Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 10/3/2014, 10 marzo 2014
«I MASCHI CON LO SCRUTINIO SEGRETO VOGLIONO CONSERVARE LA POLTRONA»
[Stefania Prestigiacomo]
«Allora va bene, d’accordo, ci sentiamo dopo».
(È domenica mattina: l’onorevole Stefania Prestigiacomo, da sempre tra le più autorevoli sostenitrici delle quote rosa, è in Sicilia, nella sua casa di Siracusa, e sta per andare a fare jogging; aveva cominciato dicendo no, io di interviste per rispondere a uomini che fanno i discorsi di Maurizio Gasparri non ne faccio, la parità di genere è una cosa serissima, che va trattata con serietà, e non come fa lui, Gasparri, a colpi di maschilismo bieco. Rassicurata, abbiamo un appuntamento telefonico alla 16 ).
Siete in novanta, siete tante e di partiti diversi: l’appello che avete firmato per chiedere l’applicazione della parità di genere dovrebbe scatenare consensi anche tra i vostri colleghi parlamentari che, invece, paiono piuttosto malmostosi...
«Beh, cominciamo con il chiarire che l’appello è nostro, è di un gruppo di deputate, però la battaglia riguarda tutti, riguarda la qualità della nostra democrazia...».
Sì, certo: resta il fatto che, come lei sa bene, molti colleghi in Transatlantico vi fanno sorrisetti ipocriti e poi, voltato l’angolo, mettono su ghigni feroci.
«Guardi, sinceramente: io credo che se avessimo avuto il tempo di raccogliere firme anche tra gli uomini, anche tra loro ne avremmo trovati tanti disposti a metterci la faccia. Detto questo, certo, sorprende e amareggia che ancora oggi si sentano e si leggano comunque discorsi polverosi, antichi, stucchevoli».
Tipo?
«Tipo che questa parità di genere sarebbe un privilegio per le donne, sarebbe la negazione della meritocrazia...».
Andiamo con ordine, spieghiamo: non dia per scontato che i lettori sappiano bene di cosa stiamo parlando.
«Allora, nella bozza della nuova legge elettorale, l’Italicum, c’è già una norma sulla parità di genere che prevede, in ciascuna regione, la presenza del 50% di entrambi i sessi. Però, siccome le liste sono bloccate, determinante è la posizione che si assegna nella lista: e qui, ecco, la norma dell’Italicum è ancora debole. Noi, perciò, chiediamo che si indichi quanti capilista debbano essere assegnati a ciascun sesso e che alternanza ci sia poi nelle liste”.
Chiarissimo. E si capisce pure perché molti vostri colleghi siano freddini.
«Saranno presto costretti a scoprire le carte. E importante, in questo, sarebbe che non ci fosse lo scrutinio segreto. Nascosta nel buio dell’anonimato, temo infatti che, ancora una volta, possa facilmente prevalere la tendenza maschile a conservare la poltrona».
Ancora una volta: del resto lei, onorevole, quand’era ministro delle Pari opportunità, si batté inutilmente e a lungo.
«Verso la fine del 2005 presentai un emendamento al Porcellun che fu battuto, appunto, dal voto segreto. Ci riprovai un anno dopo, presentando a nome del governo un disegno di legge... che però fu approvato dal Senato, dove il voto segreto era vietato, proprio l’ultimo giorno di legislatura...».
La sua tenacia fu un po’ maltratta da Berlusconi, all’epoca premier: durante un Consiglio dei ministri le disse «Smettila, non fare la bambina». Lei, se ricordo bene, scoppiò a piangere.
«Erano giorni di grande tensione... comunque a Berlusconi si deve riconoscere di avere avuto, nei confronti delle donne, in politica, un’apertura forte e concreta: nell’ultimo suo governo c’erano sei ministre e...».
Risulta che alcune di voi, in queste ore, stiano cercando di persuaderlo, di convincerlo a modificare la norma dell’Italicum. È così?
«Il problema è che...».
Il problema è che?
«Beh, sì, insomma: lo dico con grandissimo dispiacere, però davvero Berlusconi deve fare i conti con un partito che su questi temi mostra ancora, dopo tanti anni, atteggiamenti gravemente retrogradi... Che poi, intendiamoci, i nostri maschietti sono retrogradi solo se c’è il rischio che qualcuno gli porti via la poltrona. Perché se no...».
Può essere più precisa?
«Vada a chiedere al senatore Gasparri cosa succedeva giovedì scorso...».
Cosa accadeva, onorevole?
«Mentre noi deputate raccoglievamo le firme alla Camera, al Senato, in commissione Affari costituzionali, si votava, senza alcun intoppo, la doppia preferenza di genere sulla legge elettorale per le Europee».
Ma no?
«Ma sì! Capito, come ragionano? Se la poltrona non è la loro, non è quella che hanno in Parlamento, problemi non ce ne sono. E, in questo senso, mi lasci formulare i miei più sentiti auguri a Matteo Renzi che, giustamente, vuole abolire il Senato».
In effetti...
«Lei se le immagina le galline che decidono volontariamente di finire nel brodo di Natale? Io, no».
Fabrizio Roncone