Stefano Filippo, Il Giornale 8/4/2014, 8 aprile 2014
L’ALTRO PRODI SFIDA RENZI «SE NON MI VUOLE, MI CACCI»
Lui, Romano, lotta (segretamente) per non essere tagliato fuori dalla futura corsa per il Quirinale. L’altro, Vittorio, combatte (apertamente) per non essere fatto fuori dalla imminente corsa per Bruxelles. Entrambi professori, entrambi ben piantati nei palazzi del potere europeo. I fratelli Prodi non mollano mai, soprattutto in tema di poltrone. Finora l’accoppiata ha funzionato.Romano, l’economista,ha fatto da traino e Vittorio, il fisico, ha sfruttato la scia come un ciclista: d’altronde le due ruote sono la grande passione dell’ex presidente del Consiglio. Ma adesso i fratelli condividono le difficoltà e la loro gara, nell’anno primo dell’era renziana, è tutta in salita. Vittorio compirà a maggio 77 anni; per Romano ad agosto saranno 75. L’età della pensione è scoccata da un pezzo per entrambi, e non si può dire che non se la siano meritata. Uno ha presieduto l’Iri, ha fatto il ministro e il premier, ha guidato la Commissione europea, ha fondato Nomisma e si è inventato l’Ulivo, e adesso si perde il conto delle consulenze e delle presenze ai vertici di organismi internazionali. L’altro è docente universitario di fisica, ha guidato per quasidieci anni la Provincia di Bologna e dal 2004 è parlamentare europeo; è stato presidente dell’Azione cattolica di Bologna e ha quattro figli maschi cui ha imposto i nomi degli evangelisti: Luca, Marco, Matteo e Giovanni. Il terzo è parroco a Ponte Ronca di Zola Predosa, alle porte del capoluogo.
Vittorio Prodi è un gran lavoratore, tra i deputati più assidui ai lavori dell’Europarlamento, gran tessitore di accordi e mozioni sui cambiamenti climatici e contro l’utilizzo dell’energia nucleare. Vorrebbe restare a Bruxelles. Ma Renzi non sembra dello stesso parere. Il rottamatore vorrebbe che venisse rispettato il tetto dei due mandati perché nel collegio Nordest devepiazzare gli ex ministri Zanonato, De Castro e Kyenge, e deve aggiungere qualche altro nome di sua fiducia, facce più nuove diquella di un professore di fisica prossimo agli 80 anni la cui carriera politica si è svolta tutta all’ombra del fratello minore.
Secondo voci raccolte da Italia Oggi , i nuovi dirigenti renziani del Pd emiliano-romagnolo hanno sondato il clan prodiano per capirne gli orientamenti. La risposta di Vittorio è stata secca: se non mi volete, cacciatemi. La sua collocazione politica non è ben chiara. Alle primarie Romano non si è schierato esplicitamente per Renzi. La sua storica portavoce, l’onorevole Sandra Zampa, è tra i civatiani. Prodi senior, invece, qualche mese fa era stato catalogato tra i renziani perché, con altri cinque eurodeputati vicini al segretario, aveva contribuito a bocciare una mozione contro l’omofobia. Sui temi bioetici egli non transige: ha criticato il fratello «cattolico adulto», di manica più larga sulla sperimentazione degli embrioni, e anni fa combinò un colloquio notturno tra Franco Grillini e un sacerdote bolognese sperando che il leader dell’Arcigay si convertisse.
Ma Vittorio ha anche precorso le scelte europee di Renzi perché è passato da tempo dal gruppo liberaldemocratico ai socialisti di Martin Schulz. Insomma, lui ritiene di avere le carte in regole per la riconferma: aderisce al Ppe, lavora come un matto, ha un cognome«pesante».Invece sarà dura. Oggi gli eurodeputati del Pd al Nordest sono quattro: Luigi Berlinguer, l’ex segretario democratico bolognese Salvatore Caronna, Debora Serracchiani e appunto Prodi. Caronna, uomo di apparato alla prima legislatura, non si tocca e De Castro sarà capolista. Aggiungi Kyenge e Zanonato e il poker è servito. Per Vittorio non c’è posto.
E poi, nella mente di Renzi, se c’è un Prodi da tenersi buono si chiama Romano, soprattutto nella prospettiva del Quirinale. Se si alzeranno proteste, qualcuno potrebbe sempre ricordare a Vittorio che il suo nome compare tra i politici finanziati da Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita arrestato in un’inchiesta sui rimborsi elettorali del partito confluito nel Pd. Nel 2009, quando fu rieletto a Bruxelles in «quota Bindi», Vittorio Prodi ottenne da Lusi circa 18mila euro per saldare fatture di alberghi, ristoranti e tipografie.