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 2014  aprile 08 Martedì calendario

PERISCOPIO


In principio Renzi creò il cielo e la terra. Era un mercoledì. Jena. La Stampa.

Berlusconi sposerà la Pascale a giugno? Uno dei pochi casi in cui non dovrà corrompere i testimoni. Spinoza. Il Fatto.

La Bindi fece poco bene e molto male, ma il bene lo fece malissimo e il male lo fece benissimo. Antonio Martino. Il Giornale.

L’America ha abbandonato leali alleati come Mubarak nel momento del bisogno, mostrato indecisione in conflitti complessi e destabilizzanti come quello siriano, appoggiato i Fratelli Musulmani e i loro affini che dappertutto hanno dirottato o tentato di dirottare le primavere arabe. Il risultato è che un numero crescente di capitali mediorientali guardano adesso a Mosca, prima fra tutte il Cairo dove a metà novembre scorso sono sbarcati (dopo che Anwar El Sadat aveva allontanato i 20 mila consiglieri militari sovietici chiamati da Nasser) i ministri degli Esteri e della Difesa russi. Gli Stati Uniti di Obama cercavano proconsoli europei ai quali affidare quelle aree del Medio Oriente dalle quali hanno deciso di disimpegnarsi. Si sono presentate Francia e Inghilterra, ma a recuperare spazio sembra essere solo la Russia. Rodolfo Casadei. Tempi.

Con la globalizzazione si è ridotta la fame nel mondo ma si sono accentuate le diseguaglianze, soprattutto nei paesi ricchi, e poco importa che il motivo non siano le importazioni cinesi, ma piuttosto le nuove tecnologie che premiano chi ha studiato e penalizzano il lavoro non specializzato (negli Stati Uniti il salario orario di un lavoratore che ha smesso di studiare a 16 anni era, nel 1972, ai prezzi di oggi, di 15 dollari; è sceso a 11 nel 2006). Quello di un laureato è invece aumentato da 24 a 30 dollari l’ora. Prefazione di Francesco Giavazzi a, Liberi di scegliere di Milton & Rose Friedman. Ibl libri.

Scalfarotto ha chiesto l’ufficio dell’ex ministro Kyenge. Il nuovo sottosegretario appena messo piede nella stanza ha dato un’occhiata a scrivania, cassettiera, credenza con porte in vetro e suppellettili varie e ha ordinato: «Via tutto!». Ci voleva coraggio, perché non tutti avrebbero potuto infrangere, in un attimo, un sacrario dell’integrazione e delle pari opportunità. L’avesse fatto un sottosegretario del centrodestra, si sarebbe subito alzato qualcuno a puntare indignato il dito: «Cosa è, razzismo? Non poteva sedersi sulla stessa poltrona su cui si era poggiata la Kyenge?». Ma Scalfarotto ha la fortuna di essere immune da simili commenti idioti. Semplicemente il suo gusto fa a pugni con quello dell’ex ministra di origine congolese. Così, piazza pulita. Gran parte degli arredi personalizzati se ne erano andati con la stessa Kyenge, che se li era portati da casa. Sparite croci e crocifissi (naturalmente anche quello costruito con le barche degli immigrati sbarcati a Lampedusa). Non ci sono più i numerosi porta-fotografia, che ritraevano la ministra in compagnia autorevole. Portati probabilmente a casa anche la miriade di targhe, coppe, premi e premiolini che la piaggeria nazionale aveva assegnato alla ministra in questi mesi, facendola diventare scrittrice, giornalista, professoressa ad honorem. Il resto, piccola libreria compresa, è stato fatto fuori dai facchini di palazzo Chigi che sono andati a pescare nel magazzino gli arredi graditi da Scalfarotto e dal suo staff che si è insediato nelle stanze attigue. Franco Bechis. Libero.

Per fare uscire l’Europa dalla crisi ci vorrebbe anche un segnale netto della Bce, prestatore di ultima istanza. Se la Bce garantisse il debito, e, a un certo punto, dicesse che, secondo lei, lo spread italiano dovrebbe stare a 50 punti, ebbene si andrebbe a 50 punti. Ma la Germania si oppone, perché teme che gli stati spendaccioni del Sud ne approfittino, riprendendo le vecchie politiche di spesa. Ma noi potremmo offrire precise garanzie, come quelle di stabilizzare il rapporto debito/pil. Sergio Cesaratto, docente di economia all’università di Siena. Il Foglio.

«Oggi l’unico momento di visibilità del modo in cui viene realmente esercitato il potere sono rimaste le intercettazioni; solo le macchine (le microspie) ci consentono di ascoltare in diretta la vera e autentica voce del potere. Le intercettazioni sono rimaste l’ultimo tallone di Achille di un potere che, nel tempo, ha sempre più circondato di segreto il proprio operato». Se queste parole fossero state scritte a Pechino, sarebbero cose comprensibili a tutti. Il fatto grave è che esse sono state scritte da un procuratore generale (Roberto Scarpinato) e ciò avviene nel paese in cui l’articolo 15 della Costituzione proclama che «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili». Ludovico Festa. Tempi.

Squilla il telefono e sento: «Ola, come va? Parla Bergoglio. Qui a Roma mi hanno acchiappato e non mi lasciano tornare». Così Benei Tikva, rettore del Seminario rabbinico latino-americano di Buenos Aires, ricorda la telefonata dal suo amico Bergoglio subito dopo la sua nomina a Papa. Il Fatto quotidiano.

La segnaletica cambia, oltre che nelle foto anche nei trasporti. C’è una volontà diffusa, spesso inespressa, di facilitare l’accesso ai luoghi di detenzione. È la crisi, che nessuno ci ha ancora spiegato bene dove nasca e dove intenda arrivare. Il tasso finanziario è più pericoloso di quello alcolico, e i giudici in motocicletta sorvegliano il traffico. Massimo Buchi. il venerdì.

Ricordo che la sabbia di Itaca, a ottobre, aveva un materno tepore. Nella vegetazione vicino al molo un ibiscus, uno solo, di un rosso fiamma da Eden, è l’ultima immagine di Itaca, mentre ci allontaniamo segnando il mare di una scia schiumosa. Nella memoria, in questa sera di inverno, a Milano, Itaca è una luce, sulla cui realtà non giurerei. Troppo raggianti i colori, e troppo calmo il mare, per esser vero. Me ne resta poi lo strano pensiero di essere «tornata», e non andata. Come se Itaca fosse un porto in cui, partiti in un tempo immemorabile, dobbiamo di nuovo approdare. A 16 anni, non capivo; solo adesso so la mia Itaca, davvero. È l’abbraccio di mia madre quando ero bambina, e il sonno che mi precipitava addosso in un attimo, in una culla che non posso ricordare, è il prato in cui arrischiavo i primi passi. O forse prima, prima ancora? Forse l’abbraccio indicibile, che non posso immaginare. Marina Corradi. Avvenire.

Non ho mai estorto favori a una donna e nessuna è mai riuscita a estorcerli a me. Roberto Gervaso. Il Messaggero.