Jacopo Iacoboni, la Stampa 9/4/2014, 9 aprile 2014
RIECCO IL GRILLO PADANO: DIVIDIAMO QUESTO PAESE
Altro che la Lega costola della sinistra, come sognava D’Alema; qui va a finire con la Lega costola del Movimento cinque stelle.
È una forzatura, naturalmente; e in parte una battuta. Ma una battuta fondata, perché il post scritto ieri da Grillo (e Casaleggio) sul blog possiamo anche leggerlo come una specie di opa sull’elettorato settentrionale, non solo leghista, attenzione: il voto dei disillusi, degli indecisi, anche dei potenziali astensionisti. Grillo si produce in una tirata sulla storia d’Italia, letta con approssimazioni e non senza cinismo, contro l’idea di Stato: «Un tempo ci si alzava in piedi e si salutava la bandiera, mentre ora è diventata un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti». Domanda: «E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa?». Soprattutto si spinge a sostenere che «per far funzionare l’Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi?» (le maiuscole sono tutte sue, ovviamente). E naturalmente dalla Lega si drizzano con un misto di sospetto e interesse, per esempio Matteo Salvini dice che «se non sono solo parole sarà una battaglia comune, Grillo se è coerente sosterrà subito il referendum per l’indipendenza del Veneto e quando in Lombardia chiederemo lo statuto speciale ci sosterrà». E Maroni twitta che «sono opinioni da non sottovalutare». Tutto da vedere, ovviamente. Il dato certo è più sottile, e l’analisi deve farsi sfumata.
L’interesse di Grillo per l’elettorato settentrionale viene da lontano, non è una svolta e non deve stupire chi conosce un po’ la genesi del Movimento cinque stelle. Già nell’aprile 2012, alla fine di un comizio lombardo, Grillo si ferma a parlare con un gruppetto di elettori leghisti. Siamo nel pieno dello scandalo che travolge il Senatur. E lui, camicia rossa a scacchi da boscaiolo, in maniera apparentemente sorprendente dice, testuale (i giornalisti presenti erano pochissimi): «La Lega non è più sporca di un altro partito, è stata fatta fuori semplicemente perché era in opposizione. Noi nasciamo come voi nelle strade, ma abbiamo una marcia in più che è la rete». Poi, quasi con sorpresa del piccolo pubblico: «Sappiamo tutti che Bossi non ruba, nessuno ha mai pensato che Bossi rubasse dei soldi, si vede, no? È un uomo che piange, vedi mai Casini che piange? Poi certo, hanno fatto l’errore di mischiarsi, Credieuronord, le coop padane, se non si mischiavano Bossi era uno statista con due c... così, perché andava in mezzo come noi, nelle piazze con la canottiera».
Oppure, fine agosto 2013, in un paese del varesotto, sempre in mezzo ai valligiani, fece questa battuta, ironica e ovviamente furba: «Se la Lega si allea con Grillo ha la possibilità di fare il governo. Ma sono cose da non pensare neanche»...
Insomma, Grillo ci tresca da un po’, con quella furbizia da animale politico - altro che comico - che ha addosso da anni. Poi certo, che la cosa possa tradursi in atti è un altro discorso. Ma alcuni dati sono accertati. Lui sa che il bacino astensioni-indecisi comprende ormai quasi un italiano su due. A Casaleggio è capitato di fare una battuta sul fatto che «la capitale dovrebbe essere spostata ogni tre o quattro anni». E una diffidenza antiromana - diciamo così - c’è, eccome, nel cervello milanese di questa forza politica. Alcuni tasselli del puzzle sono questi. Naturalmente, a comporlo bisognerà attendere quello che a Grillo riesce molto meglio che governare: la campagna elettorale per le prossime europee.