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 2014  marzo 11 Martedì calendario

TROPPI UOMINI DA NAPOLI A CATANIA LA LEGGE INASCOLTATA DAI SINDACI


«Ho invitato i partiti a dare anche i nomi di assessori donna, ma ho visto che sotto questo profilo c’è stata una certa sordità». Parola dell’ormai ex sindaco di Catania Raffaele Stancanelli alla vigilia della nomina della giunta comunale, poi composta da dodici assessori. Tutti uomini. Se Stancanelli non si è distinto per sensibilità nei confronti del gentil sesso, lo si può comunque perdonare: nel 2008 la discussione sulla parità di genere nelle amministrazioni locali era ancora agli inizi. Chi invece non ha scuse è il suo successore, il democratico Enzo Bianco. Nella nuova giunta, varata dopo le elezioni amministrative dello scorso giugno, le donne sono appena due su nove. E dire che la legge sulle pari opportunità nelle amministrazioni locali non lascia spazio a dubbi: che si tratti di giunta comunale, provinciale o regionale, le nomine devono essere «equamente distribuite tra i due sessi».
Secondo le segnalazioni raccolte dalla rivista online inGenere.it, sono ancora moltissime le giunte «mono-sex»: su 8094 Comuni italiani, in più di 1800 a decidere le sorti della città sono solo uomini. La situazione migliora - anche se di poco - nei Comuni con più di 5.000 abitanti, dove la percentuale delle giunte incravattate scende dal 23 al 18 per cento. Numeri alla mano, la situazione migliora nelle grandi città. Ha mantenuto le promesse della vigilia il primo cittadino di Roma Ignazio Marino, che ha nominato sei uomini e sei donne, in linea con la giunta milanese di Giuliano Pisapia. Si difende bene Torino, menzione d’onore per il premier Matteo Renzi, che sulle quote rosa non teme rivali: la giunta fiorentina è in perfetta parità, proprio come il Consiglio dei ministri. Non brilla il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, undici assessori e quattro donne. Dopo le promesse della campagna elettorale, rispose alle critiche sostenendo di non aver mai condiviso l’idea delle quote rosa.
Non si tratta però di appoggiare o meno un principio, ma rispettare la legge: se non c’è una ragionevole proporzione tra i generi – la giurisprudenza parla del 40 per cento - si può presentare ricorso al tribunale amministrativo. Non è servito da esempio nemmeno il capitombolo della giunta Alemanno: dopo un ricorso delle consigliere dell’opposizione, il Tar obbligò l’ex sindaco di Roma a un frettoloso rimpasto. Tra i sindaci dei comuni fino a 15.000 abitanti, i nastri rosa sono 855 su 6.192, tra quelli più grandi appena 53 su 603. Degli undici Comuni capoluogo, il giugno scorso è riuscita a conquistare lo scranno più alto solo Valeria Mancinelli ad Ancona. Le uniche regioni «in rosa» sono il Friuli Venezia-Giulia di Deborah Serracchiani e l’Umbria di Catiuscia Marini. Ancora troppo poche.