Sara Bennewitz, Affari&Finanza 10/3/2014, 10 marzo 2014
LA RIVOLUZIONE DI CARLO NELL’IMPERO PESENTI “NON SCAMBIATE LA CORTESIA PER DEBOLEZZA”
Si muove per Milano in bicicletta, ma vestito con completi gessati fatti su misura. Parla sottovoce, ma sa come farsi ascoltare quando ce n’è bisogno. Ingegnere come il padre, porta il nome del nonno, Carlo Pesenti, cinquant’anni, da 10 alla guida di Italcementi, ha appena annunciato un riassetto del gruppo in tre tempi. Alla fine il leader italiano del cemento avrà rilevato le quote di minoranza di Ciments Français attraverso il lancio di un’Opa, che sarà finanziata per una cifra equivalente da un aumento di capitale del colosso bergamasco stesso. Quest’operazione, che va incontro alle esigenze di una governance più moderna, Carlo voleva farla già cinque anni fa. Poi per rispetto delle istanze di alcuni obbligazionisti e per evitare lunghe e tortuose cause legali l’imprenditore era stato costretto a soprassedere.
La galassia di società che dalla Italmobiliare porta al colosso francese in passato era stata oggetto di pesanti critiche, per colpa di una struttura fatta di scatole e azioni di risparmio, non in linea con le best practice internazionali. Nel 2008 il fondo pensione anglosassone Hermes era intervenuto all’assemblea di Italmobiliare facendo pesanti rilievi e spingendo per un rinnovamento della governance di tutto il gruppo. La famiglia Pesenti allora non mosse ciglio. L’intenzione di cambiare per il bene del gruppo è sempre stata una delle ambizioni di Carlo, ma i cambiamenti hanno bisogno di maturare per gradi, e così è stato a partire dai processi industriali per finire con la proposta di conversione delle Italcementi risparmio in ordinarie, che è stata annunciata insieme all’Opa sulla controllata francese, e che è un beau jestedella famiglia nei confronti degli azionisti di risparmio.
Eppure, a prescindere dagli alterni umori del mercato, Italmobiliare è sempre stata una holding prudente che ha preferito avere in pancia la liquidità necessaria con cui sostenere le sue partecipate, piuttosto che indebitarsi anche quando il ricorso alla leva avrebbe massimizzato il ritorno finanziario.
Se con il riassetto appena voluto da Carlo cambia la struttura del gruppo, la sostanza industriale resta invece immutata perché da anni Ciment Français e Italcementi sono un unicum. Stiamo parlando di un gruppo che ha una capacità produttiva annua di oltre 60 milioni di tonnellate di cemento attraverso 46 impianti dove lavorano 18.500 persone. E così il lancio dell’Opa, e il contestuale aumento di capitale di Italcementi per finanziare l’Offerta, servirà a eliminare alcune duplicazioni, ma soprattutto a snellire la governance aumentando la liquidità di un gruppo che merita di tornare a far parte delle 40 aziende italiane che compongono il listino principale di Piazza Affari. E così, nell’anno in cui Italcementi celebra 150 anni, si compie l’ultimo atto di una trasformazione iniziata nel 1992, quando per 1.500 miliardi di vecchie lire Giampiero Pesenti rilevò il 36% di Ciments Français, compiendo la maggior acquisizione all’estero mai fatta fino ad allora da un gruppo italiano. A distanza di 22 anni, dopo aver rastrellato pian piano sul mercato quote significative fino ad arrivare all’87% del capitale e a 91% dei diritti di voto, il gruppo francese verrà ritirato dalla Borsa di Parigi.
Carlo, in realtà, aveva provato ad accorciare la catena già nel 2009, allora invece che un’Opa da 450 milioni, la famiglia Pesenti aveva proposto al mercato un concambio in titoli Italcementi, operazione che fu accolta con freddezza e che venne bocciata da alcuni obbligazionisti del gruppo francese. E così allora Carlo, pur restando convinto della bontà del progetto, preferì desistere mentre ora ha riproposto al mercato un nuovo piano a condizioni decisamente interessanti per tutte le classi di stakeholders del gruppo. «Nei prossimi giorni incontreremo gli analisti e gli investitori finanziari - ha commentato - ma in attesa di conoscere come la pensano, mi preme precisare che abbiamo cercato di trovare una soluzione positiva per tutti. Abbiamo sempre lavorato nell’interesse di Italcementi, il bene dell’azienda ci sta a cuore, ma siamo ugualmente attenti all’interesse dei suoi dipendenti, dei suoi clienti, dei suoi fornitori, dei suoi investitori e in generale a tutti gli stakeholder».
Del resto quando nel 2004 fu nominato consigliere delegato di Italcementi, a chi gli chiedeva che effetto facesse ricevere il testimone del padre, Carlo rispose: «Questo è un tandem dove siamo in due a pedalare». E se dal padre Giampiero Carlo ha preso molto, i lineamenti e un certo gusto per la creatività invece li ha ereditati dalla madre, figlia del Nobel per la Chimica Giulio Natta. L’architettura è una delle sue passioni, è stato lui a promuovere il nuovo centro di ricerca disegnato dall’archistar Richard Meier e ancora lui a lanciare due anni fa l’Arc-Vision Prize, il primo premio del settore riservato alle donne. L’altra sua grande passione è lo sport, un interesse che condivide con la moglie Federica e con i sei figli, di cui cinque sono maschi mentre la più piccola è femmina. Il primogenito Giampiero come il nonno, sta finendo l’università. Le vacanze le passa nella casa sulle alpi svizzere a Celerina, o in quella sul mare della Sardegna. Nel suo tempo libero ama stare in famiglia, è una padre molto presente, anche se per lavoro viaggia tantissimo dato che Italcementi ha stabilimenti produttivi dislocati in ben 22 Paesi, e ha appena iniziato a esplorare nuove aree come il Ghana, il Mozambico e gli Emirati Arabi. Carlo è inoltre molto religioso, chi lo conosce lo descrive come una persona seria e impegnata tanto da definirlo addirittura calvinista.
E’ uno di quegli imprenditori che non ama la mondanità, e nel tempo è uscito anche da alcuni importanti consigli di amministrazione come quello di Unicredit, e di recente anche dal cda Rcs Mediagroup. Con una lettera di dimissioni dai toni garbati, dopo non aver condiviso il processo decisionale di alcune scelte di via Solferino, ha rassegnato le dimissioni del gruppo che edita il Corriere della Seraper “impegni professionali”. Nessuna intervista roboante, nessuna dichiarazione pubblica, solo uno stringato comunicato. L’ingegnere resta invece tra i membri nel consiglio di Mediobanca, e chi lo conosce sostiene che è uno degli ammini-stratori che interviene spesso a chiedere delucidazioni ai manager di Piazzetta Cuccia. Ma il ruolo rivestito dalla famiglia Pesenti in Mediobanca è quello di un socio responsabile, che con la gestione di Alberto Nagel e Renato Pagliaro ha condiviso il processo di rinnovamento che parte dalla vendita di alcune quote storiche e da una riforma di una governance che è iniziata con un forte alleggerimento del sindacato di blocco. E Carlo Pesenti è tra coloro che sono favorevoli a un accordo snello di consultazione, e all’abolizione del patto, anche se lo scioglimento del sindacato di Rcs finora non ha portato benefici alla società.
Anche se la sua famiglia è tra quelle che hanno fatto la storia del capitalismo nostrano, quella dei salotti è una notorietà che l’imprenditore ha sempre schivato, tant’è che continua a frequentare gli amici di Bergamo. Non a caso quando nel 2003 è entrato nella Giunta di Confindustria, lo ha fatto per farsi promotore di una riforma che guardava alla sostanza più che alla forma. Il mondo politico che orbita intorno all’associazione di Viale dell’Astronomia non gli appartiene, e a chi in Confindustria cercava di spingerlo oltre Carlo ha risposto secco: «Non scambiate la cortesia per debolezza, sarebbe un grosso errore».