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 2014  marzo 09 Domenica calendario

L’UOMO CHE INVENTO’ LA STAZIONE SPAZIALE

Poggia leggero sul prato, co­me un oggetto alieno. Un grande disco nato da un in­sieme di anelli disposti su piani diversi, con diversa in­clinazione. E si stacca come se stesse per decollare, in un dinamismo ove la spinta lineare si somma alla suggestione del moto circolare. Si chia­ma Centro culturale delle tecnologie spa­ziali europee (Kulturno Središce Evropskih Vesoljskih Tehnologij, Ksevt) ed è una via di mezzo tra un monumento e un museo, firmato dai più giovani e quotati studi di architettura sloveni: Oifs, Sadar Vuga, Bevk Perovic e Dekleva Gregoric.
Il villaggio di Vitanje, nel Nord della Slove­nia, dove si trova l’avveniristico Centro, ha la chiesetta col campanile aguzzo, prati verdissimi e sulle vicine colline campeggiano ciuffi di bosco. Ma chi ci vie­ne, più che il panorama idilliaco de­sidera osservare il Ksevt: e arrivano dalla Nasa e dall’Esa, scienziati, tec­nici, astronauti. Perché questo è un po’ un tempio dell’esplorazione spaziale.
A Vitanje crebbe Hermann Noordung (nom de plume di Herman Potocnik, 1892-1929). Un nome che dice qualcosa solo a pochissimi al mondo, e tuttavia un gran­de sloveno, uno dei pionieri dell’astro­nautica: l’inventore della stazione orbita­le. Tanto che quando alla fine degli anni Novanta si costruì la stazione spaziale in­ternazionale, si discusse se non intitolar­la proprio a Noordung. Il fatto che fosse sconosciuto ai più portò alla decisione di chiamarla con la sigla Iss, International Space Station . Il museo è una specie di co­pia architettonica del progetto di Noor­dung: la sua stazione orbitale reinterpre­tata in muratura.
Morì giovane, Noordung; da figlio di mili­tare e militare lui stesso, visse l’agonia del­l’Impero austro-ungarico. Ingegnere, si specializzò a Vienna nella tecnologia na­scente del volo che guarda alle stelle. Si e­ra alle origini, l’epoca in cui il tedesco Her­mann Oberth, il russo Konstantin Ciolkov­skij, l’americano Robert Goddard comin­ciavano i primi esperimenti con la pro­pulsione a razzo, sognando un giorno di mandare un uomo sulla Luna. Ricerca scientifica e aspirazioni ideali erano stret­tamente unite. Fu Oberth che nel 1929 guidò il regista Fritz Lang nella stesura del film Una donna nella luna , uno tra i primi di fantascienza spaziale: accurato poiché precisi e realistici erano i calcoli di Oberth e del suo giovane collaboratore Wernher von Braun (il quale sarebbe poi diventato il padre del Progetto Apollo, che veramen­te portò alla conquista della Luna esatta­mente quarant’anni più tardi).
Guardati come personaggi strampalati dal mondo della cultura loro contemporanea, questi primi scienziati del cosmo posero le basi di quel che oggi è un fatto acquisi­to: abitare lo spazio è possibile. Goddard cominciò a interessarsi di ricerca spaziale dopo aver letto La guerra dei mondi di H. G. Wells e oggi il principale centro di ricer­ca della Nasa è a lui intitolato. Ciolkovskij fu il maggior teorico del volo spaziale e – oltre a essere stato il primo a parlare di or­bita geostazionaria – fu anche il primo che studiò come compiere un viaggio tra la Terra e Marte. Tutti scrissero molto. Noor­dung nella sua breve vita ebbe tempo di pubblicare un solo libro, Il problema del volo spaziale. Il motore a razzo, stampato a Berlino poco prima della sua morte, nel 1928. Vi affrontò numerose questioni che hanno a che fare con la colonizzazione del­lo spazio: tra queste, la più significativa ri­guarda l’utilizzo dell’orbita geostazionaria.
A 35 .786 chi­lometri di distanza dalla Terra, tale spazio orbitale consente a un satellite di restare fermo a perpendicolo su un punto speci­fico del nostro pianeta, ruotando in sin­crono con esso, come se vi fosse collegato da un invisibile filo. Oggi usatissimo per collocarvi gli strumenti adatti alle telecomunicazioni, ai suoi tempi Noordung lo im­maginò come il luogo ideale per vivere in permanenza fuori dall’atmosfera e per questo dedicò la maggior parte del suo scritto a tratteggiare l’architettura di una “casa spaziale” che fosse veramente abita­bile. Tra le invenzioni di cui corredò il suo progetto, spicca quella della rotazione su un asse centrale: la forza centrifuga così generata avrebbe riprodotto la forza gra­vitazionale e consentito agli abitanti di non fluttuare nelle condizioni di microgravità tipiche dello spazio extraterrestre.
Forse che a qualcuno questa idea risulti familiare? La fece propria Arthur C. Clarke, scrittore di fantascienza del secondo do­poguerra e si popolarizzò nel 1968 grazie al film di Stanley Kubrick 2001: odissea nel­lo spazio , basato su un soggetto dello stes­so Clarke. L’assenza di gravità è uno dei maggiori problemi che l’essere umano de­ve affrontare nei viaggi spaziali: il nostro or­ganismo è fatto per vivere immerso nella gravità e, mancando questa, si generano scompensi che nel giro di qualche mese possono provocare effetti molto negativi. Il progetto di Noordung non è fantascien­tifico: è fantasioso e scientifico, e costitui­sce la prima architettura studiata per lo spazio. La Slovenia è un Paese piccolo e giovane. Ha da poco compiuto vent’anni. È importante che il mondo apprezzi i con­tributi che ha dato alla storia della civiltà, ancor prima di costituirsi come Stato in­dipendente. Ed è tempo che si dia il dovu­to risalto all’opera del grande scienziato Hermann Noordung, il primo architetto dello spazio.