Roberto Bagnoli, Corriere Economia 10/3/2014, 10 marzo 2014
RENZI NON SOLO POLITICI DIETRO IL PREMIER I CONSIGLI DEI MANAGER
Matteo è un’incudine, spacca e poi crea lo spazio che viene riempito dalle persone che sono con lui». Con questa metafora raccontata da uno dei suoi più stretti e anonimi collaboratori si può capire il modo di lavorare del neo presidente del Consiglio per definire al meglio le scelte annunciate. Difficile però individuare, al momento, la direzione della Renzieconomic , sempre che esista. Qualcosa sapremo mercoledì con l’atteso consiglio dei ministri su lavoro, scuola e casa. Ma, soprattutto, che faccia hanno le persone del suo cerchio magico? Quelle di cui si fida e dalle quali prende consigli anche se poi alla fine fa come gli pare? Partirà davvero la cabina di regia economica a Palazzo Chigi e chi la guiderà? Come verranno fatte le nomine delle società controllate dal Tesoro che scadranno entro aprile?
Un sistema di satelliti
Gli uomini più vicini a lui su questi dossier danno alcune indicazioni solo a patto di un rigoroso anonimato e mettendo le mani avanti perché «con Renzi è impossibile pianificare qualsiasi cosa». Il suo è un sistema di potere fatto di satelliti a cui di volta in volta si affida per una valutazione o un consiglio per riservarsi la decisione finale. Un’altra chiave per capire cosa sta succedendo la fornisce un senatore Pd di lungo corso che si sta avvicinando al nuovo che avanza: «Ci sono quelli che appaiono ma non contano niente e quelli dietro le quinte che hanno un peso decisivo». Perso lo smalto di un tempo personaggi come Davide Serra, l’inventore del fondo Algebris, oppure l’imprenditore Oscar Farinetti, ambedue renziani della prima ora ma alla ricerca di una visibilità che ha dato fastidio al premier, si avanzano nell’ombra altri consulenti-personaggi. A parte l’amministratore delegato di Luxottica Andrea Guerra che, dopo l’exploit alla Leopolda è tornato in azienda, Renzi ha scoperto nel numero uno delle Generali Mario Greco e nel patron di Tod’s Diego della Valle due validi interlocutori. Così come non fanno troppo mistero di sentire regolarmente il presidente del Consiglio - tramite sms o email - sia il senese Fabrizio Landi, ex amministratore delegato di Esaote ora esperto di start-up per Confindustria, che Guido Ghisolfi, titolare della Mossi&Ghisolfi, multinazionale leader mondiale delle bottiglie di plastica con nascenti interessi nel biocarburante alla brasiliana. Ambedue hanno creduto in Renzi e hanno contribuito (il primo con 10 mila euro, il secondo con 100 mila) alla sponsorizzazione della sua campagna per le primarie.
Confronti aperti
«Non ho nessun ruolo formale - spiega Landi, 60 anni - ma faccio parte di quel network di persone con le quali Renzi si confronta, è un grande animale politico, sono rimasto impressionato dalla sua capacità di fare sintesi, come un leader di una grande multinazionale». Altri nomi destinati ad avere un ruolo specialmente nel grande valzer delle nomine - casi Enel, Finmeccanica ed Eni a parte dove la partita si gioca solo a piani altissimi e internazionali - sono quelli della sua segreteria come Lorenzo Guerini (responsabile della segreteria Pd) e Stefano Bonaccini (responsabile nazionale degli enti locali). Con la supervisione del fido Graziano Delrio, of course . Sono in molti a sostenere che la costituenda cabina di regia potrebbe essere affidata all’ex manager McKinsey Yoram Gutgeld, ora deputato in quota renziana, autore del volume Più uguali più ricchi (Rizzoli) ritenuto una sorta di manifesto ideologico che potrebbe incidere sulle future scelte di politica economica. Il suo ruolo di «guru» però avrebbe infastidito l’ex sindaco di Firenze al punto che Gutgeld ha scelto da due mesi il silenzio totale per evitare ulteriori guai.
L’altro lato
Poi c’è tutto il fronte del Tesoro ora guidato dall’ex allievo di Giancarlo Gandolfo, Pier Carlo Padoan. Il rapporto tra il premier e il potente ministro dell’Economia sono tutti da costruire. Sembra che i due si siano incontrati appena due volte. Padoan ha vissuto molti anni all’estero tra Washington e Parigi ma il suo ambiente di riferimento intellettuale è ancora quello romano vicino a economisti come Nicola Rossi, Salvatore Biasco, Vieri Ceriani, Stefano Micossi, Giuseppe Zadra, Franco Bassanini, Enrico Morando che ha voluto come suo vice. In posizione di assoluta solitudine si segnala il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, che lavora al dossier del Jobs Act. Poi c’è tutto il gruppone di «economisti» che a vario titolo siedono in Parlamento e che hanno giustamente voglia di pesare e di dire la loro. Dimenticando sicuramente qualcuno ricordiamo personaggi come Giampaolo Galli, Massimo Mucchetti, Giorgio Santini, Pier Paolo Baretta, Paolo Guerrieri, Marco Causi, Stefano Fassina, Linda Lanzillotta, Benedetto Della Vedova. Tutti appesi alle giravolte del premier. Si ricorda, come caso esemplare, la legge sulla modifica dell’Opa per contrastare la conquista di Telecom Italia da parte degli spagnoli di Telefonica: il testo Mucchetti-Matteoli fu votato compatto in Senato da tutti i renziani ma poi, una volta diventato segretario Pd e in quindi in odore di Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha preferito lasciar cadere il tutto schierandosi con Enrico Letta. E la ragion di Stato.