Andrea Bassi, Il Messaggero 10/3/2014, 10 marzo 2014
SUPERCONTROLLORI DEI CONTI PUBBLICI CORSA ALL’AUTHORITY DA SEI MILIONI
La fila è lunga. Sterminata. Ma alla fine, a differenza del film Highlander dove ne restava solo uno, qui a rimanere saranno in tre. Un presidente e due commissari per la nuova Authority di controllo dei conti pubblici.
Il nome non è dei più riusciti: Upb, Ufficio parlamentare di bilancio. Così si è già deciso di ribattezzarlo con un termine inglese, Fiscal Council, che letteralmente significa «consiglio fiscale», ma nella sostanza sarà un contraltare al Tesoro e alla Ragioneria dello Stato perché sarà chiamato a certificare le stime del governo, a valutare l’impatto macroeconomico dei provvedimenti ed anche ad attivare presso la Commissione europea il meccanismo correttivo nel caso in cui ci siano scostamenti rispetto agli obiettivi. Sì, perché il Fiscal Council è figlio del Fiscal compact, il trattato europeo recepito nella Costituzione italiana che obbliga il Paese al pareggio strutturale di bilancio. Pare che Matteo Renzi abbia acceso un faro sull’Ufficio di bilancio, voglioso com’è di controbilanciare lo strapotere di via XX settembre sulle decisioni di finanza pubblica.
LE DOTAZIONI
Certo, l’organismo non aiuterà a tagliare i costi della macchina statale e non alleggerirà la burocrazia. Ma tant’è. La nuova authority indipendente avrà una dotazione di 30 persone per il primo anno, che poi potranno diventare quaranta. Lo stanziamento previsto è di sei milioni di euro, tre milioni a carico del Senato e tre della Camera, ma che saranno rimborsati dal Tesoro. Gli stipendi non saranno proprio da fame. Al presidente andrà la stessa somma incassata dal numero uno dell’Antitrust, circa 300 mila euro. Ai due commissari qualcosa in meno, 240 mila euro l’anno. Resteranno in carica sei anni e non potranno essere rinominati. La scelta di questa sorta di «troika» all’italiana, avrebbe dovuto avvenire, come previsto dal Fiscal compact, entro l’inizio di quest’anno. Per Bruxelles, insomma, siamo in ritardo sulla tabella di marcia. Anche perché il primo compito a cui sarà chiamato il Fiscal council, sarà quello di certificare il Def, il documento di economia e finanza, che il governo dovrà presentare ad aprile. Ma trovare una quadra sui nomi non è semplice.
I CANDIDATI
La prima scrematura deve essere fatta dalle commissioni parlamentari bilancio di Camera e Senato riunite, con un voto a maggioranza qualificata. Onorevoli e senatori, insieme, devono arrivare a compilare una lista di dieci nomi. Tra questi, poi, i tre super-sceriffi dei conti saranno scelti di comune accordo tra i presidenti dei due rami del Parlamento, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Dei 104 curricula arrivati, le commissioni ne hanno per ora scremati 59. Le sorprese non mancano. Si sono fatti avanti persino due pezzi da novanta del Tesoro, l’ex Ragioniere generale Mario Canzio e l’ex ispettore generale Francesco Massicci. Qualcuno ha storto il naso, perché l’organismo dovrebbe essere indipendente proprio da via XX settembre. Chi è accreditato di buone chance, invece, è Paolo De Joanna, grande esperto di conti pubblici già al fianco di Carlo Azeglio Ciampi e dell’ex ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa. I tabellini dei ”bookmaker” fanno segnare buone quotazioni anche per Giuseppe Pisauro, economista, rettore della scuola superiore di economia e delle finanze.
C’è poi, come anticipato da Ilmessaggero.it, una folta schiera di Cottarelli-boys, come Alberto Zanardi, bocconiano, al quale il commissario ha affidato il compito di coordinare uno dei due tavoli che contano di più nella partita che riguarda l’abbattimento della spesa della Pubblica amministrazione locale, quello sui Comuni. E Geremia Palomba, che con «Mr. Tagli» ha lavorato al Fondo monetario internazionale. C’è poi una schiera di uomini di provenienza bankitalia, a cominciare da Vieri Ceriani, a lungo responsabile fisco di via Nazionale e poi consigliere economico di Fabrizio Saccomanni oltre che sottosegretario del governo guidato da Mario Monti. Ma anche Giancarlo Morcaldo e Sandro Momigliano, responsabile dell’area finanza pubblica dell’istituto centrale.
LE QUOTE ROSA
Ci sono anche un paio di ex sottosegretari di area centro-destra, come Mario Baldassarri, all’Economia nel governo Berlusconi e Gianfranco Polillo, stesso ruolo nel governo Monti. Poi qualche economista di spicco, come Fiorella Kostoris che, ironia della sorte, per diverso tempo ha presieduto l’Isae, altro organismo indipendente sui conti pubblici poi chiuso da Giulio Tremonti. Bisognerà capire se Laura Boldrini che ha in mano il pallino, vorrà puntare anche sulle quote rosa. Le candidate non sono molte. C’è Chiara Goretti, ex Ocse e servizio bilancio del Senato. C’è l’economista Veronica de Romanis, moglie di Lorenzo Bini Smaghi. C’è Maria Teresa Salvemini, professoressa di economia già nei gabinetti di Amato e Ciampi. Dal mondo accademico arriva anche la candidatura di Paolo Savona. Il punto è che scegliere non sarà facile perché i primi due a doversi mettere d’accordo sono il lettiano Francesco Boccia, presidente della Commissione bilancio della Camera, e il collega che presiede il parlamentino al Senato, Antonio Azzolini del Nuovo centro destra. Si sono dati appuntamento a giovedì per provare a redigere la lista. L’Authority sarà pure indipendente, ma l’equazione per sciogliere il nodo dei nomi ha molte variabili. E tutte dipendenti.
Andrea Bassi