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 2014  marzo 10 Lunedì calendario

LA VERGOGNA DEI SUICIDI IN CARCERE


Commetti un reato? Vai in carcere. Non commetti un reato? Rischi di andare comunque dietro le sbarre. Sono sia colpevoli sia innocenti i detenuti che affollano i penitenziari d’Italia, dove devono scontare pene da lievi a vita. Tutti, comunque, devono fare i conti con le difficoltà di vivere in una cella di pochi metri quadri sovraffollate in condizioni igienico sanitarie e psicologiche al limite della sopportazione. Anzi, della sopravvivenza. Sì, perché non tutti riescono ad affrontare le drammatiche situazioni delle carcere italiane, il peso di trovarsi in galera senza un motivo, da innocenti, o i lunghi tempi della giustizia. Ma il risultato, sempre più spesso, è lo stesso: togliersi la vita. Non è cambiato nulla negli ultimi 5 mesi, da quando cioè sulle pagine de Il Tempo è stata denunciata la terribile escalation di vittime in cella, che ha raggiunto i duemila detenuti.
È allucinante il numero di uomini e donne che si uccidono nelle celle. Ed è un fenomeno che non sembra diminuire. Ma ad arrivare a compiere il gesto estremo non sono solo i detenuti, ma anche chi ogni giorno vive nelle carceri, come gli agenti penitenziari. Anche loro, infatti, a volte arrivano a suicidarsi.
Se si prendono in esame i numeri degli ultimi tre anni di detenuti morti in galera, diffusi dall’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, insieme con Radicali italiani, le associazioni «Il detenuto ignoto», «Antigone», «Buon diritto», «Radiocarcere», «Ristretti orizzonti», c’è da chiedersi quando arriveranno soluzioni concrete per evitare che tragedie così continuino ad accadere. In poco più di 36 mesi, infatti, si sono tolti la vita 26 agenti e 188 detenuti. Per quanto riguarda le forze dell’ordine, l’età varia dai 32 fino a 54 anni. E i suicidi sono avvenuti da Torino ad Agrigento, da Napoli a Roma, da Trapani a Biella, da Aversa a Lecce, da Pordenone a Viterbo.
Ma se si prendono in considerazione invece le morti di detenuti, i numeri schizzano alle stelle e l’età minima scende fino ai 21 anni e arriva ai 73 anni. Una fascia molto più ampia dovuta alle inumane condizioni che devono affrontare i detenuti in quasi tutte le galere italiane. I gesti estremi sono avvenuti sia in celle con altri detenuti, sia in quelle d’isolamento. E le cause di morte sono anche differenti: la maggior parte delle persone sono decedute per impiccagione, poi per asfissia, per avvelenamento, dissanguamento, soffocamento e abbruciamento.
La percentuale di uomini che si uccidono raggiunge cifre enormi rispetto alle donne: negli ultimi tre anni, infatti, sono sei le donne «vittime» del carcere: quattro si sono impiccate, una è morta per asfissia e un’altra per soffocamento. Per quanto riguarda invece gli agenti penitenziari deceduti, ne sono morti due nel 2014, otto lo scorso anno, nove nel 2012 e otto nel 2011. I ruoli che ricoprivano andavano dall’assitente, all’assistente capo, dall’agente scelto all’ispettore. Un gesto estremo, nella maggior parte dei casi, nato proprio durante il proprio lavoro. In carcere. Lo stesso luogo che continua a far vittime anche tra chi deve scontare una pena. Giusta o ingiustia che sia.
Augusto Parboni