Arthur Renard, La Gazzetta dello Sport 11/3/2014, 11 marzo 2014
ROBBEN: «HO DETTO NO ALLA JUVE CON UN SMS»
Arjen Robben ha incontrato per la prima volta Guardiola in Italia. In quei primi giorni in Trentino ha capito che Pep, anche dopo una stagione perfetta come quella del Bayern 2013, poteva migliorare il club e rilanciare il suo calcio. A sette mesi di distanza, Robben ha lo stesso entusiasmo per le innovazioni dell’allenatore spagnolo.
Che cosa viene in mente ripensando al primo incontro con Guardiola?
«Ricordo che sono arrivato in ritardo, perché ero stato via con l’Olanda. Ricordo che sono arrivato di sera in albergo e ho incontrato Guardiola: con lui ho avuto un buon feeling dall’inizio. Ha portato molti uomini dello staff, e anche loro mi hanno fatto una buona impressione».
Qual è la differenza tra questa stagione e la scorsa, tra i due Bayern?
«Quest’anno cerchiamo di dominare ancora di più, anche nella metà campo avversaria. Lo scorso anno la nostra forza era l’unità, eravamo davvero una squadra, compatti. Penso che quest’anno abbiamo aumentato la pressione, cerchiamo di riconquistare palla più velocemente. Nella scorsa stagione, invece, a volte lasciavamo costruire il gioco da dietro. Il nuovo approccio mi piace, tatticamente da Guardiola sto imparando: è una grande cosa lavorare con lui ogni giorno. Ho trent’anni e ho incontrato alcuni grandi manager, ma gli allenamenti di Guardiola mi piacciono davvero. Abbiamo entrambi l’ossessione di questo gioco. A lui piace parlare di calcio e questo ci lega».
Guardiola parla correntemente tedesco?
«Beh, non correntemente ma il modo in cui lo parla è da apprezzare: immagino non sia semplice per uno spagnolo. Con noi a volte usa anche l’inglese, ma la sua comunicazione in generale è molto buona».
Si può paragonare Guardiola a Mourinho, avuto al Chelsea?
«Sono completamente diversi... eppure in qualche modo molto simili. Hanno diverse filosofie di calcio e modi di lavorare differenti, però sono due vincenti al 100%. Tatticamente probabilmente sono i migliori, entrambi respirano calcio, pensano alla partita giorno e notte. Io ho avuto il privilegio di lavorare con tanti grandi: Van Gaal che ora allena l’Olanda, Heynckes al Bayern e Hiddink al Psv».
Uno di loro emerge?
«È difficile fare un paragone perché si incontrano allenatori diversi in diversi momenti. Ho imparato da tutti, ma con qualcuno hai un’intesa migliore. Van Gaal e Guardiola emergono, ma devo menzionare anche Mourinho. È difficile sceglierne uno o due».
È stato più semplice gestire il problema a un ginocchio di fine 2013 dopo aver superato infortuni seri?
«Sì, ma questo è stato un po’ diverso. È stato più un incidente, sapevo che sarei guarito. In passato ho avuto alcuni infortuni seri che hanno causato momenti molto difficili. Quando ho avuto le ricadute, ho sempre lavorato duro: penso sia uno dei miei punti di forza. Prima di quell’infortunio avevo vissuto un anno fantastico, che probabilmente mi ha fatto sentire più a mio agio».
Il 2013 è stato il miglior anno della carriera?
«Molta gente lo ha detto, oppure ha ipotizzato che fossi nel momento migliore della carriera. Queste frasi però mi hanno fatto ridere, a essere onesto. Non la vedo così. Penso che i miei risultati si siano visti perché sono riuscito a giocare a lungo, senza interruzioni da infortunio. Certo, nella scorsa stagione tutto è andato per il verso giusto. È stato un finale di stagione fantastico, con il mio gol decisivo in finale di Champions. Magari ho avuto periodi migliori, che però non hanno portato trofei o si sono interrotti per gli infortuni».
Quali?
«La mia prima stagione al Bayern, il 2009-10, è stata molto buona. Abbiamo vinto Bundesliga e Coppa di Germania, ma abbiamo perso la finale di Champions. Ne abbiamo persa un’altra nel 2012 ma ho fatto la mia parte anche in quelle stagioni, con gol importanti».
Che cosa si può dire del futuro al Bayern?
«Penso di essere nella squadra giusta. Sono fiero di fare parte di questo club, il momento più importante della mia carriera è stato il trasferimento al Bayern. Ho già vissuto quattro magnifici anni qui e spero di fare grandi cose per altre tre, quattro stagioni a Monaco».
Nel Bayern i giocatori spesso si scambiano posizione. In futuro si vedrà Robben da centravanti, alla Messi, come nella stagione da 50 gol ai tempi delle giovanili?
«Non so, cambiamo posizione così tante volte in una partita... Abbiamo molta libertà e ci sono momenti in cui gioco da centravanti. Però penso ancora che il mio ruolo ideale sia ala destra. Se mi spostassi al centro, ci vorrebbe un po’ per abituarmi però potrei farcela, assolutamente. Al momento non ci penso, faccio il meglio sulla destra».
Questa notte, ritorno di ottavi di Champions contro l’Arsenal. Un anno fa avete evitato l’eliminazione per un pelo perdendo in casa. Quali sono i ricordi?
«È un bene che sia successo, ora siamo preparati; se è in giornata l’Arsenal può essere fastidioso, nei primi 15’ dell’andata l’abbiamo visto. Abbiamo bisogno di giocare al top, dovremo lavorare duro».
Chi è il miglior giocatore dell’Arsenal?
«Non so se riesco a sceglierne uno, hanno così tanta qualità. Però penso che Cazorla sia fantastico e Özil davvero forte. In fase offensiva hanno molta classe, con giocatori che possono fare gol facilmente e sono piuttosto giovani, come Jack Wilshere. È un buon giocatore, un grande talento».
Sembra che al Bayern piaccia giocare contro squadre offensive, come l’Arsenal e il Barcellona del 2013.
«Io sono un tifoso delle squadre che cercano di costruire, mi piace chi attacca e cura lo stile di gioco. Non sono propriamente un sostenitore delle squadre che aspettano per giocare con difesa e contropiede...».
Quanto era serio l’interesse della Juventus nel 2012? Si è arrivati vicino a un trasferimento?
«No, alla fine no. Però non è dipeso dalla Juve: io stavo bene al Bayern, come ora, per questo il trasferimento non c’è stato. La Juve è un club fantastico, e se un club così importante dimostra interesse per te, è un onore. Sono stato molto chiaro con la Juventus, ho mandato un sms per ringraziarli e dimostrare che avevo apprezzato. Ho detto che ero onorato dell’interesse ma volevo stare al Bayern. Loro mi hanno detto che la porta per me sarebbe rimasta aperta. In passato c’è stato interesse anche da altri club italiani – alcuni molto importanti – ma in quei momenti stavo molto bene dov’ero».
Altri legami con l’Italia?
«Nelle ultime due-tre estati sono stato in vacanza in Sardegna con la famiglia. Magari il prossimo anno andrò ancora lì. Poi uno dei miei figli si chiama Luka, però con la k, e mi sa che questo non è particolarmente italiano...».