Ennio Caretto, Corriere della Sera 10/3/2014, 10 marzo 2014
NEGLI ARCHIVI SEGRETI DI BILL CLINTON «UN PATTO EURO-ATLANTICO CON MOSCA»
Mosca, 14 gennaio 1994. I presidenti americano Bill Clinton, russo Boris Eltsin e ucraino Leonid Kravchuk firmano l’accordo di disarmo nucleare dell’Ucraina. È l’inizio della svolta nei difficili rapporti Mosca-Kiev che porterà a un’altra firma, quella del Memorandum sulle garanzie di sicurezza del 5 dicembre 1994 a Budapest. Con quel memorandum, l’America e la Russia s’impegnano a rispettare le frontiere ucraine. È un trionfo per Clinton, alle prese con la guerra dei Balcani e con l’ennesima crisi israelo-palestinese in Medio Oriente, che minacciano il nuovo ordine europeo che è intento a costruire. Il presidente americano ha mediato per due anni presso Mosca e Kiev ma sa di avere vinto solo la prima battaglia di una durissima campagna.
Lo dimostrano due documenti della Casa Bianca del dicembre 1993 desecretati di recente dalla Biblioteca Clinton, intitolati «La politica americana verso l’Europa Centrale e Orientale» (CEE o Central and Eastern Europe). A vent’anni di distanza, la loro lettura è illuminante. Nonostante la cordiale intesa tra Clinton e Eltsin, la Casa Bianca teme che la Russia rivendichi una sorta di protettorato sull’Ucraina e su altre ex repubbliche sovietiche. I documenti non accennano alla possibilità di un intervento militare russo a Kiev in caso di crisi, ma riferendosi esplicitamente a Mosca affermano la necessità di «stabilire il principio che nessuno Stato ha il diritto di proteggere la propria minoranza etnica in uno Stato vicino», la ragione addotta da Putin per l’invasione della Crimea i giorni scorsi.
Diritti umani
Secondo i documenti, è all’Organizzazione per la sicurezza e per la cooperazione in Europa, l’Osce con sede a Varsavia, che compete la protezione dei diritti umani e della democrazia in quelli che chiamano NIS, o Newly Independent States (Paesi neo indipendenti) tra cui l’Ucraina. «L’Osce deve avere la preminenza a questo riguardo, e l’Alto commissario per le minoranze deve essere appoggiato. Gli interventi unilaterali vanno vietati… L’Osce deve partecipare altresì alla prevenzione dei conflitti e le sue missioni a lungo termine devono includere anche militari. Bisogna dotarla di intelligence, logistica e comunicazioni e rafforzare il gruppo di rapida reazione di cui si è discusso a Roma». Le operazioni multilaterali, sostengono i due documenti, possono essere le più efficaci. La Casa Bianca si rende tuttavia conto che l’Osce potrebbe fallire, e per facilitarne il successo propone al presidente Clinton di «creare un senso di stabilità e di sicurezza nella CEE (Europa Centrale e Orientale) e di stabilire un ponte tra di essa e la Russia e i NIS evitando che sorgano nuove barriere». Come? «Integrandoli tutti — risponde —. La Russia e l’Ucraina in testa in un sistema di sicurezza euro-atlantico dove le relazioni tra gli Stati siano altrettanto pacifiche e costruttive quanto quelle tra i Paesi membri della Nato».
Stati satelliti
La quale Nato, aggiungono i documenti, «in un ambito del genere potrebbe svolgere operazioni di peacekeeping e gestione di crisi non soltanto più su mandato dell’Onu ma anche dell’Osce». A questo scopo, «è urgente che noi promuoviamo accordi tra i vari governi». In retrospettiva, queste proposte a Clinton appaiono ambiziose. Ma rispondono a quella che il presidente americano aveva battezzato «la democrazia della seconda generazione», l’età delle riforme politiche economiche e sociali negli ex Paesi comunisti, compresa l’Ucraina. La Casa Bianca vuole che tutti questi Paesi «vedano che l’America è con loro a lungo termine» e che li aiuterà come li aiuterà l’Unione Europea.
Nei documenti si prospetta «il varo di un Istituto della democrazia, governativo e privato insieme, con sede a Washington, e il varo di una Commissione della democrazia nelle ambasciate americane anche presso i NIS a sostegno di programmi interetnici e interregionali». Si suggerisce altresì la rapida mobilitazione delle «Nogs», le Organizzazioni non governative. Il disegno è ambizioso ed è condiviso dall’Europa occidentale ma, segnalano a Clinton i documenti, non dall’Europa Centrale e Orientale, gli ex Stati satelliti dell’Urss. Alcuni di essi continuano a vedere nella Russia un nemico e nel proprio ingresso nella Nato la garanzia che le saranno mai più sottomesse. Per questo motivo, la Casa Bianca auspica «un crescente coordinamento tra l’Ue e le altre associazioni regionali come quella economica del Mar Nero che è guidata dalla Russia e dall’Ucraina». E sottolinea che «da parte nostra non ci deve essere diversità di trattamento tra i Paesi dell’Europa Centrale e Orientale e i NIS. Inoltre, come la Russia non può avere un diritto di veto sulle decisioni dei suoi ex Stati satelliti, così gli ex Stati satelliti non possono schierarsi contro la Russia».
No al piano Marshall
Quello che i documenti escludono esplicitamente è un nuovo Piano Marshall che coinvolga la CEE e i NIS e che getti le fondamenta di una ripresa economica paneuropea e di una pace duratura. Gli Stati Uniti, avvertono, non ne posseggono più i mezzi. Possono soltanto sollecitare investimenti privati, concedere prestiti, promuovere la costruzione di infrastrutture transregionali e così via. «Sebbene dal 1989 il processo di riforma abbia registrato forti progressi — è la conclusione — il successo è ben lungi dall’essere certo». La Casa Bianca è consapevole che se le riforme fossero parziali o troppo lente potrebbero esplodere conflitti. Ma non si sofferma sugli eventuali focolai di tensione. Nel primo dopo Guerra fredda, è concentrata sull’Est europeo e sulla Russia.
Alla luce di questo dossier, l’amministrazione Clinton può apparire troppo ottimista se non velleitaria. Ma negli anni Novanta, anni di guerre ma anche di speranza, ebbero luogo profondi cambiamenti. Tra le ragioni per cui non sono continuati, vanno citati indubbiamente il terrorismo e la crisi finanziaria del 2008. Ma vanno citati anche il cambio della guardia a Washington e a Mosca. Dopo un’apparente, breve luna di miele, i rapporti tra Bush Jr. e Putin si guastarono e Obama non ha saputo rimediarvi. La prevenzione delle crisi non ha più figurato nell’agenda dell’America, tanto meno in quella dell’Unione Europea. Putin ha potuto così restituire alla Russia il sogno della Superpotenza, e porre il veto alla sottrazione della Georgia e dell’Ucraina alla sua sfera d’influenza.