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 2014  aprile 08 Martedì calendario

LA BOLLA DEI DERIVATI FA ANCORA PAURA


Lo scandalo sul record mondiale dei derivati che grava sul debito pubblico italiano si arricchisce sempre più di nuovi capitoli. Già, perché se è vero che gli ultimi dati di Bankitalia sottolineano con soddisfazione che le passività potenziali dei bilanci pubblici si sono quasi dimezzati fra il 2012 e il 2013 passando da 1,6 a 0,9 miliardi, l’ultimo bollettino statistico dedicato da Via Nazionale alla finanza pubblica locale apre un più inquietante scenario sull’operatività complessiva della finanza pubblica locale in Italia. Specie se si considera un elemento fondamentale di questa nuova Tangentopoli: se è vero che almeno la metà della carta straccia acquistata da Comuni e Regioni (spesso dietro comp ensi off-shore sui quali sta ancora indagando la GdF) ha visto coinvolte secondo il Tesoro almeno la metà delle banche italiane, sui contratti ad alto rischio stipulati con gli istituti di credito esteri è calata finora la fitta nebbia della finanza speculativa. Un capitolo opaco, sul quale gli organi competenti dovrebbero accendere i riflettori a tutto campo. Tenendo presente che l’esplosione dei contenziosi provocati dagli enti locali a causa delle perdite provocate dai contratti siglati da assessori completamente a digiuno di swap e di alta finanza oltre a minare l’economia reale del Bel Paese ha finito con l’allungare il debito pubblico.

IL CONTENZIOSO Un groviglio di interessi che ha visto banche e persone legate alla politica arricchirsi mentre i cittadini venivano spremuti di tasse. Una buona parte di questi ricorsi legali dovrebbe essere ora affrontata in uno dei templi della finanza mondiale e cioè Londra. Resta il fatto, che è la stessa Bankitalia ad evidenziare nel supplemento al bollettino statistico che le informazioni relative alle operazioni in derivati finanziari elaborate dalla Vigilanza «rilevano solo i contratti con intermediari operanti in Italia». Questi dati, precisa il documento, «tengono conto solo delle operazioni di importo superiore alla soglia di censimento che dal gennaio 2009 è stata ridotta da 75 mila a 30 mila euro. Ciò, non rende confrontabile i dati del 2009 con quelli degli anni precedenti soprattutto con riferimento al numero di amministrazioni coinvolte».

LA TRASPARENZA Sempre stando al documento di Bankitalia che non manca di ammettere in modo trasparente i limiti delle proprie analisi («le informazioni fornite vanno quindi considerate come una stima per difetto dell’operatività dell’operatività complessiva»), vediamo che si osserva il numero degli enti pubblici che hanno ancora titoli derivati in portafoglio, il calo in un anno è stato di cinque in meno, cioè 172, di cui 11 regioni, 21 province 128 comuni. È da rilevare inoltre che dopo il divieto di firmare nuovi contratti tossici deciso dal governo nel 2008 per bloccare il default della nostra economia, il taglio è stato drastico considerando che all’epoca il numero della amministrazioni pubbliche coinvolte era di 474 con un valore di mercato negativo per 1,1 miliardi che aveva raggiunto una punta negativa di 1,6 nel 2012. Se analizziamo invece gli strumenti finanziari messi in atto dalle regioni coinvolte nell’indebitamento delle amministrazioni locali, vediamo che il Lazio è ai primi posti nel ricorso ai titoli emessi all’estero (2746) seguito dai 2143 emessi dalla Campania e ai 2105 del Piemonte. Sempre lo stesso Lazio figura ancora ai primi posti nella classifica dei prestiti erogati dalle Istituzioni Finanziarie Monetarie (IFM) non residenti (si parla di estero senza precisare sapere quali sono o se residenti a Londra, Francoforte o San Marino) mentre la nostra regione tocca il primo posto assoluto per i prestiti di IFM residenti e CdP Spa (Cassa Depositi e Prestiti). Sempre sommando gli strumenti finanziari utilizzati dalla Regione Lazio vediamo che dalla sommatoria delle operazioni effettuate nel 2013 figurano 18.123 interventi rispetto ai 19.397 del 2008.

IL BUCO Intanto, mentre il Governo Renzi e il ministro Padoan sono alle prese con i tagli selettivi della spending review (dai 3,5 a 5/6 miliardi secondo le indicazioni di Carlo Cottarelli) non sono molti a ricordare che ad oltre 5 anni dal crac finanziario del 2008 sul debito pubblico italiano grava ancora il record mondiale dei derivati. Una serie di inchieste delle Fiamme Gialle in tutta Italia, Lazio compreso, ha già portato alla luce il più grave dissesto finanziario pubblico dall’Unità d’Italia se si considera che già nel 2010 il maggiore quotidiano italiano scriveva che «l’esposizione lorda da parte del sistema finanziario sulla Repubblica Italiana (pari a 235 miliardi di dollari) è salita in un anno di 75 miliardi ed è pronto ad esplodere».

LE SOLUZIONI Lo scandalo, in grado di far impallidire Tangentopoli (se si pensa ai riflessi legati alle stesse vicende del salvataggio del Monte dei Paschi e ai conseguenti balletti sull’Imu) vede i Credit Default Swap, i derivati di assicurazione sul debito pubblico italiano raggiungere una esposizione di 25,3 miliardi con un volume di oltre venti volte superiore al debito pubblico Usa dell’epoca. Ad oggi, non è dato sapere con esattezza a quanto ammonti il debito esatto contratto dagli enti locali con i fondi di investimento ad alto rischio, ma quello che è certo è che gli scandali finanziari delle Regioni (anche quelli legati alle spese «allegre» dei consiglieri) sono riuscite,come mai era accaduto, a creare un distacco carico di rabbia degli italiani nei confronti della classe politica. Fino al punto che la Riforma del titolo quinto della Costituzione con il ritorno delle competenze allo Stato centrale, rappresenta una delle priorità ineludibili che il Governo Renzi dovrà affrontare.