Marco Filoni, Pagina99 1/3/2014, 1 marzo 2014
L’IRRESISTIBILE FASCINO PER LE CENERI
Le città dei morti hanno sempre lambito, minacciose, le città dei vivi. Le prime, i cimiteri, sono nate insieme alle seconde. Sin da quando ha iniziato a vivere in comunità, l’uomo si è posto il problema del dare degna sepoltura ai propri morti. E avere un luogo dove piangerli. Però i cimiteri si sono man mano allargati, sino a diventare un problema. Urbanistico prima; igienico dopo. Ecco allora che con la modernità prende piede la pratica della cremazione. Fino ai giorni nostri, in cui la richiesta di questo tipo di congedo dal nostro mondo sta crescendo a dismisura. Soltanto nell’ultimo anno numeri e statistiche fotografano un’impennata impressionante del 25%. Tanto che ha generato pure qualche mitologia urbana: una fra tutte, con l’aumentare delle comunità cinese in Italia si è diffusa la voce che questi non muoiano mai. Questo perché non ci sono loro tombe e allora ecco le deduzioni più fantasiose, come quella che vorrebbe i cadaveri rimandati in Cina nascosti dentro container o chissà altro. Semplicemente si fanno cremare. Anche perché, e noi italiani lo stiamo scoprendo, è più economico, più pratico e più gestibile in termini di spazio.
Lo sapevano bene nel secolo dei Lumi, quando cioè nasce questa pratica. Lo racconta il filosofo Gian Mario Cazzaniga, che in un bel saggio pubblicato qualche tempo fa dalla gloriosa rivista Belfagor ne tracciava la storia. In Europa bruciare i corpi dei defunti è una prassi che si diffonde sul finire del Settecento. Naturalmente risponde alla ricerca di un’utopia igienista che sarà ripresa nell’Ottocento dai medici e dagli scienziati positivisti. Ma un’utopia con obiettivi ben precisi: dapprima spostare i cimiteri fuori dalle città per ragioni igieniche; poi attribuire allo Stato funzioni di giurisdizione dei cadaveri che prima erano attribuite alla Chiesa; da ultimo l’affermazione di eguaglianza di tutti i cittadini. Ed è questo l’aspetto più interessante. La cremazione rispondeva alla pretesa del “siamo tutti uguali”, pure di fronte alla morte. Fino ad allora le persone morivano come avevano vissuto: i poveri come poveri, seppelliti senza nemmeno un nome; i ricchi come ricchi, adagiati in tombe adornate e curate. La ricerca di “egalitarismo mortuario”, se così si può dire, era stata avanzata sia dai cattolici giansenisti che dai rivoluzionari francesi: ma questi avevano radicalizzato tale pretesa e avevano optato per le fosse comuni. Soluzione piuttosto barbara, se non altro perché contraddice il bisogno alla memoria della singola persona che si mantiene viva nel ricordo di parenti e amici. E così allora che subentra la cremazione, giustificata non soltanto da ragioni pratiche (la bara era modesta per tutti, tanto poi veniva bruciata; e lo stesso valeva per arredi e per la semplicità del rito di commiato), quanto da ragioni teoriche e come istanza morale.
La cremazione trova così un suo posto nella lunga storia per la conquista dei diritti e della libertà. Diventa l’affermazione di un principio, il simbolo dell’eguaglianza. E come ogni principio che si rispetti, anche la cremazione ha il suo profeta. Che risponde al nome di Scipione Piattoli. Diventa il teorico di riferimento delle pratiche post-mortem, colui che prima e meglio di altri ne ha stabilito regole e funzioni. A lui si deve il Saggio intorno al luogo del seppellire, pubblicato anonimamente nel 1774, ma poi tradotto pochi anni dopo in francese e in inglese, tanto da diventare la più importante espressione di questa nuova cultura funeraria. Piattoli era semplice chierico secolare senza troppe prospettive nella carriera ecclesiastica. Sarà per questo che intraprese, con molta più fortuna, le strade della massoneria. Fra muratori si mosse con nonchalance e agio, tanto che fece carriera fino a diventare un personaggio da romanzo – e che romanzo! Dapprima conobbe il re Stanislao di Polonia; che affascinò sino a diventarne l’uomo di fiducia. Quando nel 1789 tutte le corone tremarono di fronte al sollevarsi del popolo, ecco Piattoli far sfoggio di lungimiranza e realismo politico: indossò gli abiti da mediatore e servì da anello di congiunzione fra il re e il partito patriottico polacco. Al puntò da essere uno dei principali compilatori della Costituzione polacca del 1791. Non contento, da lì si spostò in Russia, fino a diventare l’ispiratore dello zar Alessandro I. Insomma, Piattoli è un’importante figura della storia europea. Così curiosa da trovare consacrazione letteraria in Guerra e pace di Tolstoj, il quale per tratteggiare l’abate Mario si rifece proprio a lui. E se oggi la cremazione ha tanto successo è pure un po’ merito suo. Del restò c’è da scommettere che crescerà sempre più, soprattutto quando si diffonderà anche da noi l’ultima tendenza che sta spopolando in Giappone: ottenere diamanti dai propri cari. Già, proprio così: niente urne o ceneri sparse al vento. Nel Sol Levante hanno scoperto che, attraverso complessi meccanismi, le ossa cremate possono essere sintetizzate fino a trasformarle in diamanti. Oggetti in fin dei conti non troppo lontani, concettualmente, dalle nostre reliquie. Anche se qui la materialità del corpo è ridotta all’essenziale, spogliata di qualsiasi riferimento alla carnalità per esaltarne la purezza. Niente ampolla di sangue che si scioglie, insomma. Vista la crisi, San Gennaro capirà.