Matteo Dalla Vite, Andrea Elefante e Luca Taidelli, La Gazzetta dello Sport 11/3/2014, 11 marzo 2014
INTER, ECCO CHI TI DA’ AUSILIO
Per rendere l’idea: è come se - dopo stagioni di gavetta e nozioni, un’annata in prestito e colpi dati e presi - quello che anni fa era il regista degli Esordienti diventasse titolare della prima squadra. Dell’Inter. Regista Piero Ausilio lo è stato davvero (nella Pro Sesto) e il percorso da quel gennaio ‘98 ad oggi lo ha portato dalla segreteria del settore giovanile alla direzione dell’area tecnica. Ascesa. Completamento. E responsabilità, che adesso si tramuteranno nel mercato che verrà. Per «rifare una grande Inter», come dice il presidente Erick Thohir.
Ausilio e l’Inter quando e come s’incontrano?
«Gennaio 1998, ero responsabile del settore giovanile della Pro Sesto, Mario Mereghetti mi chiama per riorganizzare da segretario quello dell’Inter. Nel 2001 un anno zero: per me e per il club, che per volontà di Moratti decide di investire anche all’estero per la Primavera. Io responsabile organizzativo, Beppe Baresi responsabile tecnico: prendiamo Pandev, Martins, Pasquale, Potenza e con Verdelli vinciamo subito Viareggio e scudetto».
E nel frattempo comincia ad essere coinvolto nel mercato.
«Da subito, che fosse con Mazzola, Terraneo, Oriali e Branca. Nel 2004 per un anno vado allo Spezia, entrando nel consiglio d’amministrazione e vincendo la Coppa Italia. Dal 2004-05 sono d.s. dell’Inter, a più stretto contatto con la prima squadra dalla stagione 2009-2010».
Il colpo da ricordare più degli altri?
«Mi viene per forza da dire Balotelli, visto quello che oggi Mario rappresenta per il calcio italiano. Ma sono molto legato a Bonucci, perché so quanto è stato difficile prenderlo, oppure a Destro che portai all’Inter a 14 anni. Per non dire di Pandev e Martins, perché è da loro che per me è cominciato tutto».
Dice Balotelli e ripensa a...?
«Al fatto che lui aveva deciso di andare al Bellinzona e che ci vollero due giorni per convincere il Lumezzane a darcelo. Solo in prestito, visto che già allora era, diciamo così, esuberante: 30.000 euro subito, riscatto a 340.000 euro. Forse anche qualcosa meno...».
Il colpo sfuggito?
«Finali nazionali Allievi, fummo lì lì per prendere Immobile dal Sorrento: ma avevamo già Destro e Balotelli e non se ne fece nulla».
Il più grande rammarico: i Destro, i Balotelli e tutti gli altri che non sono più all’Inter.
«Il sogno per chi fa il mio mestiere è costruire una squadra fatta da ragazzi che crescono e si affermano con te. Ma certe rinunce sono state decise per arrivare a giocatori più importanti per l’immediato: Bonucci, Acquafresca, Bolzoni, Meggiorini per spendere meno per Milito e Thiago Motta; Destro perché in quel momento era fondamentale prendere Ranocchia».
Un giocatore al quale è stato vicinissimo?
«Fabregas. A 16 anni aveva deciso di lasciare il Barcellona e il nostro Pierluigi Casiraghi (per l’Inter molto più che un osservatore, ndr) ci mise nelle condizioni di prenderlo: ci provammo, ma trovò il progetto-Arsenal più convincente».
Con Marco Branca vi dividevate i compiti, fra scouting, incontri di mercato, presenza al fianco della squadra. Ora lei camminerà da solo o sarà spalleggiato da qualcuno?
«Visto che Thohir ha deciso di investire su questa struttura, ho già individuato un responsabile scouting di fiducia (è Massimo Mirabelli, fino al 30 giugno al Sunderland) . E poi un d.t. non deve per forza essere tutti i giorni alla Pinetina, dove ci sono anche un team manager come Cordoba e un consulente dell’area tecnica come Santoro: se posso utilizzare bene una struttura forte e organizzata, non è impossibile fare da solo quello che prima facevamo in due. Il che non toglie che sarei pronto a collaborare con chiunque il club dovesse ritenere necessario».
E Mazzarri? Si è ipotizzato un ampliamento della sua figura, stile manager inglese...
«Per il discorso precedente io parto proprio da lui: ha grande personalità, vive il suo lavoro 24 ore su 24, segue tutte le dinamiche della squadra come faceva qualcun altro. Alludo a Mourinho, sì».
Il d.g. Fassone ha definito Mazzarri un pilastro dell’Inter, pure per il futuro: anche se per una serie di coincidenze negative dovesse fallire l’obiettivo Europa?
«Lui dice pilastro, io dico fondamenta: perché per lui parla la carriera, perché già si vedono una crescita di squadra, un’idea di gioco, una solidità difensiva, uno spartito dal quale ripartire l’anno prossimo. Si guarda quello, non la classifica: Mazzarri rimane, a prescindere».
Veniamo al mercato: cercate un esterno, un centrocampista centrale, un attaccante.
«Nei taccuini ci sono almeno 3 nomi per ognuno dei ruoli: saranno giocatori di livello. L’esterno può essere destro o mancino, visto che abbiamo già due bivalenti come Nagatomo e D’Ambrosio. L’attaccante? Uno che nei piedi abbia tanti gol, quelli che - Palacio a parte, che è già a 12 senza rigori... - sono mancati quest’anno, fra assenze varie di Milito e Icardi».
A proposito di rigori: ma i giocatori si allenano ancora a tirarli?
«No, abbiamo smesso...».
Tante scadenze di contratto e partiamo da Rolando: rimarrà, giusto?
«Tutta farina del sacco di Mazzarri. Quando la scorsa estate venne fuori l’esigenza di prendere un difensore, fece un nome solo: Rolando. Io e Branca restammo un po’ sorpresi e lui disse: “Tranquilli: è un ragazzo intelligente e può giocare in tre posizioni”. E’ in prestito: lui vuole restare, noi vogliamo tenerlo...».
E Ranocchia?
«Un mese fa con lui siamo stati chiari: affronteremo il discorso a fine campionato. E non escludo che arrivi il rinnovo».
Ecco, i rinnovi: con Palacio ci siamo, con Alvarez c’è qualche problemino e con Guarin?
«Il procuratore di Fredy è arrivato e ne stiamo parlando: c’è reciproca disponibilità ad adeguare e allungare il contratto. Alvarez vogliamo tenerlo e lui sta bene qui: però il suo contratto scade nel 2016, dunque abbiamo a disposizione tempi più lunghi per firmare».
Gli eroi del Triplete sono tutti in scadenza: solo Cambiasso ha chance di prolungare?
«Parleremo con tutti a fine campionato, come l’anno scorso con Samuel che rinnovò in 5’. Ma chissà che non rinnovi pure Milito, che potrebbe dare esperienza e qualità anche non da come titolare. La conditio sine qua è una sola: uscire da certi parametri di ingaggio, quelli attuali. Come da input di Thohir».
Che ha stabilito un tetto ben preciso.
«E’ cumulativo: oggi il tetto è di 80 milioni, nell’annata 2010-11 era di 180 milioni, l’anno prossimo sarà fra i 70 e gli 80».
A proposito di Thohir: una cosa che l’ha colpita?
«Ha grande entusiasmo, conosce bene la responsabilità di aver comprato l’Inter e sa dove vuole portarla: con una managerialità che vada oltre il risultato immediato. Un’Inter da costruire nel tempo, e che possa durare».
Mbaye, Duncan, Bardi & C.: torneranno?
«Non perché dobbiamo abbattere i costi, ma perché sono cresciuti dopo aver trovato continuità di impiego altrove. Senza contare le esigenze di una lista europea».
Kovacic: mai pensato di mandarlo a giocare altrove?
«Mateo è utile per l’Inter del presente come quella futura. Continuità non vuol dire solo giocare sempre 90’: l’Inter dovrà essere una squadra di qualità non solo negli 11 che giocano, ma in 16-18 giocatori intercambiabili fra loro».
Dzeko, Torres, Chicarito Hernandez, Mandzukic: sogni o ipotesi percorribili?
«Per le nostre esigenze i parametri tecnici sarebbero quelli, ma quelli economici no: gente che guadagna 5-6 milioni all’anno per noi è fuori budget e in condizioni normali non possiamo prenderli».
Cosa intende per condizioni normali?
«Intendo prenderli in base al loro valore di mercato. E non mi pare così facile far arrivare giocatori così in prestito».
E Lamela?
«Ci piace da quando era al River Plate. Ma già allora era caro e visto che è costato 30 milioni temo continuerà ad esserlo».
Riparliamone: i retroscena del non affaire Vucinic-Guarin.
«E’ durato tutto non più di un giorno. Si parlava di Vucinic, la Juve chiese di inserire nel discorso Guarin: avevamo già avviato la trattativa per Hernanes e dunque ci poteva stare, ma solo con un altro conguaglio».
Davvero vi avevano offerto solo un milione?
«Ne avremmo parlato per 7-8, ma non se n’è parlato. Dunque possiamo dire che l’affare non si è fatto al 70% per ragioni economiche e al 30% per condizioni, diciamo così, ambientali. E non mi pare ci sia da vergognarsi se ad un certo punto ti fermi a riflettere sull’opportunità di un’operazione».
Con la Juve in estate avevate parlato di Isla.
«Sono ancora a Pinzolo che lo aspetto per la conferenza stampa...».
Altro intrigo: quello di Mbaye nell’affare-Hernanes.
«Tare ce lo aveva già chiesto un mese prima, Lotito lo voleva: darlo poteva significare avere un forte sconto, ma abbiamo deciso di non fare come con Destro e di pagare solo cash».
Se nel giugno 2010 Moratti le avesse detto «Vendiamo Milito e Maicon», cosa avrebbe risposto?
«Quello che risponderei adesso: “Solo per un’offerta irrinunciabile”. Che però non arrivò, considerando che erano il miglior centravanti e il miglior laterale destro del mondo. Per dire: Ibra per 50 milioni più Eto’o lo abbiamo venduto, no? Eto’o per 20 milioni, più un risparmio di ingaggio di 10 milioni netti all’anno, lo abbiamo venduto, no?».
Vidic a parametro zero è il suo primo acquisto da d.t.
«E’ di Thohir, non mio».
Perché ha scelto voi?
«Lo hanno convinto la storia dell’Inter e la voglia - dopo aver vinto 15 trofei col Manchester United - di riportarla il prima possibile dove è sempre stata».