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 2014  aprile 09 Mercoledì calendario

“NEL NUOVO PALAZZO MADAMA NIENTE SINDACI, SPAZIO ALLE REGIONI”


ROMA — Senato dei sindaci? «No, semmai Senato delle Regioni e delle autonomie». Senatori eletti direttamente? «No, devono essere espressione delle istituzioni territoriali». Il costituzionalista Valerio Onida non condivide le proposte di Renzi e Alfano e ad esse contrappone un «vero Senato delle Regioni».
Senato prossimo venturo, al momento ancora una grande confusione. Lei come la vede?
«Intanto si tratta di una “riforma”, e non di un’abolizione del Senato. C’è largo accordo, e su questo anche io convengo, sul fatto che il nuovo Senato non debba più essere chiamato a dare la fiducia al governo. Per quanto riguarda l’attività legislativa, solo le leggi più importanti dovrebbero restare bicamerali».
E tutte le altre?
«L’intervento del Senato dovrebbe essere eventuale e facoltativo, nel senso che esso potrebbe chiedere di emendare i progetti approvati dalla Camera, la quale però avrebbe l’ultima parola».
Mi scusi, ma con quale criterio, e chi soprattutto, dovrebbe decidere quali sono le leggi importanti?
«Le leggi che resterebbero bicamerali dovrebbero essere esattamente
indicate nella Costituzione: per esempio, certamente quelle costituzionali».
Il punto maggiore di discussione è su come sarà composto il nuovo Senato. Tra Renzi (sindaci, governatori, uomini illustri) e Alfano (senatori ancora eletti) chi sceglierebbe?
«Non si tratta certo di scegliere tra queste due ipotesi. Entrambe molto discutibili, per non dire altro. Infatti il nuovo Senato avrà senso solo se sarà costituito come una Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali, Regioni ed eventualmente enti locali. Per ottenere ciò bisogna che i senatori non siano eletti direttamente dai cittadini, come i deputati, altrimenti avremmo un doppione della Camera, e non si capirebbe perché il Senato dovrebbe essere escluso dal rapporto fiduciario con il governo».
Invece un Senato delle Regioni che rappresentatività avrebbe?
«I senatori dovrebbero essere tali in forza dell’ufficio ricoperto nelle istituzioni territoriali (presidenti delle giunte e presidenti dei consigli regionali) o perché eletti dalle assemblee di questi enti nel proprio seno. Quindi, eletti dai consigli regionali ed eventualmente, in parte, dagli organi che rappresentano gli enti locali delle singole Regioni (i consigli regionali delle autonomie locali, previsti dalla Costituzione)».
Perché esclude del tutto i sindaci?
«Non avrebbe alcun senso portare al Senato, addirittura in maggioranza, i soli Sindaci dei Comuni capoluogo di provincia. A parte la contraddizione tra questa ipotesi e la prospettata abolizione (che non condivido) o la riforma delle Province, sta di fatto che non sarebbe ammissibile dare in Senato rappresentanza ai soli cittadini che vivono nei centri maggiori, escludendo quelli che vivono nei Comuni più piccoli».
Pollice verso pure per gli uomini famosi?
«Non ha senso nemmeno portare in Senato una pattuglia di personalità più o meno illustri che non sarebbero rappresentative di alcunché. Bastano, semmai, gli attuali senatori a vita nominati dal capo dello Stato».
Il suo Senato è solo regionale?
«Nel senso che esso rappresenterebbe le istituzioni autonomistiche di ogni Regione. Solo così potrebbe portare in Parlamento la voce delle istituzioni territoriali, e quindi anche collaborare perché la legislazione nazionale realizzi e rispetti chiari equilibri tra centro e periferia, in conformità al principio autonomistico espresso nell’articolo 5 della Costituzione».