Carlo Di Foggia, Il Fatto Quotidiano 10/3/2014, 10 marzo 2014
IL NUOVO GRUPPO VALE UN MILIONE
L’ assegno virtuale porta la cifra di 1.069.600 euro. Soldi da versare sul conto corrente che verrebbe aperto al Senato dal nuovo gruppo formato dagli ex M5S. Se tutti e 13 i fuorusciti pentastellati aderissero, la cifra totale sarebbe questa. Il contributo ai gruppi parlamentari è l’altra grande fetta del finanziamento pubblico ai partiti, mai sfiorata da alcun serio proposito di riforma o sforbiciata.
FORSEgià questa settimana si saprà se ci sono i numeri per far nascere il gruppo. A Palazzo Madama, tra vecchi e nuovi espulsi, fuoriusciti e future defezioni, le condizioni ci sarebbero, le intenzioni pure. Almeno stando alle dichiarazioni degli ultimi giorni. La soglia minima è fissata a dieci. Finora, veleni e allusioni si sono concentrati sui soldi ai singoli, molti dei fedelissimi di Beppe Grillo hanno spiegato le critiche dei senatori dimissionari con la volontà di non restituire i soldi di diaria e rimborsi. Ma il capitolo più ricco è rimasto fuori dalle polemiche. Funziona così, sulla base del regolamento di Palazzo Madama, anno per anno, ogni raggruppamento riceve una quota fissa di 300 mila euro, a questa vanno aggiunti 59200 euro per ogni senatore, a titolo di “rimborso spese per il gruppo di appartenenza”. Formalmente, dovrebbero servire alle funzioni di “studio, editoria e comunicazione” connesse all’attività politica dei gruppi, cioè a pagare dipendenti, consulenti, addetti stampa e collaboratori vari. I soldi vengono versati i primi giorni di ogni trimestre, se nel frattempo un parlamentare esce, la sua somma viene decurtata nella rata successiva, e viceversa. I dati sono relativi al 2013, ma così sarà anche quest’anno. A partire da questa legislatura, non esiste più la ripartizione per destinazione di spesa, in pratica i soldi non sono vincolati, e ogni gruppo li gestisce auotonomamente. Alla Camera, le cifre sono simili.
Nel 2013, la torta dei fondi ai gruppi parlamentari valeva 57 milioni di euro, 22 dei quali destinati al Senato. A Palazzo Madama, il Pd ha preso 6 milioni e 634 mila euro per 107 parlamentari, il Pdl (che ne aveva 91) 5 milioni e 687mila, il Movimento 5 Stelle 3 milioni e 437mila per un gruppo di 51 senatori (ridotto ora a 41 dopo espulsioni e abbandoni), Scelta Civica un milione e 543mila per 21 senatori, la Lega Nord un milione 247mila per 16 senatori. A questi, si sono aggiunti i circa 4 milioni destinati al gruppo misto e ad altri gruppi minori. Fino alla scorsa legislatura i controlli non esistevano, i fondi venivano spesi a totale discrezione dei capigruppo. Nessuna rendicontazione, neanche a consuntivo a fine anno. Tutto quello che non veniva effettivamente speso (cioè molto), rimaneva nelle tasche dei partiti. Un sistema impermeabile alla trasparenza. Al Senato, la cortina di fumo si è dissolta solamente in questa legislatura, grazie ad una delibera del Consiglio di presidenza del novembre 2012. Come già deciso per la Camera, i gruppi dovranno rendere pubblico il loro bilancio, che sarà certificato da un soggetto esterno: una società di revisione selezionata dal Consiglio con procedura pubblica che dovrà vigilare nel corso dell’esercizio “la regolare tenuta della contabilità” ed esprimere un giudizio sul rendiconto finale. Quest’ultimo dovrà essere pubblicato sul sito internet di ciascun gruppo, insieme a “ogni mandato di pagamento, assegno o bonifico, con indicazione della relativa causale”.
TUTTO quello che non viene speso, andrà restituito, così come le somme a carico del bilancio del Senato ricevute e non rendicontate. Chi non rispetterà le regole perderà automaticamente il diritto ai contributi. Per il 2013, la gara per scegliere i revisori si è svolta regolarmente, ma i controlli partiranno solo quando verrà ufficialmente sottoscritto il contratto.