Gloria Mattioni, D, la Repubblica 8/3/2014, 8 marzo 2014
CHIAMAMI SARÒ LA TUA DIVORZISTA
Ha mezza Hollywood nell’indirizzario del suo smartphone. I numeri privati di Britney Spears, Angelina Jolie, Ryan Reynolds, Kiefer Sutherland, Maria Shriver (a cui, si dice, avrebbe consigliato di esigere dal marito fedifrago, Arnold Schwarzenegger, qualcosa come 200 milioni di dollari), Shaquille O’Neal, Kim Kardashian, Heidi Klum, Ashton Kutcher, Christina Aguilera e delle mogli di Mel Gibson e Kobe Briant, tutti raggiungibili premendo un solo tasto di chiamata veloce. Ma nessuno dei suoi clienti famosi s’è mai fatto vedere in giro con lei. Non perché siano degli ingrati. Anzi, pare che Jada Pinkett Smith, da anni alle prese coi gossip sulla crisi del suo matrimonio con Will Smith, si fidi solo di lei per tutelare l’educazione della figlia Willow, un po’ troppo precoce. «È che sono pochi, a Hollywood, a rischiare di farsi fotografare dai paparazzi insieme all’avvocato che li rappresenta in una causa di divorzio!», chiarisce Laura A. Wasser, soprannominata “Disso Queen”, la Regina dei Matrimoni Dissolti, aggirandosi per gli uffici dello studio legale Wasser, Cooperman & Carter in minigonna scozzese e tacchi di Azzedine Alaïa.
La sua clientela eccellente le è valsa copertine e ritratti su Vogue, Interview, Los Angeles Times e via dicendo, apparizioni televisive in talk show come Entertainment Tonight ed Extra, nonché posizionamenti tra i 100 Power Lawyers del 2012 e le California’s Top 50 Women Attorneys del 2012 e 2013 da parte dell’Hollywood Reporter. La vocazione alla carriera legale Laura Wasser l’ha ereditata dai genitori, entrambi avvocati: «Sono stata concepita la notte in cui mio padre seppe di aver superato l’esame di Stato e per questo le mie iniziali sono L.A.W., come legge in inglese. Non avevo scampo!», commenta. «Ma dai miei genitori ho anche imparato che il divorzio non deve per forza diventare la fine di una famiglia. I miei si sono separati quando avevo 16 anni, hanno mantenuto non solo le apparenze ma un sincero affetto reciproco, e hanno sempre partecipato tutti e due ai pranzi di Natale e ai colloqui tra genitori e insegnanti, nelle scuole mie e dei miei fratelli. L’obiettivo è stato il minimo impatto sulle nostre vite».
La filosofia dello studio legale fondato dal padre, un distinto signore che pratica ancora la professione e spesso pranza con lei, alla scrivania di uno dei due, è proprio quella: minimo impatto, massimo vantaggio per tutti i coinvolti. Laura vi ha poi aggiunto la fortuna di lavorare in questi ultimi vent’anni, e cioè «in una società in veloce cambiamento, dove il concetto di famiglia si è rapidamente allargato, anche trasformato, per includere unioni dello stesso sesso, ora legalizzate in diversi stati, o situazioni in cui la moglie guadagna di più del marito, che magari è stato a casa coi figli piccoli per sostenere lei nella carriera. Il diritto di famiglia ha dovuto giocoforza cambiare. Non ancora abbastanza, ma siamo sulla strada giusta», elenca.
Per assecondare il cambiamento e prendere in considerazione soluzioni diverse da quelle tradizionali, tipo «cancellare dalla propria vita con un colpo di spugna persino il ricordo dell’un tempo amato bene, possibilmente spennandolo in tribunale e usando i figli come ricatto», Laura ha appena scritto un libro che s’intitola It Doesn’t Have To Be That Way: How To Divorce Without Destroying Your Family or Bankrupting Yourself (St. Martin’s Press). Letteralmente: “Non dev’essere così per forza: come divorziare senza distruggere la famiglia o finire sul lastrico”. Manuale utile, che suggerisce soluzioni anticonvenzionali per casi specifici. Sperimentate dalle coppie che Wasser ha aiutato a uscire dalla fase dell’unione romantica e a entrare in quella successiva. Celebrità incluse. Ma non solo.
La tentazione di farle domande personali è forte, in fondo non è sposata ma ha due figli... «Credo di poterla immaginare, la domanda!», dice. «Tutti vogliono sapere che cosa veramente ne penso io, del matrimonio... Ecco. Non sono sicura che gli esseri umani siano fatti per aver un solo partner per tutta la vita, per essere monogami. A me, per esempio, non è successo. Ho avuto due figli da due padri diversi, con cui ho cercato però (con successo, ndr) un rapporto concorde nell’educazione dei rispettivi pargoli. Credo nell’amore finché dura, nella coppia e anche nella famiglia. Ma non mi piace l’idea che i sentimenti siano regolati da un contratto legale qual è il matrimonio. Non ho nessuna voglia di permettere allo stato di entrare nei miei affari personali».
Già, tanto più che i divorzi, in America, sono il destino di metà dei matrimoni. Da qui i due problemi più grossi: le responsabilità verso i figli, quando non si va più d’accordo. E un giusto accordo finanziario, quando bollono in pentola risentimenti e accuse reciproche... «Sì, e qui è in ballo il ruolo del buon avvocato. I miei clienti entrano in studio, si siedono su questo divano e dicono sempre le stesse parole: “voglio essere giusto”, “i figli per me vengono prima di tutto”. Quando però suggerisco di nascondere il malumore e sfoderare un bel sorriso almeno per il Thanksgiving Day, celebrandolo come ci fosse ancora una famiglia, si stizziscono. E quando poi consiglio la correttezza finanziaria, ricordando che la legge in California prevede che il 50% dei beni acquisiti dopo il matrimonio vadano alla dolce metà, saltano sulla sedia. Ecco perché nei casi estremamente bollenti, se capisco che è inutile cercar di ragionare civilmente, suggerisco di ricorrere a un mediatore: solitamente un giudice in pensione, che può incontrare separatamente i coniugi, facendo loro capire che il suo ruolo è neutrale e sta solo aiutandoli a risparmiare le decine di migliaia di dollari necessari a una battaglia all’ultimo sangue in tribunale. Il 90% dei miei casi, infatti, si risolve a porte chiuse, con un accordo tra le parti mediato dagli avvocati. Al giudice resta solo da mettere una firma, non gli interessa proprio di chi sia o non sia la colpa. Il concetto di colpa, tra l’altro, è stato rimosso quasi ovunque in America. In California dagli anni 70, a New York recentemente. L’unico stato che dà ancora la possibilità di scegliere tra “colpa” e “non colpa” è la Louisiana».
A proposito di porte chiuse… Difficile mantenere il segreto professionale sui divorzi celebri, magari se hai a che fare con gente come i Kardashian, protagonisti addirittura di un reality show basato proprio sulle loro esistenze quotidiane... «È dura. Perché il segreto sullo scioglimento del matrimonio non è tutelato legalmente. Le cause di divorzio sono pubblicate sui registri dei tribunali, come i matrimoni. A New York è diverso, c’è il sigillo, e secondo me dovrebbe essere così ovunque. Soprattutto a Hollywood, dove la faccenda diventa ancora più spinosa quando una delle due parti utilizza i media per farsi pubblicità, invece di concentrarsi su come districarsi in modo elegante e risolvere la custodia dei figli con mutuo beneficio». Chissà quante offerte avrà ricevuto, in cambio di informazioni su un divorzio celebre... «Se ne sono ben guardati! I giornalisti conoscono la mia reputazione, sanno che non accetterei mai».
Quello che invece Laura Wasser ammette tranquillamente è di aver rifiutato qualche causa. «Ma con eleganza. Se alla mia domanda “quali sono le sue aspettative?”, mi si risponde “voglio distruggere il mio partner, punirlo nel peggiore dei modi”, mi permetto di suggerire il sospetto che forse, per queste cose, non siamo lo studio legale più attrezzato». E aggiunge di aver attentamente studiato la “modern family” americana di oggi, che include realtà un tempo impensabili, dai genitori dello stesso sesso alle coppie che vivono insieme a fratelli e sorelle coinvolti nella crescita dei figli, fino alle famiglie allargate che incorporano quelle dei due genitori originali.
Ovvio chiederle se esiste una soluzione legale nuova, creata appositamente per queste nuove situazioni. «Sì, è il “nesting”, la conservazione del nido. Non è una mia invenzione, è spesso suggerita dalla psicologia della famiglia, tant’è che oggi che i giudici tendono a preferire la custodia congiunta per i figli. La casa in cui la famiglia ha vissuto viene conservata, senza venderla o svuotarla, per un certo periodo di tempo. I figli continuano a star lì, col vantaggio di mantenere stabilità, scuole, amicizie e punti di riferimento in un periodo di forti cambiamenti. I genitori si alternano, di solito una settimana a testa, trascorrendo il resto del tempo nelle soluzioni abitative che preferiscono: un’altra casa se possono permetterselo, la camera degli ospiti di un parente o amico, provvisoriamente. E anche gli altri adulti coinvolti possono partecipare. È una soluzione che richiede molta civiltà e molto rispetto. Per esempio sconsiglio di portare in questa casa il nuovo compagno o la nuova compagna a passare la notte... Ma offre molti vantaggi, compreso quello di poter rimandare decisioni impegnative, tipo la vendita della casa, a tempi economicamente più favorevoli».
Il nome di Laura A. Wasser è legato ai clienti vip, certo. Ma si citano anche i molti matrimoni che lei aiuta a sciogliere decorosamente senza percepire in cambio un onorario all’altezza della sua fama (800 dollari all’ora). «Lavoro pro bono publico per l’Harriett Buhai Center for Family Law». Il pro bono è comune nella professione legale; non è volontariato, ma una prestazione gratuita di servizi o competenze a chi non se ne può permettere i costi. Aggiunge: «Organizzo anche raccolte di fondi: e faccio molta fatica, la gente mi dice “perché dovrei dare dei soldi a un’organizzazione che promuove il divorzio, quando già sostengo cause più importanti, la ricerca sul cancro infantile, la difesa delle vittime della violenza sessuale?”. E così devo raccontare la storia della donna che non ha denaro sufficiente per separarsi legalmente e che vive nella sua auto, spostandosi continuamente, nel terrore che il marito la trovi e la costringa a tornare a casa, dove la picchia in continuazione. Tantissimi, soprattutto tra gli immigrati, non hanno i soldi per andare da un giudice o ne hanno paura, perché non parlano bene l’inglese».