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 2014  marzo 08 Sabato calendario

BENTORNATO A COSMI (E AL SUO PIGLIO DANNUNZIANO)


Il Pescara aveva già conosciuto un tipo energico dal cranio rasato e dal pizzetto che amava il calcio. Si chiamava Gabriele D’Annunzio. Nel 1887, sei anni prima che nascesse il Genoa, sulla spiaggia di Francavilla, il giovane Vate scalciava «una palla di ottimo cuoio, con camera d’aria inglese», acquistata a Londra dall’amico musicista Paolo Tosti. Nell’impeto di una partita ci lasciò pure due denti.
Figlio di un padre soprannominato “Pajetta”, Serse Cosmi è sufficientemente lontano dall’ideologia dannunziana, ma, a parte pelata, pizzetto e piglio carismatico, converge per una cura non banale della propria immagine. “Sono un animale di lusso”, scriveva D’Annunzio in una lettera. “E il superfluo m’è necessario come il superfluo”. Cosmi non arriva a tanto, ma non ha mai nascosto il vezzo per le sue sciarpe vaporose e, soprattutto, per i suoi cappellini. Se il poeta del Vittoriale dettava la moda a Parigi con un Borsalino in feltro rasato, il Vate di Pontevecchio si è imposto nel calcio di vertice con una visiera sugli occhi. Immancabile.
Il cappellino (come le imitazioni di Crozza) lo ha aiutato a costruirsi un personaggio e a guadagnare popolarità, ma con il passare del tempo l’accessorio ha smesso di essere tale, è stato percepito da tutti come una parte essenziale di Cosmi che è diventato definitivamente e inevitabilmente “il tecnico del cappellino”.
Serse ha cominciato ad accusarne il peso e a soffrire una fastidiosa sensazione: che la gente lo vedesse come una caricatura, che i suoi meriti professionali fossero fagocitati dall’esubero di immagine e che anche i suoi programmi di lavoro suonassero velleitari come tanti cimenti dannunziani. Già nel 2007, presentandosi al Brescia, provò a reagire: «Sono l’allenatore con il cappellino, ma anche quello che ha trasformato Grosso in terzino». Cosmi ha regalato a Lippi anche il bomber della finale di Berlino, Materazzi. Le tre salvezze con quel Perugia Brancaleone, portato addirittura in Uefa, valgono altrettanti scudetti. I 17 punti in 17 partite a Siena sono stati un tesoro sottovalutato. E poi c’è il Genoa riportato in A e, all’inizio, 5 promozioni in 10 anni, una lunga e gloriosa gavetta dalla Prima Categoria alla CI.
Nell’ultimo anno senza lavoro. Cosmi avrà riconsiderato tutti questi meriti mentre vedeva Liverani (altra invenzione sua) partire come allenatore dalla A e avrà sospettato una volta di più che quel cappellino gli ha tolto molto più di quanto gli ha dato. Così quando il Pescara gli ha riaffidato una panchina, si è presentato a testa nuda, anche se ad Avellino pioveva. Ora, con la solita grinta, chiederà ai suoi ragazzi di “osare l’inosabile”, dannunzianamente, per arrivare ai play-off. Auguriamo a Cosmi i successi che merita e un domani, in pace con se stesso, la serenità per coprirsi la testa quando piove e fa freddo.