Il Fatto Quotidiano 9/4/2014, 9 aprile 2014
D’ALIMONTE: “NON SONO INTERFERENZE QUELLE DEL COLLE, MA SOLO MORAL SUASION”
Caro Direttore, l’editoriale da lei pubblicato ieri in cui si parla del mio ruolo e di quello del presidente della Repubblica in tema di riforma elettorale mi spinge a chiarire alcuni punti che toccano anche il pezzo di Wanda Marra sullo stesso argomento. Primo, nella mia conferenza alla Società Italiana di Studi Elettorali, cui Lei fa riferimento, ho voluto ricostruire il percorso della riforma elettorale mettendo in luce la complessità di un processo che ha dovuto fare i conti con le resistenze e le preoccupazioni di molti attori. Tra questi c’era anche il presidente della Repubblica che, da quanto ho potuto intuire, ha utilizzato il suo potere di moral suasion, e non di veto, affinchè il sistema di voto in gestazione fosse in linea con i principi fissati dalla recente sentenza della Consulta, e in particolare quello di un giusto equilibrio tra rappresentatività e governabilità. Secondo, io non sono l’artefice dell’Italicum, né ho preso le distanze da questo modello. I ‘padri’ di questa riforma sono Renzi e Berlusconi. Gli altri, compreso il sottoscritto, hanno giocato un ruolo secondario. Per questo – scherzosamente – ho parlato di me stesso come ‘zio’, non per disconoscere il progetto ma per riconoscerne il merito a chi ha preso le decisioni che contano. Aggiungo che considero questo sistema elettorale un sistema migliore di quello in vigore e l’unico approvabile oggi, date le condizioni politiche esistenti. Confermo che presenta dei difetti, ma questo è il risultato dei compromessi politici necessari per arrivare all’ accordo. Mettere in luce questi limiti non equivale a prenderne le distanze, ma significa fare il mio mestiere di studioso. Terzo, il fatto che Berlusconi abbia accettato il doppio turno, dopo essersi consultato con Verdini che è il suo esperto di fiducia, rappresenta dal mio punto di vista il maggior successo di Renzi e non una concessione fatta a Verdini. Collegi uninominali e doppi turni sono sempre stati sgraditissimi al Cavaliere. Quarto, colgo l’occasione per ribadire che non sono un giurista. I giuristi sono già tanti e non hanno bisogno di un altro collega. Sono un politologo. E ci tengo.
Con i più cordiali saluti,
Roberto D’Alimonte
Prendiamo atto volentieri della cortese precisazione del Professor D’Alimonte (politologo e non giurista come giustamente chiede di essere definito). Sulla sostanza della questione, le interferenze del capo dello Stato sulla legge elettorale oltre i poteri indicati dalla Costituzione ci correggiamo: non è stato un veto ma moral suasion. Se non è zuppa è pan bagnato.
a.p.