evasori. Non rischia la class action ma certo l’invettiva col suo Ladri, edito da Bompiani.
Domanda. Livadiotti, lei scandaglia l’evasione e il tema è più che mai d’attualità. Il premier Matteo Renzi, per trovare le coperture ai suoi progetti riformisti, non ha mai fatto mistero di voler inasprire la lotta all’evasione. L’ha mandato il suo libro a Palazzo Chigi?
Risposta. È vero, lo ha detto spesso, e il fisco è una delle quattro riforme cui vuol dare la priorità. Ho cercato il suo addetto stampa, Filippo Sensi, per capire se sia possibile realizzare un incontro pubblico, col premier, su questo libro.
D. E la politica più in generale, come sta reagendo a questo lavoro?
R. Beh dipende...
D. Cioè?
R. Ermete Realacci, deputato democrat, ha presentato recentemente un’interrogazione sui 518 possessori di jet privato che guadagnano meno di 20mila euro lordi all’anno.
D. Poveracci. Altre reazioni?
R. Beh Beppe Grillo mi ha messo all’indice nel suo blog.
D. Perché ha spiegato che il voto di molti lavoratori autonomi s’è spostato alle ultime elezioni?
R. È quella piccola borghesia urbana, come la chiamano i politologi, che continua a votare chi si preoccupa di fornirle una sorta di immunità fiscale. Fino al 2013 principalmente il partito di Silvio Berlusconi ma, alle politiche del febbraio scorso, molti hanno deciso di punirlo, dopo che la crisi finanziaria gli aveva impedito di mantenere le promesse fatte, passando in gran parte col M5s.
D. Lei cita studi di flussi elettorali...
R. Cito rilevamenti demoscopici di Ipsos, Swg e Demos & Pi che lo dimostrano. E il Censis che realizzò una ricerca sulla manifestazione romana di chiusura della campagna elettorale grillina, a Piazza S. Giovanni Roma, il 22 febbraio 2013, rilevando che quella folla era un 27,6% di lavoratori autonomi.
D. Lei come ha risposto a Grillo?
R. Limitandomi a rilevare che, mentre ha lanciato spesso invettive contro Equitalia, fino a invitare a dar fuoco alle sue sedi, nel suo programma elettorale la parola «fisco» non c’era mai.
D. Lei scrive che la possibilità di battere l’evasione è nella mani della politica ché gli strumenti per fermare l’evasione ci sarebbero già. Ha infatti visitato la mitica Sogei, la società del ministero delle Finanze deputata all’incrocio dei dati sulla contribuzione fiscale. E’ davvero così potente?
R. Sì, sono stato nel suo blindatissimo quartier generale a Roma, sulla Laurentina, dove lavorano 1.900 persone, la metà dei quali fisici, matematici, biologi.
D. «È collegata», leggo, «a 300 diverse banche dati (dall’Anagrafe tributaria al Registro navale), a loro volta alimentate da qualcosa come 10 mila enti pubblici». Ma funziona?
R. Ho chiesto di fare una prova infatti. Ho fatto inserire il mio nominativo, per non violare la privacy di nessuno. Ed è uscito davvero tutto, dal reddito dichiarato al patrimonio, dalle spese sopra 3mila euro, ai contributi della colf.
D. Quindi non c’è bisogno di comprare il software della Cia, Palantir, quello che incrociando migliaia e migliaia di dati e con cui si dava la caccia Osama Bin Laden. Qualcuno lo aveva proposto...
R. Assolutamente no. Se con Palantir l’allora leader di Al Qaeda ha rischiato la pelle, gli evasori fiscali italiani potrebbero continuare a dormire tra due guanciali. La Sogei, basta e avanza.
D. Perché la politica, secondo lei, nei fatti frena sulla lotta all’evasione?
R. Ci sono in Italia 5 milioni di partite Iva, che valgono 10-12 milioni di voti, che sono un’enormità. Nessun partito ha voglia di far la guerra. «Non inseguiremo gli evasori con i cani», disse Angelino Alfano da segretario Pdl e vicepresidente del governo di Enrico Letta.
D. Dunque, secondo lei, è il lavoro autonomo il responsabile?
R. Le statistiche dimostrano che la gran parte dell’evasione viene da lì, anche perché il lavoro dipendente viene tassato alla fonte. I dipendenti pagano una sorta di tassa sull’evasione che l’Eurispes ha quantificato in 3.285 euro a persona. E gli autonomi guadagnano, in media, meno dei dipendenti, però, fatto strano, se si va a guardare al patrimonio, sono regolarmente più ricchi del doppio.
D. Torniamo alla politica. Lei menzionava Alfano. Ma anche a sinistra non è che abbiano fatto barricate per l’ultimo redditometro che Attilio Befera aveva messo a punto, durante il governo di Mario Monti...
R. Sì in effetti, come ho scritto, anche Pier Luigi Bersani ne prese le distanze velocemente, troppo preoccupato di non avvalorare lo stereotipo della sinistra sempre pronta a mungere i contribuenti pur di alimentare i costi del welfare.
D. E in effetti il redditometro non ha avuto vita facile...
R. È stato smontato pezzo per pezzo: prima è stata prevista una franchigia di 12mila euro di franchigia, quindi la tolleranza di uno scostamento del 20%, poi si è detto che sarebbe stato usato solo per 35mila controlli mirati.
D. E poi c’è Stefano Fassina che da viceministro, disse a un’assemblea di commercianti che esiste «un’evasione di necessità»...
R. Clamoroso per uno come lui che viene proprio dalla nidiata di Vincenzo “Dracula” Visco, al quale salariati e pensionati dovrebbero erigere un monumento equestre, se non per quello che è riuscito a fare da ministro delle Finanze (nei governi Prodi I e D’Alema I e II, ndr), almeno per quello che ha provato a realizzare. Motivo per cui il suo stesso partito non l’ha ricandidato. Ora c’è Renzi, vediamo se è il fenomeno che promette.
D. Senta Livadiotti, però diciamo anche la pressione fiscale insostenibile, non aiuta a essere bravi contribuenti...
R. Se tutti pagassero il dovuto proprio quella pressione scenderebbe, perché, come sostiene Confindustria, se tutti lo facessero la aliquote fiscali e contributive potrebbe scendere di colpo del 16% e stiamo parlando di un dato del 2010, mentre l’economista Tito Boeri stima il 20%. Non bazzecole.
D. Benefici per tutti...
R. Senza evasione, dalla sera alla mattina, nell’ipotesi della Confindustria, stipendi e pensioni salirebbero di 102 euro al mese, altro che i pochi spiccioli di riduzione del cuneo fiscale ipotizzati dal governo Letta.
D. Anche sull’occupazione, lei scrive...
R. La metà delle 800 mila persone che si sono ritrovate a spasso tra il 2008 e il 2011 sarebbe ancora occupata, perché le imprese, se meno tartassate, avrebbero licenziato di meno e magari investito di più, creando nuova occupazione.
D. Ma come fa a essere sicuro che abbassando le tasse, non cali l’evasione?
R. C’è uno studio di Confcommercio, Una nota sulle determinanti dell’economia sommersa, che mostra come i motivi addotti dagli evasori siano più d’uno: c’è l’idea del servizio pubblico che si ritiene di aver indietro, c’è la facilità dell’adempito e c’è anche la percezione del rischio d’essere scoperti e puniti. Quindi c’è l’abbassamento delle aliquote ma questa è una sola determinante e non è neppure una delle più incidenti.
D. Nel suo libro però c’è una tabella che mi ha molto colpito: siamo i leader in fatto di evasione ma anche tedeschi e francesi non scherzano.
R. Sì, ma l’Italia, con 180 miliardi pari al 27% del Pil, raggiunge un picco spaventoso. Secondo i calcoli dell’Istituto per la competitività di Stefano Da Empoli, se riuscissimo ad allineare la nostra evasione a quella francese avremmo un maggior gettito di 65 miliardi. Cifra che salirebbe a 68 o a 77 miliardi se fossimo invece in grado di contenerla al livello della Germania o della Gran Bretagna. Vorrei ricordare che ci siamo rotti le balle per mesi, a parlare della cancellazione dei 4-5 miliardi di Imu.
D. Ma il rimedio non potrebbe la detrazione delle spese sul modello americano, come ha ribadito nei giorni scorsi da queste colonne, l’economista Mario Baldassarri?
R. Era un’ipotesi che ha affascinato anche me, ma non sta in piedi: lo ha dimostrato con un paper su la Voce.info l’economista Maria Cecilia Guerra, già sottosegretario del procedente governo: il beneficio fiscale concesso annullerebbe il valore del sommerso recuperato.
D. Da noi, si evade tanto anche perché la giustizia tributaria va maluccio...
R. C’è un senso di impunità: quando impieghi 903 giorni per arrivare a una sentenza di primo grado, hai ottime possibilità di incappare in un condono. Dal 1970 al 2004, ce ne son stati stati 32.
D. La politica è monocorde, dunque. Ma l’evasione è creativa...
R. Sì, pensi che a Napoli si sono inventati l’accompagnatore fiscale.
D. Vale a dire?
R. Quello che segue il cliente di un ristorante fin sulla soglia per dar un’occhiata in giro.
D. E quindi che succede?
R. Ha una ricevuta in tasca che può essere velocemente allungata al cliente, se scorge all’orizzonte qualche controllo. Capisce? L’accompagnatore.