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 2014  marzo 11 Martedì calendario

L’ASSEDIO ALLA CGIL


La tentazione, effettivamente, sarebbe metterla sul piano dei caratteri: che è un pezzo del problema, ma non certo il cuore del problema. «Per Renzi - confermano però dallo staff del premier - la simpatia personale conta, altroché».
«Con Landini c’è feeling, funziona: con la Camusso invece no». La replica degli uomini della segretaria Cgil non nega il fatto e conferma - anzi - una certa, antica ruggine: «Renzi è vendicativo e rancoroso... I problemi cominciarono tempo fa intorno al destino del Maggio Fiorentino, quando lui era ancora sindaco, e si sono poi acuiti con le primarie. Una tregua? Mah...».
I caratteri, quindi: Matteo Renzi e Susanna Camusso non si stanno simpatici - come si direbbe tra ragazzini - e forse anche in quanto a stima reciproca, non è che si sia al top. Ma pur ammettendo che tutto ciò sia vero e pesi - e certamente pesa - è impossibile ridurre a questo la forte tensione che ha preso a correre sul filo Cgil-Palazzo Chigi e il fragoroso mulinar di sciabole tra il terzetto Camusso-Landini-Renzi. In controluce, infatti, si intravedono sempre più nettamente distanze profonde sul fronte dell’organizzazione e del ruolo del sindacato, dei rapporti tra governo e parti sociali e - in conclusione - della modernizzazione del Paese.
Sia come sia, il risultato è un inedito: e cioè, un presidente del Consiglio in carica da nemmeno tre settimane (Renzi ha giurato il 22 febbraio) che si trova già sotto minaccia di sciopero da parte della Cgil: «Il premier pensa - ha ripetuto ieri Susanna Camusso - che non ci sia un tema di rapporto con le parti sociali. La nostra opinione è che sbaglia». Questo dice la leader Cgil, e uomini del suo staff si incaricano di tradurre il concetto in termini più chiari: «La sua è un’idea di politica che salta qualunque mediazione. Come faceva Berlusconi, anche Renzi cerca un rapporto diretto coi cittadini. Il Cavaliere era bravissimo in tv; Matteo, che è più moderno, preferisce i 140 caratteri di un tweet...».
Matteo Renzi, insomma, come Silvio Berlusconi. E se la differenza è tutta e solo tra la tv e un tweet, la sostanza - secondo lo stato maggiore di Corso d’Italia - è chiaro che non cambia. L’attacco al sindacato (e per certi versi a Confindustria) è l’attacco - spiegano - alle uniche organizzazioni ormai radicate e presenti sul territorio, e capaci di mobilitazione e resistenza nei confronti del governo. Ed è anche così che si spiegherebbe l’eccentrico feeling tra Renzi e Landini: «Il primo usa il secondo per scardinare questo schema; e il secondo usa il primo per disarticolare e indebolire il sindacato».
Che Matteo Renzi e Maurizio Landini si usino reciprocamente, è una tesi: che si vedano e si parlino con più frequenza di quanto si potrebbe immaginare, è invece una realtà. Due tre incontri riservati a Palazzo Vecchio nelle settimane scorse; l’invio delle prime bozze del job act da Firenze ai piani alti della sede della Fiom (Landini fu tra i primi a riceverle, assieme a Francesco Giavazzi e una decina di altre persone); una analisi sostanzialmente simile delle incrostazioni che ingessano il Paese, anche se ricette e soluzioni spesso divergono (e non poco). Però tra i due un rapporto esiste, a differenza di quanto accade - è storia anche di queste ore - tra il premier e la leader Cgil...
Una dichiarazione di voto pro-Bersani alle primarie del dicembre 2012 (resa in diretta a In 1/2ora, di Lucia Annunziata) aprì ufficialmente ostilità che già crescevano sottotraccia; il sostegno - certo ma mai ufficializzato - offerto a Gianni Cuperlo alle primarie 2013, fece il resto. «Questioni personali» arrivarono così a inasprire ulteriormente un rapporto già difficile per l’idea che Renzi ha del sindacato e della Cgil in particolare (un’organizzazione conservatrice e con un’idea vecchia della tutela del lavoro) e che Susanna Camusso ha del sindaco-segretario-premier: molta immagine, molti annunci ma pochi fatti e ancor meno coerenza...
La goccia che ha fatto traboccare il vaso - ma è bene ripeterlo: un vaso già del tutto colmo - è stata la «lettera al premier» scritta da Landini per «la Repubblica» con l’offerta di un «patto per il lavoro». Guarda caso, tra i primissimi punti c’era una questione che Matteo Renzi pare abbia deciso di cogliere al volo: «Non serve a nulla una riduzione generalizzata e non selettiva del cuneo fiscale - scriveva il leader Fiom -. Per una ripresa dei consumi la tassazione va ridotta a partire da una riduzione dell’Irpef sui redditi da lavoro più bassi...». In Corso d’Italia l’hanno presa malissimo: «Lettera irrituale, questioni mai sollevate da una singola categoria».
E fuori dal giudizio di merito, infine, un’accusa pesante: «Landini vuole scardinare il sindacato. Ha un’idea dell’organizzazione dei lavoratori più vicina a quella di Marchionne che a quella di Lama». Vuole scardinare il sindacato... Una cosa che, se vera, somiglierebbe molto a certe già avvenute «rottamazioni». E chissà che - alla fine di tutto e al di là dei caratteri - non sia questo quel che anima il feeling Renzi-Landini e nutre l’evidente «antipatia» tra il premier e la leader del più grande sindacato italiano...