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 2014  marzo 10 Lunedì calendario

IL DEBOLE DELLA DESTRA PER I DITTATORI


Che pena, i maestri del pensiero della destra italiana che pur di andar contro la snervata (e sempre detestata) democrazia americana, omaggiano senza pudore Putin, l’ex colonnello del Kgb che dava una mano ai colleghi della Stasi in quella grande prigione che era la Germania comunista. Che spettacolo triste, i Limonov de noantri che sulle colonne del Giornale o di Libero o del Foglio si inchinano all’uomo forte che vuole ripristinare il grande impero russo scimmiottando i «fraterni aiuti» che l’Urss imponeva con i carri armati a Budapest e a Praga e che usa la mano pesante a Kiev e in Crimea. Che cosa patetica, questo debole della destra per i dittatori, così simile, sul versante opposto ma in tutto identico nel senso di attrazione romantica per i tiranni, ai salamelecchi di un Gianni Vattimo rivolto ai padroni di Cuba. Si credono anticonformisti, ma ogni loro parola porta con sé, inconfondibile, l’odore di un gasdotto.
Per fortuna che in Italia non c’è un governo di destra, mentre esplode la crisi in Ucraina. Anche quello che c’è non brilla come determinazione, ma niente in confronto a chi si dice devoto alla libertà mentre ha assecondato le pagliacciate di un Gheddafi. Oggi passeremmo dritti dal «lettone» al cannone di Putin, mentre i pensatori di destra, smessi i panni liberal-democratici che le circostanze imponevano, porterebbero a sostegno del loro governo filorusso e antioccidentale la fascinazione per le divise, per le squadre speciali, per i dimostranti rudemente manganellati in piazza. Loro che fanno i garantisti quando il Capo viene raggiunto da un’azione giudiziaria e ammiccano soddisfatti a un regime in cui i principali oppositori stanno in galera. Loro che si sentono tanto emarginati, poverini, dall’«egemonia culturale della sinistra», e applaudono sottomessi alle menzogne della tv di regime che trasmette a Mosca. Loro che si sdilinquiscono per le medaglie e le tonache della «Santa Madre Russia» e possono finalmente manifestare l’insofferenza per il dissenso, l’irregolarità, gli individui non inquadrati che recalcitrano all’irreggimentazione coatta imposta dall’arcigno custode della Tradizione.
Di fonte alla tragedia che attanaglia l’Ucraina, figurarsi, qui si sta parlando di cose minime. Ma in questa cotta della destra per Putin, che affiora nei discorsi pubblici, ma anche nella dimensione privata che non osa rivelarsi nella sua interezza, si misura la disfatta di un pensiero di destra moderno che non sia il reducismo nostalgico di una storia oramai sepolta. Oggi si aggrappano persino a Putin per marcare un’«alterità» rispetto alla cultura che sostiene le democrazie occidentali e le richieste della piazza di Kiev. Si ostinano a stare dalla parte sbagliata: quella dei possibili vincitori che dispongono di armi molto persuasive. E la loro tanto decantata Europa dei popoli si riduce all’Europa dei popoli bastonati. Che fine patetica.