Sergio Romano, Corriere della Sera 10/3/2014, 10 marzo 2014
PAPA FRANCESCO E IL MARXISMO COME DISTINGUERE TRA FEDE E FEDELI
Nell’intervista del 5 marzo, alla domanda di Ferruccio de Bortoli: «Le sono dispiaciute quelle accuse di marxismo, soprattutto americane, dopo la pubblicazione dell’Evangelii Gaudium?», il Papa risponde (ancorché liquidando l’argomento piuttosto frettolosamente) con un: «Per nulla. Non ho mai condiviso l’ideologia marxista, perché non è vera, ma ho conosciuto tante brave persone che professavano il marxismo». A me è sembrato un riscontro affrettato su di un tema di portata storica. Le chiedo come interpreta lei quell’assunto attribuito all’ideologia marxista ritenuta «non vera»?
Renzo Andreoli
Verona
Caro Andreoli,
Quando il marxismo esercitava una forte attrazione, i suoi seguaci parlavano volentieri di socialismo scientifico, di materialismo dialettico e di nuove «leggi della storia». Erano profondamente convinti che la filosofia di Marx avesse un solido fondamento razionale e non avrebbero esitato a definirla «vera». Ma nella storia dell’uomo sono vere, in ultima analisi, soltanto le teorie che realizzano i risultati annunciati. Una prima crisi di credibilità investì il marxismo alla fine dell’Ottocento quando un socialista tedesco, Eduard Bernstein, cominciò a formulare qualche dubbio. Constatò che i ceti medi, nonostante le catastrofiche previsioni di Marx, non si stavano proletarizzando e che il capitalismo non aveva i giorni contati. Ne trasse la conclusione che non fosse ragionevole, in quelle circostanze, puntare sullo scontro finale. Anziché aspettare che le masse, esasperate dalla povertà, insorgessero contro i padroni, era preferibile organizzare le loro rappresentanze sindacali, migliorare le loro condizioni di vita, allargare la sfera dei loro diritti sociali e politici. Sembrò che l’ala revisionista del socialismo europeo fosse destinata a trionfare sull’ala massimalista quando la Grande guerra scompigliò le carte e creò le condizioni per la rivoluzione bolscevica e per quelle che scoppiarono in tutti i Paesi sconfitti. Da quel momento, per parecchi decenni, i fedeli ebbero una patria in cui riporre fiducia e speranza. Il marxismo divenne nuovamente «vero».
Ha smesso di esserlo quando fu evidente che il comunismo sovietico non aveva mantenuto le sue promesse e il regime non era riformabile. Il Papa non ha torto, quindi, quando sostiene che l’ideologia marxista non è vera. Qualcuno potrebbe sostenere che anche l’ideologia cristiana non ha realizzato il mondo di carità e di pace annunciato dalla sua Chiesa. Ma la sua grande forza risiede in un’altra promessa, la vita eterna, che non è razionalmente contestabile perché non è pragmaticamente verificabile.
Aggiungo, caro Andreoli, che le parole di papa Francesco sul marxismo non sono interamente nuove. Nell’Enciclica «Pacem in terris», Giovanni XXIII ha scritto che bisogna distinguere gli insegnamenti filosofici dai movimenti politici e sociali che ne derivano. Mentre gli insegnamenti rimangono immutati, i movimenti sono condizionati dalle vicende storiche e possono subire cambiamenti di natura profonda. In altre parole: il marxismo è sbagliato, ma i suoi seguaci possono essere rispettabili e stimabili.