Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  aprile 08 Martedì calendario

I GESTORI DA OSCAR


L’industria del risparmio gestito in Italia ha un patrimonio di oltre 1.332 miliardi di euro tra fondi comuni, gestioni patrimoniali e assicurative. Un vero e proprio tesoro che andrebbe sempre più valorizzato, anche per finanziare l’economia reale. Oggi buona parte di questi miliardi è investita in titoli di Stato e soltanto una percentuale modesta in Piazza Affari.

Nei fondi obbligazionari e monetari sono investiti oltre 283 miliardi di euro e nelle gestioni separate delle polizze vita tradizionali 403 miliardi. Se a questi si aggiungono gli asset delle linee più prudenti di gestioni individuali e previdenziali, si arriva a oltre 800 miliardi allocati nei bond. Una fetta molto più contenuta è investita in azioni, e di queste quelle tricolori sono davvero poche. Tra i fondi azionari, infatti, quelli specializzati sulla borsa di Milano a fine 2013 avevano un patrimonio di 5,1 miliardi, ossia l’1% delle masse gestite in totale. Nonostante le performance da record messe a segno negli ultimi tre anni dai money manager specializzati nelle azioni, gli investitori italiani mostrano ancora resistenza ad abbandonare le obbligazioni per passare a strumenti di capitale. E questo fa sì che abbiano perso finora un rally da record, che ha visto crescere il Ftse Mib del 68,5% dai minimi del 27 luglio 2012. Un rally che è stato anche un banco di prova per i gestori, che hanno saputo in molti casi fare la differenza.

Per individuare i money manager da Oscar, Milano Finanza ha chiesto a Fida, società di analisi sul mondo del risparmio gestito, di selezionare i migliori fondi a tre anni nelle asset class più significative. Ecco quindi chi si è meritato l’Oscar delle performance.

Per quanto riguarda la borsa di Milano il fondo campione appare Fondersel Pmi, che ha messo a segno una performance del 34,6% negli ultimi tre anni e del 55,5% negli ultimi 12 mesi. Il gestore del fondo, Marco Nascimbene, continua a essere ottimista: «Lo scenario della borsa italiana resta favorevole e riteniamo che l’indice possa realizzare una performance positiva anche nei prossimi mesi. Infatti la situazione economica italiana ed europea, che migliora anche se molto lentamente, e i bassi tassi d’interesse a livello mondiale favoriscono la ripresa dei listini azionari, e di quello italiano in particolare, dal momento che negli ultimi anni era stato particolarmente penalizzato». Secondo Nascimbene la formazione del governo Renzi ha portato a un’apertura di credito al Paese per la realizzazione delle riforme attese da tanto tempo. Sulla stessa linea d’onda Umberto Borghesi di Albemarle asset management, che gestisce Atlante Target Italy (+58% negli ultimi 12 mesi): «C’è la speranza che ci sia finalmente la volontà di affrontare i reali problemi del Paese, come lo snellimento burocratico della macchina statale e una maggiore attenzione alle imprese sia per quello che riguarda l’aspetto fiscale sia per la flessibilità del lavoro». Secondi il gestore è possibile un’accelerazione del recupero nelle prossime settimane dovuta al fatto che gli investitori stranieri hanno paura di perdere questa opportunità.

Poi ci potrà essere una fase di presa di beneficio. Ma come si stanno muovendo gli esperti nella selezione dei titoli su cui puntare? Per Nascimbene il settore più interessante è rappresentato dalle banche, «che in uno scenario di questo tipo vedranno riprendere la crescita degli impieghi dopo un lungo periodo di rallentamento e una discesa degli accantonamenti su crediti dopo la pulizia di bilancio del 2013». Inoltre stanno tornando le ipotesi di consolidamento, aumentando l’interesse da parte degli investitori esteri. Per incrementare le posizioni sulle banche il team di Ersel ritiene che proprio gli aumenti di capitale offrano un’opportunità interessante. «Al momento preferiamo gli istituti di migliore qualità che non hanno problemi a livello di solidità patrimoniale, come Intesa Sanpaolo e Mediobanca», dice Nascimbene. «Fra i titoli assicurativi ci piace sempre il gruppo UnipolSai, favorito sia dal buon andamento del settore sia dal progredire del processo di integrazione fra le due società dopo gli aumenti di capitale del 2012. Fra gli industriali riteniamo sempre interessante Fiat, che dopo la conclusione dell’accordo con il sindacato americano per acquistare il controllo completo di Chrysler resta sotto i riflettori in attesa del nuovo piano industriale di maggio. Fra le utility ci piace Iren, che ha beneficiato della riduzione del debito e del miglioramento dei risultati operativi». In Albemarle, aggiunge Borghesi, «rimaniamo positivi sui settori ciclici anche se nelle ultime settimane hanno fatto molto bene e quindi sono più a rischio di una correzione. Tra le big cap preferiamo ancora Fiat e Pirelli, mentre nelle medium e small cap confermiamo la scelta di Cementir, Esprinet e La Doria». Secondo l’esperto di Abermale, «ultimamente abbiamo sottopesato il settore finanziario, anche se ci sembrano ancora interessanti le azioni di risparmio di Banca Intesa, Mediolanum, UnipolSai e Vittoria Assicurazioni». Per quanto riguarda le utility, Borghesi indica invece Enel.

Allargando lo sguardo a tutta l’Europa, ci sono diversi elementi che fanno ben sperare per le borse come spiega Eva Fornadi, gestore del fondo Growth Mid Cap di Comgest: «gli investitori hanno salutato con favore il cambio di governo in Italia e gli elementi positivi dei recenti dati europei. L’economia inglese ha inoltre ripreso slancio, alimentando le speculazioni circa un innalzamento dei tassi di interesse». Fornadi in portafoglio ha tre società italiane: Luxottica, Prada e Tod’s. «Queste azioni beneficiano dell’andamento del settore del lusso e, conseguentemente, della domanda proveniente dai mercati emergenti», spiega la manager.

Se le borse europee ricevono un buon consenso da parte dei gestori, verso Wall Street c’è una maggiore cautela dopo un rally da record. Da marzo 2009 l’indice S&P 500 ha registrato infatti una performance del 177%, per evidenziare uno dei dati più eclatanti. Come spiega Evan Bauman, portfolio manager del Legg Mason ClearBridge Us Aggressive Growth Fund, «restiamo cauti sul mercato azionario statunitense, ovvero siamo certamente più prudenti rispetto a un anno fa e significativamente più prudenti rispetto a tre o quattro anni fa. Anche se la liquidità resta abbondante e le banche centrali mantengono politiche monetarie relativamente accomodanti, le società hanno in pancia un’elevata liquidità, benché in prevalenza ubicata all’estero». Secondo Bauman quel che conta non è la liquidità disponibile bensì la possibilità delle imprese di usare i bilanci per crescere; in altri termini conta l’accesso ai mercati finanziari e il ricorso ai bilanci nelle fasi di incertezza per operare acquisizioni e riacquistare azioni proprie. Inoltre, le valutazioni di mercato sono lontane dai livelli interessanti raggiunti in passato. «Esistono ancora settori e società convenienti, ma le opportunità di crescita scarseggiano sempre più e, cosa più importante, le quotazioni di alcuni segmenti di mercato stanno diventando un po’ eccessive. Credo che il 2014 sarà un anno all’insegna della selettività: detenere partecipazioni non basterà più, sarà molto più importante vedere cosa si detiene», prosegue Bauman, «penso che a chiudere l’anno positivamente saranno le società operanti in settori fondamentalmente solidi. Sono le aziende capaci di far aumentare il fatturato in quello che rimane uno scenario molto difficile per i mercati sviluppati e, ora, anche per quelli in via di sviluppo».

Alla fine del 2013 per il fondo Legg Mason ClearBridge Us Aggressive Growth Fund la maggiore esposizione settoriale in termini assoluti e la principale sovraesposizione riguardava il settore sanitario: «è una posizione che deteniamo da molto tempo, in particolare nelle società biotecnologiche che offrono trattamenti in grado di rispondere a esigenze sanitarie insoddisfatte in tutto il mondo. Abbiamo in portafoglio titoli quali Biogen Idec e Vertex Pharmaceuticals, oltre a società come Forest Laboratories, Isis Pharmaceuticals e ImmunoGen, dove rileviamo opportunità interessanti di crescita», spiega Bauman, aggiungendo che «sul fronte tecnologico non possediamo i grandi nomi del benchmark come Apple, Google, Cisco, Microsoft e Ibm. Siamo invece saldamente presenti nel settore delle soluzioni di archiviazione dati con società come SanDisk e Seagate, due aziende statunitensi dalle interessanti opportunità di crescita in questo segmento. Deteniamo, infine, una posizione rilevante nel settore dei beni di consumo voluttuari, di cui una quota importante riguarda emittenti via cavo e aziende multimediali statunitensi come Comcast, Cablevision e Liberty Media, nonché società attive nella programmazione come Amc Networks, Discovery Communications, Msg Networks e Starz Encore».

Un discorso a parte meritano i mercati emergenti, che negli ultimi 12 mesi sono stati penalizzati per la scelta della Fed di ridurre la politica espansiva. Una scelta che ha spinto gli investitori ad allontanarsi dagli asset considerati più rischiosi. In questo scenario hanno fatto eccezione i mercati di frontiera. Il fondo Sisf Frontier market ha registrato una performance del 29% a 12 mesi. Allan Conway, head of Emerging Market Equities di Schroders e co-gestore del fondo Schroders Isf Frontier Markets Equity, spiega infatti che «continuano a esserci convincenti ragioni strutturali a favore degli investimenti nei mercati di frontiera. I Paesi di frontiera sono nella fase iniziale di sviluppo economico e si prevede cresceranno a un ritmo superiore rispetto ai Paesi sviluppati e agli stessi Paesi emergenti tradizionali». Secondo Conway questo fattore, combinato con il processo di liberalizzazione dei mercati e l’espansione economica che li caratterizza, genera allettanti opportunità di lungo periodo. I mercati di frontiera presentano numerosi vantaggi competitivi che dovrebbero sostenere la crescita economica nel lungo periodo, come i trend demografici favorevoli, il basso costo del lavoro e la ricchezza di risorse naturali. Il motore di crescita strutturale dei Paesi di frontiera è peraltro meno dipendente dal mondo sviluppato. Secondo Coway questi vantaggi con ogni probabilità continueranno ad attrarre, di fronte a un contesto macroeconomico incerto, gli investitori alla ricerca di un’efficace diversificazione di portafoglio.

Per chi non è pronto a puntare direttamente sulle borse e preferisce dare carta bianca al gestore sono disponibili fondi bilanciati e flessibili che rispondono a questa esigenza. I campioni in questo settore? Tra i bilanciati vince Fonditalia global di Fideuram con una performance a tre anni del 32,6%. Renato Zaffuto, responsabile team di gestione Equity Fideuram Asset Management Ireland, continua a credere nelle azioni ma ritiene che la selezione dei titoli azionari stia diventando la componente sempre più importante nella performance di portafoglio: i segnali di una ripresa ciclica, anche se graduale, non mancano, così come sono ancora presenti elementi di fragilità. Tuttavia, dopo un decennio in cui le performance dei mercati azionari sono state molto basse a causa delle varie crisi creditizie e del basso livello di crescita economica, oggi si cominciano a vedere i primi segnali di ripresa. Le politiche monetarie non-convenzionali e ultra-espansionistiche di questi anni stanno aiutando finalmente a dare trazione alla ripresa economica e a stimolare la domanda del settore privato». Il team guidato da Zaffuto guarda in particolare ai temi legati alla ripresa della domanda per investimenti in beni durevoli nel mondo occidentale, essendo questa estremamente depressa da una prospettiva storica, e verso i settori più ciclici in generale.

Guarda con ottimismo ai prossimi mesi anche Bill Miller, portfolio manager del Legg Mason Capital Management Opportunity Fund (gruppo Legg Mason). Il gestore ritiene infatti sia possibile aspettarsi «di più» per il 2014 sul fronte dei rendimenti. Secondo Miller «la possibilità che il 2014 chiuda in negativo esiste, ma è alquanto improbabile. I ribassi sono quasi sempre frutto di una combinazione di tre elementi: picchi del prezzo del petrolio, recessione e irrigidimento della politica monetaria della Fed. Il prezzo del petrolio è calato nella prima parte del 2014, l’equilibrio domanda/offerta è tale che, salvo un significativo sconvolgimento sul fronte dell’offerta, il prezzo dovrebbe mantenersi generalmente stabile. All’orizzonte non si profila nessuna recessione e, inoltre, le stime sulla crescita economica sono di recente salite oltre il 3%, a seguito di dati economici superiori alle aspettative». La Fed ha infine annunciato l’intenzione di mantenere i tassi vicino allo zero per il prossimo anno e, pur ridimensionando il programma di acquisti obbligazionari, la Fed sta ancora iniettando liquidità sui mercati di capitali. Nel 2013 si sono intravisti i primi abbozzi di un passaggio generalizzato dell’asset allocation dall’obbligazionario all’azionario, assistendo a operazioni di riscatto nell’ambito dei comparti obbligazionari e, di contro, a flussi in entrata sui comparti azionari per la prima volta dopo anni. Ritengo che il trend proseguirà nel 2014, forse accelerando se nel più lungo periodo i tassi d’interesse dovessero salire insieme ai corsi azionari. Ciò potrebbe determinare un anno molto solido per il mercato azionario, coerentemente con il comportamento tenuto nei precedenti anni di rialzo».

Se per le azioni il sentiment appare ancora favorevole, per chi investe nei bond si prepara un periodo complesso. I gestori devono infatti investire in uno scenario di tassi bassi ma con un progressivo rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato americani. Eppure secondo Cosimo Marasciulo, responsabile mercati obbligazionari governativi di Pioneer Investments, non bisogna essere troppo pessimisti verso i bond: «In prima battuta il 2014 non si presenterebbe con le migliori condizioni per l’investimento obbligazionario in via generale, sia per il mancato sostegno degli acquisti della Fed sia per l’associazione storica fra crescita e inflazione. Tuttavia i motivi di incertezza non mancano mai e potrebbero spingere le autorità monetarie a mantenere intatte o, nel caso della Fed, protrarre il più possibile le politiche monetarie accomodanti». Secondo l’esperto di Pioneer, se negli Stati Uniti l’economia segna una buona crescita in Europa, e in particolare nell’area euro, sono ancora necessari stimoli monetari per cause sia interne sia esterne. Tra quelle esterne c’è l’aggravarsi dei problemi per l’area degli emergenti che, seppure originati in Paesi specifici, potrebbe allargarsi a macchia d’olio e coinvolgere paesi, come la Cina, impegnati in importanti riforme. «In questo scenario non dovrebbe venire accelerato il processo di normalizzazione delle politiche monetarie, neanche negli Stati Uniti dove l’inflazione rimane bassa a causa di spinte salariali praticamente assenti. Vi è poi una certa continuità nel vertice della Fed, per cui dovrebbe restare prevalente l’idea che l’effetto benefico della crescita del mercato azionario e immobiliare ha giocato un ruolo chiave nel sostenere la domanda, e che tutto questo beneficio potrebbe essere messo in discussione da un ritiro brusco di liquidità», aggiunge Marasciullo.

Secondo il gestore, per queste ragioni appare improbabile un aumento significativo dei rendimenti, anche di quelli a lungo termine, esattamente come avvenuto nelle passate fasi di ripresa. Anzi, non mancheranno cali dei rendimenti come ha dimostrato la tensione sui mercati emergenti già in questo primo scorcio dell’anno. «Suggeriamo di sfruttare ogni margine di volatilità nel breve e di adottare un approccio molto dinamico e nel contempo selettivo. Rispetto ad anni passati riteniamo che nel 2014 avrà rilevanza soprattutto una gestione attiva del rischio sui tassi di interesse, ottenuta attraverso continue variazioni della durata media finanziaria (duration, ndr) facendole assumere all’occorrenza anche un valore negativo», conclude Marasciullo.