Wladimiro Settimelli, L’Unità 9/4/2014, 9 aprile 2014
IL LABORATORIO DELL’ORRORE
AMMAZZARE MEGLIO, AMMAZZARE DI PIÙ, AMMAZZARE PIÙ VELOCEMENTE, VINCERE E CONQUISTARE. Questi erano gli ordini. Il resto non contava proprio nulla. Per questo le nuove armi della grande guerra ’14-’18, non FURONO certamente concepite, dai governi, dagli Stati maggiori e dall’industria, per risparmiare le vite dei soldati. Quel problema non se lo pose proprio nessuna tra le parti in lotta... E cosi, lo scontro si trasformò in un grande «laboratorio del terrore», con una terrificante escalation che lasciò nelle campagne, sui monti, nei boschi e sui mari, milioni di morti, di mutilati e di invalidi, spesso costretti, per il resto della vita, all’angoscia e alla povertà.
Dunque, i grandi «progressi tecnici» portati dalla guerra (è un problema vecchio come la storia) non fecero altro che aiutare lo sterminio. Forse, nel centenario del primo grande scontro mondiale che sarà celebrato quest’anno in tutte le nazioni europee e negli Stati Uniti, qualcuno lo ricorderà ancora una volta, nella giusta misura. Lo fecero i socialisti alla fine della tragedia quando, nel giorno in cui il treno con le spoglie del milite ignoto, scese lungo l’Italia, scrissero nei loro manifestini e sui giornali: «Povere mamme, mogli, figli e sorelle, quando passerà il milite ignoto che sicuramente è uno di noi, inginocchiatevi pure e piangete, ma non dimenticate mai di maledire la guerra». Per quella guerra, nazioni grandi e piccole, dal 1914 al 1918, gettarono nelle trincee milioni di esseri umani che erano stati portati via anche dai più piccoli e dispersi paesi e villaggi della cara e vecchia Europa. E lo scontro, per questo, fu subito «industriale» e di massa. Anzi tecnologico, come diremmo oggi. L’impero britannico mobilitò circa 9,5 milioni di soldati, la Francia 8 milioni arca, la Russia 13 milioni, l’Italia (dal 1915) 5,6 milioni, l’America quasi 4, la Germania ben 13,2 milioni, l’Austria-Ungheria 9 milioni. Le industrie, in tutti paesi, furono militarizzate e le donne, in fabbrica, presero il posto degli uomini.
Ma quali furono le armi nuove della guerra ’14-’18 e quelle vecchie utilizzate in maniera strategicamente diversa?
Possono essere riunite, grosso modo, in sette gruppi diversi: i carri armati, l’aviazione, i sottomarini, i gas asfissianti (un orrore senza fine), le mitragliatrici, l’artiglieria di grossissimo calibro e il filo spinato, utilizzato come mai prima di allora...
Cominciamo proprio da quest’ultimo. Non venne usato soltanto per i Cavalli di Frisia, ma steso per chilometri e chilometri, tenuto basso dai paletti di ferro, per una profondità di decine e decine di metri. In questo modo, quando i soldati scattavano all’attacco e si avvicinavano alle trincee avversarie, inciampavano nel filo spinato, rimanevano impigliati e non riuscivano più a liberarsi. A quel punto, dall’altra parte, le mitragliatrici aprivano il fuoco ed era il massacro. Le cronache ricordano un disperato attacco italiano sul Grappa con i mitraglieri austriaci che, sparando, continuavano a gridare: «No, italiani, fermatevi, non fatevi ammazzare così».
La sorpresa dei carri armati, invece, l’ebbero per primi i tedeschi, durante la battaglia della Somme. Era il 15 settembre del 1916. La fanteria che partiva all’attacco e gli uomini nelle trincee, udirono un terribile sferragliare e poi videro arrancare, da un saliente, un bestione di ferro cingolato e a forma di scatola, dal quale partivano micidiali raffiche di mitragliatrice. Era il carro armato che si muoveva lento e con apparente difficoltà. Apparteneva all’esercito inglese e si chiamava «Mark I». Lungo i dieci chilometri del fronte se ne stavano muovendo oltre trecento. Facevano un rumore infernale. Ogni carro, pesava 28 tonnellate, era lungo otto metri e aveva a bordo un ufficiale e sette uomini. Le armi a disposizione erano due cannoncini e sei mitragliatrici. L’antica invenzione di Leonardo, dunque, era diventata un mostro d’acciaio che i fanti guardavano con terrore. Naturalmente, dopo qualche mese, anche i francesi, i tedeschi e poi gli italiani, costruirono carri armati di ogni genere.
Per quanto riguarda le mitragliatrici bisogna dire che si trattava di una invenzione «antica» perfezionata da una guerra all’altra. Durante la Grande Guerra ne furono distribuite a tutte le truppe in lotta. Erano state fabbricate dalla Browning, dalla Vickers, dalla Fiat, dalla Mauser, dalla Breda e da altre società. Sparavano fino a cinquecento colpi al minuto e molte avevano un raffreddamento ad acqua. Furono un arma micidiale per la guerra di trincea.
Grandi novità, invece, per la guerra sul mare. Alle grosse e potenti navi di superficie, i tedeschi aggiunsero, per primi, gli «U-Boot», i sommergibili che riuscirono a distruggere centinaia di navi inglesi. Scorrazzavano ovunque e affondarono anche piroscafi carichi di passeggeri. Tutte le navi da battaglia avevano ormai cannoni enormi e micidiali. Fu nello Jutland (Mare del Nord) che la flotta inglese venne gravemente danneggiata da quella tedesca. In quella zona, ancora oggi, parti di scheletri rimangono ancora impigliati nelle reti dei pescatori. Noi italiani, sui mari, diventammo noti per i Mas, i motoscafi veloci che, il 10 giugno 1918, affondarono a Premuda, la grande nave da battaglia austriaca «Santo Stefano».
E ora l’aviazione. Fu proprio nel corso della Prima Guerra Mondiale che l’utilizzazione dell’arma aerea cambiò definitivamente. L’entusiasmo per il volo, come si sa, aveva contagiato tutto il mondo, magli aerei, in guerra, erano stati utilizzati, fino a quel momento, solo per rilevare le posizioni avversarie. scattare foto e dirigere i tiri dell’artiglieria. I «velivoli», come si chiamavano allora, erano ancora costruiti con il legno e la tela cerata. Poi, da bordo, gli «addetti» cominciarono a sganciare, a mano, delle bombe sulle trincee nemiche. Con scarsi risultati, ovviamente. Venne bombardata anche Venezia e Gabriele D’Annunzio volò con un gruppo d’aerei fin sopra Vienna, per lanciare dei manifestini. Quando gli ingegneri risolsero il problema di sparare con la mitragliatrice di bordo senza colpire l’elica, ebbero inizio i grandi duelli aerei e nacque il mito dei «cavalieri coraggiosi» che si uccidevano in aria. Tra loro, gli assi dei quali tutti i giornali scrivevano: Francesco Baracca, Manfred von Richthofen (il «barone rosso»), l’inglese Albert Ball, il francese Gorge Gaynemer, il tedesco Max Immelmann. I loro aerei erano i Fokker, i Morane Saulnier, i Nieuport.Tutti poco più che scatole di sardine con le ali.
Ed eccoci all’artiglieria che fu davvero la chiave di volta della guerra. Vennero fabbricati e portati al fronte da tutte le nazioni, obici, bombarde, mortai e cannoni di ogni tipo e genere e i soldati ne trascinarono a centinaia anche sulle vette più alte e innevate d’Europa. I tedeschi, quando entrarono in Belgio, per distruggere Fort Loncin, usarono un mortaio da «420», una bocca colossale trascinata da 36 cavalli.
Il supercannone più famoso di tutta la grande guerra rimane, comunque, la «Grande Bertha», costruito in Germania dai Krupp. Era lungo 35 metri, pesava 78 tonnellate e aveva 70 serventi. Sparò su Parigi da una distanza incredibile di 112 chilometri. Il primo colpo arrivò sulla città alle ore 7,20 del 23 marzo 1918 e provocò qualche morto, ma sparse il terrore tra la gente.
E ora l’orrore dei gas asfissianti. Fu nella regione di Ypres, in Belgio, ed esattamente tra Langemark e Bixschoote, che il 22 aprile 1915 arriva sulle trincee francesi una nuvola gialloverdastra. È una folata di gas terribile e i fanti (i celeberrimi poilus) non sanno cosa fare. Dopo pochi istanti, a migliaia si rotolano per terra, urlano, chiedono dell’acqua e corrono come impazziti, strappandosi i vestiti di dosso e buttando le armi. Dopo pochi minuti cinquemila erano già morti. Altri diecimila saranno piagati in modo irreparabile. Due giorni dopo tocca ai canadesi: saranno altri cinquemila morti. I tedeschi definiscono questi attacchi degli «esperimenti», in risposta ai francesi che avevano utilizzato gas lacrimogeni.
Indimenticate le foto di un gruppo di soldati italiani morti all’istante in una caverna, con il cucchiaio in mano, mentre consumavano il rancio, o quella della lunga fila di soldati inglesi che tengono una mano sulla spalla dell’altro per andare verso un ospedale da campo: sono stati tutti i dai gas.