Giovanni N. Ciullo, D, la Repubblica 8/3/2014, 8 marzo 2014
DOMANI PRENDO IL VOLO
Stringere la cinghia non ha più senso. Semmai bisognerà abituarsi ad allacciare sempre più spesso le cinture. E prepararsi al decollo di un mercato in cui le turbolenze dell’aria (crisi economica, incertezze legate ai petrodollari, obsolescenza e minacce terroristiche) che negli scorsi anni avevano rischiato di lasciare a terra gli aerei sono quasi definitivamente superate. Oggi fatturati e previsioni sono talmente positivi che c’è chi parla di golden age, di un business che ha letteralmente messo le ali.
L’Icao e la Iata - rispettivamente una specie di Onu dell’aviazione civile e una sorta di Confindustria mondiale delle compagnie aeree - sbandierano ai quattro venti cifre a tanti zeri e dosi massicce di ottimismo. Il 2014 si è aperto nel segno dei record: superati i 3 miliardi di passeggeri a livello globale (su un totale di 33 milioni di aerei in partenza), crescita media dei biglietti del 5,2% rispetto all’anno precedente e ricavi complessivi arrivati a quasi mille miliardi, con l’Europa e le Americhe che registrano crescite in controtendenza rispetto alle loro economie e punte clamorose del +10 e del +16% per Asia e Medioriente.
Nel gioco delle previsioni, si danno veramente i numeri. Uno per tutti: entro il 2030 i passaggi aerei raddoppierebbero, arrivando - fra voli domestici, internazionali e intercontinentali - a superare la soglia dei 6 miliardi all’anno (come se quasi ogni abitante della Terra si presentasse almeno una volta nella vita al check-in).
Si vis pacem para bellum, recita un detto perfetto anche in questo caso: se vuoi la pace, prepara la guerra. Ed è una battaglia dei cieli quella che già si è cominciata a combattere a colpi di fusioni fra giganti (l’ultima, fra American Airlines e Us Airways ha dato vita alla prima compagnia del mondo con 188 milioni di passeggeri) e acquisizioni di vettori considerati strategici a livello “regionale” (esattamente quello che dovrebbe fare la compagnia di Abu Dhabi, Etihad, con la nostra Alitalia), di nuove tratte al debutto (basti pensare a tutta una serie di città cinesi semisconosciute e a certi scali africani) e nuovissimi aeromobili (per il solo 2014 ci sono ordini per 2800 velivoli nuovi di zecca, fra piccoli charter, Boeing ed Airbus), di vettori low cost e hub aeroportuali dedicati.
«È un mercato dinamico come mai in precedenza, previsto ancora in crescita almeno del 4-5% all’anno», conferma un’autorità in materia come Oliviero Baccelli, vicedirettore del Certet (Centro di economia regionale trasporti e turismo) e direttore del Master in economia e management dei trasporti in Bocconi, dove si è laureato vent’anni fa con una tesi - guardacaso - dedicata al progetto allora in progress di Malpensa 2000. «Per la prima volta i “driver” principali - la clientela d’affari e quella dei viaggi turistici - sono entrambi molto forti. Il boom della classe media in aree come la Russia, parte del Sud America, l’India (anche se meno del previsto) e soprattutto la Cina, dove milioni di persone nel 2014 avranno il loro “battesimo del volo”, farà il resto. Si aprono scenari in cui ne vedremo delle belle».
Il cielo sopra la Ue
A cominciare dal Vecchio Continente, che nonostante tutto, per la sua rilevanza geopolitica e per la capillarità della sua rete aeroportuale, resta uno dei campi di battaglia fondamentali. E che a Bruxelles sognano di unire in un solo spazio aereo, col progetto ribattezzato Single European Sky, cielo unico europeo.
«Bisogna dire che per una volta l’Unione ha avuto ragione», aggiunge Baccelli. «L’armonizzazione delle regole a terra e del quadro normativo in volo è servito. La black list delle compagnie senza requisiti, poi, ha davvero alzato il livello di sicurezza e gli standard minimi come mai prima d’ora». E a livello di concorrenza? «Possiamo dire che esistono 3 grandi star (Lufthansa, Air France-Klm e Iag, ovvero il gruppo British e Iberia) e 2 attori emergenti (Ryanair e EasyJet). Ma la grande sorpresa», preconizza il professore, «sarà Turkish Airlines: avrà una rete globale sempre più pervasiva e farà di Istanbul il vero hub-ponte». Infine, Alitalia: «L’anno scorso la nostra compagnia di bandiera perdeva 800mila euro al giorno». Era tecnicamente fallita, insomma. Poi un aumento di capitale e l’arrivo dell’azionista Poste Italiane hanno tappato temporaneamente la falla. «Ora speriamo che la trattativa con Etihad si chiuda davvero al più presto, al massimo entro fine mese. Loro sono interessati proprio alla nostra posizione geografica. Io prevedo che continueranno a usare Linate, che già oggi è per due terzi in mano ad Alitalia, per i voli europei. Aggiundone alcuni di medio raggio, verso Russia e Turchia. E faranno di Fiumicino il loro trampolino, destinazione America del Sud».
Un check-in nel Golfo
In Medioriente le “sorelle” del trasposto aereo sono fondamentalmente tre: oltre alla compagnia di Abu Dhabi Etihad, Emirates (di Dubai) e Qatar Airways. Di quest’ultima, non quotata, è impossibile spulciare i bilanci, ma basti sapere che nel 2013 è stata premiata come “migliore business class”, che dispone già di 35 collegamenti settimanali diretti solo con l’Italia e che ha una flotta di 130 unità con la più giovane età media (appena 4 anni) e un ordine in portafoglio di 250 nuovi aerei, fra Boeing 787 ed Airbus vari. Qualcosa in più si può dire di Emirates, grazie al suo legame con Milano: dal nuovo volo diretto per New York alla sponsorship della squadra di calcio del Milan. «La chiave del nostro successo? La capacità di adattarci e di agire rapidamente», dice lo sceicco Ahmed bin Saeed Al Maktoum, presidente e ad di Emirates, spiegando così il +15% di passeggeri, il +13% delle entrate del gruppo e nuovi ordinativi per 100 miliardi di dollari.
«Con questi numeri, trovare 300 milioni di euro per comprarsi Alitalia, come per gli Emiri di Etihad, cosa volete che sia?», ci dice un superconsulente che lavora da anni per le compagnie del Golfo e preferisce restare anonimo. «Tutti pensano che il loro punto di forza sia disporre di fondi governativi in abbondanza e carburante gratuito, ma in realtà il loro modello di business è più complesso. Innanzitutto hanno una quantità di forza lavoro a basso costo - soprattutto indiani, pakistani e altri expat - che le compagnie occidentali si sognano. E poi godono di una posizione geografica - a cavallo fra Oriente, Occidente e Africa - che assomiglia anche “fisicamente” a un’enorme pista di lancio. Conoscete altre compagnie che volano contemporaneamente su Londra e Maputo, Francoforte e Phnom Pehn, Roma e Kuala Lumpur?». È possibile immaginare per il futuro una megacompagnia araba? «No. Il mercato oggi dimostra che c’è spazio per tutti».
Dragoni con le ali
Poi ci sono i veri protagonisti di domani: gli asiatici, già oggi primi al mondo in termini di passeggeri (il 31% del totale) e secondi per fatturato (con il 27%, a un’incollatura dalla somma delle compagnie europee). I filippini di Cebu Pacific, gli indonesiani di AirAsia, le linee aeree vietnamite sono emergenti di cui sentiremo sempre più parlare, ovviamente insieme a China Airlines. Ma la prima assoluta della classe è Thai Airways, la più grande compagnia del Sud Est asiatico, già oggi collegata con 70 Paesi, base nel super-hub Suvarnabhumi Airport di Bangkok, dove transitano ogni anno 45 milioni di passeggeri.
«Tutti gli indicatori vedono nell’area asiatica il vero “cielo di battaglia” del settore», dice Armando Muccifora, direttore commerciale Thai per Italia, Sud-Est Europa e Mediterraneo.
«All’ultima fiera di Singapore, la più importante per l’aviazione, si è capito che fra nuove rotte e nuovi low cost è proprio lì che bisogna guardare». Fra i casi da studiare, invece, Muccifora torna in Europa e sceglie la Virgin Atlantic di Sir Richard Branson. «È un innovatore. Quando è entrato nel settore, tutti davano alla compagnia pochi mesi di vita. E invece negli Stati Uniti e in Australia è diventata una realtà molto interessante. Anche la sfida del turismo spaziale è tutt’altro che un’utopia». Per Thai, intanto, l’anno appena chiuso ha segnato un ottimo +13%. «Siamo gli unici a collegare direttamente l’Italia con la Thailandia: da Roma, che strategicamente è la nostra base nell’Europa del Sud e dove voliamo giù da 40 anni. E da Milano, dove contiamo di aumentare la nostra presenza cogliendo l’opportunità di Expo 2015: milioni di visitatori attesi dall’Asia».
Aspettando Abu Dhabi
Torniamo casa nostra. «A livello domestico il 2013 ha registrato un calo dei passeggeri dell’8%», avverte il professor Baccelli. «Si tratta soprattutto di una perdita di rilevanza della Milano-Roma, superata ormai dalla Roma-Catania come prima tratta italiana, anche per effetto della concorrenza del treno. Oggi per tragitti fino alle 4 ore, infatti, l’alta velocità è considerata competitiva». Il 2014, però, è iniziato sotto buoni auspici. L’affaire Etihad-Alitalia, innanzitutto. Meridiana, che è comunque la seconda compagnia italiana, è alla prese con una ristrutturazione più che necessaria. Il rilancio di aeroporti come Bologna (che acquista rilevanza nei voli verso l’aerea Ue) e Venezia (sempre più forte per gli internazionali). «E una serie di low cost che torneranno a investire massicciamente nei nostri aeroporti. Con Ryanair che resterà molto focalizzata in Italia ed Easyjet che ormai monopolizza il Terminal 2 di Malpensa e farà di Napoli la sua terza base nella penisola, ci sarà la sorpresa Vueling (sorella minore di British e Iberia), che ha scelto Fiumicino per il rilancio. E altre 10 compagnie aeree low cost sono pronte a decollare dalle piste dell’hub romano, in questa che sarà davvero un’estate in volo».