Gian Maria De Francesco, Il Giornale 9/4/2014, 9 aprile 2014
ALTRO CHE ROTTAMAZIONE: RICICLATI I BOIARDI DI STATO
Con le elezioni spesso ci si illude di cambiare tutta la macchina dello Stato. In realtà, è già tanto se si mette un volante nuovo su un sistema di trasmissione che, di norma, tende ad andare per i fatti propri, indipendentemente dal guidatore. L’ennesima dimostrazione giunge analizzando gli staff dei vari dicasteri del governo Renzi: il cambiamento è altra cosa. Eppure il Corriere nei primi giorni di vita del nuovo esecutivo aveva annunciato una proposta choc come primo atto del tandem di Palazzo Chigi formato dall’ex sindaco di Firenze e dal sottosegretario Graziano Delrio: una direttiva che limitasse l’agibilità dei grand commis pubblici (magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti in primis) per gli incarichi di vertice nei ministeri come quelli di capo di gabinetto e di capo della segreteria. L’idea era quella di poter favorire la loro licenziabilità o quanto meno la rotazione. Un bel proposito che è durato poco più di una settimana. Non si può certo dare la colpa al premier e al suo numero due di questo fallimento. Come rivelato da Dagospia , i «superburocrati » si sarebbero ribellati minacciando «azioni clamorose di ammutinamento» che non sarebbero rimaste lettera morta perché le chiavi dei ministeri sono veramente nelle loro mani. Non ci resta, perciò, che osservare quali siano stati i riposizionamenti delle grandi professionalità dell’apparato statale in seno al nuovo governo. Ad esempio, Luigi Caso, salernitano classe ’66, è il nuovo capo di gabinetto del ministero del Lavoro. Magistrato della Corte dei Conti, proviene dal ministero dell’Economia dove era responsabile dell’ufficio legislativo. Ma è dal 2006 che Caso «transita » nell’orbita di Palazzo Chigi: prima consigliere del dipartimento Affari giuridici e legislativi, poi al ministero del Lavoro (ufficio legislativo) e, infine, capo di gabinetto dell’Authority dei Lavori pubblici e infine della Corte dei Conti.
Caso non è isolato. Al Tesoro dal quale proviene è arrivato Roberto Garofoli come capo di gabinetto. Si tratta del segretario generale della Presidenza del Consiglio durante il governo Letta, mentre durante il gabinetto Monti era a capo di gabinetto del dipartimento della Funzione pubblica (dove oggi dalla Camera è arrivato Bernardo Polverari) con il ministro Patroni Griffi, un altro grand commis . A Via XX Settembre si ritroverà a fianco di un altro Lettaboy, Fabrizio Pagani (classe ’67), confermato a capo della segreteria tecnica. Pagani è stato a fianco dell’ex premier in tuttii suoi incarichi governativi sin dal 1999 e, quando Letta è stato all’opposizione, è andato all’Ocse dove ha costruito un buon rapporto con il neo ministro Padoan ( di area, però, dalemiana). All’Economia confermatissimo anche Francesco Alfonso, ex Bankitalia al Quirinale con Ciampi e poi alla Corte dei Conti, chiamato alla segreteria di Via XX Settembre da un altro ex di Palazzo Koch come Fabrizio Saccomanni. Competenze indispensabili come quella di Vito Cozzoli, neo capo di gabinetto del ministro dello Sviluppo Federica Guidi. Da 23 anni alla Camera dove era diventato capo dell’Avvocatura, Cozzoli era in rampa di lancio per una promozione che nella scorsa legislatura l’allora numero uno di Montecitorio, Gianfranco Fini, non riuscì a garantirgli (come riportò l’Espresso a fine 2012). A Via Veneto sarà in compagnia di Piero Gnudi: l’ex presidente dell’Enel e dell’Iri, nonché ministro del Turismo con Monti, sarà consulente gratuito. Guidi ha inoltre confermato come capodella segreteria tecnica Stefano Firpo (ex Intesa Sanpaolo) che nel giorno fatidico twittò ai suoi followers «Mi sa che anche a questo giro non vi liberate di me». Perché anche i giovani «tecnici» sono un po’ come gli anziani: ad esempio, il 36enne Alessandro Fusacchia, nuovo capo di gabinetto dell’Istruzione con Stefania Giannini ma già capo segreteria tecnica con Passeraalle Infrastrutture e poi consigliere di Emma Bonino (della quale era stato ghost-writer) alla Farnesina. Alle Infrastrutture è stato confermato il capo di gabinetto Giacomo Aiello (avvocato dello Stato di vastissima esperienza di governo). Idem Mario Alberto di Nezza (consigliere di Stato) che, per ora, resta alla Salute con Lorenzin.
Insomma, magari non batteranno il record di Corrado Calabrò (a Palazzo Chigi dal 1963, passato per tutti i ministeri, divenne anche presidente Agcom), ma anche con Renzi i «ministri-ombra» proliferano. Per il premier, Delrio e il «fido» Angelo Rughetti alla Funzione pubblica la strada è in salita.