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 2014  marzo 10 Lunedì calendario

Carmine De Santis, 11 anni. Di Rovito (Cosenza), figlio di Francesco e di Daniela Falcone, 43 anni, a detta di tutti «donna tranquilla e equilibrata»

Carmine De Santis, 11 anni. Di Rovito (Cosenza), figlio di Francesco e di Daniela Falcone, 43 anni, a detta di tutti «donna tranquilla e equilibrata». La sera di venerdì scorso il De Santis Francesco fece sapere alla moglie che amava un’altra e l’aveva messa incinta, ne nacque una lite furibonda che durò tutta la notte e la Falcone a un certo punto prese a urlare: «Dobbiamo ucciderci tutti e tre». La mattina dopo l’uomo andò al lavoro, il bimbo a scuola, ma verso le nove e mezza la mamma passò a prenderlo dicendo agli insegnanti che doveva accompagnarlo a una visita medica. Invece lo fece salire sulla sua Suzuki gialla, con lui vagò per un giorno e mezzo tra le montagne della Sila mentre il marito, dopo aver provato invano a contattarla al cellulare sempre staccato, avvisava della scomparsa la polizia. Lunedì mattina la Falcone, lungo la strada statale che collega Cosenza a Paola, parcheggiò, fece ingoiare al piccolo dei barbiturici e quando lo vide addormentato prese dal cruscotto un paio di forbici e con quelle lo sgozzò. Quindi provò a impiccarsi con una cintura, non riuscendoci afferrò le forbici con cui aveva ammazzato il bambino e se le conficcò nel collo e nell’addome ma prima che si dissanguasse fu trovata dalla polizia. Giornata di lunedì 3 marzo nella zona della Crocetta lungo la strada statale che collega Cosenza a Paola. Don Lazzaro Longobardi, 69 anni. Parroco da ventisette anni della chiesa di Lattughelle, frazione di Cassano allo Ionio, a detta di tutti «un santo, sempre pronto ad ascoltare gli altri e a dare una mano a chi gli chiedeva aiuto», tempo fa aveva trovato una casa e un lavoro al romeno Nelus Dudu, 26 anni, che in cambio gli aveva fregato uno stereo e cinquemila euro di offerte e di continuo gli chiedeva denaro minacciando di far girare in paese la balla che tra loro c’era una storia di sesso. La mattina di domenica 1 marzo il sacerdote diede un passaggio a Dudu e poi, accortosi che quello gli aveva rubato 20 euro che stavano nel cruscotto, gli fece una scenata. Allora il rumeno, di sera, aspettò che don Lazzaro facesse rientro nel suo alloggio annesso alla chiesa. Quando lo vide arrivare sradicò un palo dalla recinzione del cortile e con quello gli sfondò il cranio. Il cadavere trovato la mattina dopo da uno che andava a messa. Sera di domenica 2 marzo nel cortile della chiesa di San Giuseppe a Sibari, frazione di Cassano allo Ionio, Cosenza. Libanny Meja Lopez, 29 anni, e suo figlio Leandro, 3 anni e mezzo. Dominicana, alta, snella, mora, la Lopez da qualche mese viveva nella periferia di Milano col fidanzato italiano e col bambino. L’altra sera, siccome il compagno era fuori per lavoro, invitò a cena una famiglia di amici: il salvadoregno Victor Hugo Menjivar, 37 anni, sua moglie e il loro bambino di 5 anni. Si presentarono solo il Menjivar e il ragazzino. Dopo aver mangiato, mentre i piccoli giocavano in un’altra stanza, la Lopez e Menjivar, che s’erano scolati venticinque birre, presero a ballare in salotto, lui provò a palparla, lei lo schiaffeggiò, quello impugnò un coltello da cucina. Alla vista dell’arma, la Lopez iniziò a spogliarsi ma l’uomo, temendo che avrebbe raccontato tutto alla moglie, le saltò addosso, le tagliò la gola, trascinò il cadavere dietro al divano, portò Leandro in bagno e sgozzò pure lui. Infine prese in braccio suo figlio, che se ne stava impietrito nella camera dell’amichetto, e scappò via. Nella notte tra lunedì 3 e martedì 4 marzo in un appartamento in via Segneri, periferia sud-est di Milano.