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 2014  aprile 09 Mercoledì calendario

LA MACCHINA DELLA VERITÀ MENTE


Nella rubrica "Neuroscience and Law" della rivista «Nature Review Neuroscience» sono pubblicati saggi e comunicazioni sul l’applicazione delle neuroscienze cognitive a problemi della giustizia. Il Sole 24 Ore del 22 settembre 2013 ha riferito sulle valutazioni neuroscientifiche, in alcuni tribunali degli Stati Uniti, del grado di sviluppo del cervello in casi di omicidio commesso da minorenni. Lo studio pubblicato ora è il bilancio di 10 anni di ricerche di base sulla fenomenologia nervosa della menzogna, orientate all’introduzione, nella pratica giudiziaria, di una procedura scientificamente valida per identificare chi mente volontariamente. Negli Stati Uniti la sollecitazione politica e sociale preminente a questi studi è la lotta al terrorismo. Il problema di smascherare il bugiardo è antico. Nell’antica Cina, ad esempio, la persona sospetta doveva riempirsi la bocca di riso secco e poi sputarlo. Il nervosismo della menzogna attivava il sistema simpatico con blocco della salivazione, e quindi il bugiardo impiegava più tempo del normale per sputar fuori il riso che s’era appiccicato alle guance. La soluzione "scientifica" del problema non è in vista. Oggi, negli Stati Uniti, si valutano il tono della voce, il linguaggio, la fisionomia e le reazioni del sistema simpatico allo stato d’animo della menzogna deliberata, come il rialzo della pressione sanguigna sistolica, l’accelerazione del polso e della respirazione. I risultati sono aleatori e arbitrari.
Queste procedure sono impiegate nelle indagini, non nelle pratiche giudiziarie. Le neuroscienze puntano allo studio del cervello della persona sospetta di mentire volontariamente, impiegando la risonanza magnetica cerebrale funzionale (fMRI), che indica quali aree del cervello sono attive per le modificazioni fisiologiche associate ai processi nervosi. I nodi fondamentali della procedura sono tre. Innanzi tutto l’identificazione delle aree cerebrali coinvolte nella menzogna. Poi l’affidabilità dei dati dell’attività nervosa che produce la menzogna. La fMRI mostra l’area attiva in un particolare evento, ma non il suo contenuto. Infine occorre riflettere sugli aspetti morali e sociali della procedura. Circa quest’ultimo punto, per ora c’è poco da dire, perché non sono ancora chiare l’affidabilità dei risultati e le pratiche concrete dell’indagine. Circa il primo punto, le menzogne non sono una categoria omogenea del comportamento. Ci sono menzogne per profitto, altre per proteggere qualcuno, si mente su cose gravi e su banalità. La menzogna può essere una dichiarazione falsa ma anche l’omissione di un’informazione. Una difficoltà nell’interpretazione dei dati è la differenza dello stato d’animo fra un volontario che, in laboratorio, ha il compito di mentire su eventi che gli sono indifferenti, e soggetti che, nelle indagini e in tribunale, mentono su eventi gravi che li toccano da vicino. Ogni categoria ha un substrato nervoso suo proprio, condizionato dal l’intensità dell’emozione. Le regioni più sospette come aree della menzogna volontaria sono la corteccia prefrontale, la parte anteriore della corteccia cingolata e la corteccia parietale, aree attive quasi in ogni evento mentale. Le regioni cerebrali che, nei test su verità e menzogna, mostrano nella fMRI attività più intensa sono considerate correlate alla falsità. Con eccezioni vistose: ad esempio, criminali con disturbi antisociali della personalità, non mostrano la altrimenti frequente attivazione prefrontale in caso di menzogna deliberata. In linea di massima, la dichiarazione veritiera sarebbe correlata a una attivazione meno intensa della menzogna. Oltre alla menzogna deliberata occorre identificare il meccanismo nervoso della falsità involontaria per difetto dei meccanismi della memoria. È già ora convinzione corrente che la metodologia non sarà applicabile a persone anziane con segni d’invecchiamento cerebrale, a coloro che hanno subito traumi o altre lesioni del cervello e agli schizofrenici. Il problema lontanissimo dalla soluzione è la specificità delle modificazioni della corteccia rilevate dalla fMRI: è impossibile, per ora, escludere che eventi mentali diversi dalla menzogna volontaria abbiano attivazioni identiche alle aree corticali registrate dalla fMRI in caso di dichiarazione falsa, tanto più che le aree interessate sono più o meno le stesse per qualunque attività mentale. Inoltre è nota la comparsa spontanea e casuale di attività corticale circoscritta senza eventi materiali, come un movimento, o mentali. Gli studi sono interessanti per la comprensione dei meccanismi nervosi di un evento frequente nella vita, la scelta di non dire la verità. Il bilancio dell’articolo, critico e scrupoloso, è un panorama delle difficoltà da superare per avere una procedura tecnicamente indiscutibile e moralmente ineccepibile a disposizione della giustizia. L’applicazione pratica non è imminente e non è escluso che si riveli impossibile, a dispetto delle esigenze della lotta ai movimenti micidiali del terrorismo.