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 2014  aprile 08 Martedì calendario

“DRIBBLO LO STRESS CON DAN BROWN”


Giorgio Chiellini ha una predisposizione per i contrasti. Non solo quelli che impone con irruente strapotere atletico all’attaccante di turno. È il suo stesso modo di presentarsi, fuori del campo, a contrastare con l’immagine che offre di sé quando indossa la maglia numero 3 della Juventus. Al posto del gorilla (un po’ Tarzan, un po’ gorilla) che si batte i pugni sul petto quando invece di sventare i gol gli capita di segnarne uno (e gli capita, gli capita...), un ragazzone compito, educato, che parla a voce bassa. Difensore fortissimo, tra i migliori al mondo, si è distinto anche nello studio, conseguendo la laurea triennale in Economia con la ragguardevole votazione di 109/110. Ora si cimenta nella scrittura, assistito dalla penna di Pierangelo Sapegno, e sforna un libro su un mito intramontabile del calcio: C’è un angelo bianconero. Il mio maestro si chiama Scirea (Mondadori).

Perché proprio Scirea?
«Io sono sempre stato un po’ scettico sull’entrare nel mondo dell’editoria. Quando mi è stato proposto questo libro, però, l’ho trovato qualcosa di diverso e di unico. Perché il protagonista è un personaggio che ha fatto la storia della Juventus e che viene ricordato non solo per quanto ha dimostrato in campo, ma per la persona che era. Una figura che ancora è presa a esempio da tante persone che hanno avuto la fortuna di conoscerla. Io quando è morto, nell’89, ero un bambino, avevo cinque anni: non sono neanche riuscito a vederlo giocare. Lo conosco attraverso gli altri».
Dopo la laurea breve, a che punto è con gli studi?
«Sto finendo la magistrale, mi mancano quattro esami. Penso di concludere tra la fine del 2015 e il 2016. Faccio tutto con i miei tempi, preferisco aspettare un po’ di più ma essere superpreparato. Non sto dando tantissimi esami, ma quelli che do li do bene».
Quanto tempo dedica allo studio?
«Dipende dagli impegni. Il momento in cui studio con più profitto è durante i ritiri: quello è il tempo che posso dedicare solo a me stesso, senza fare altro, perché abbiamo orari molto scanditi e siamo serviti e riveriti. Poi chiaramente l’ultimo periodo prima dell’esame mi chiudo a casa come penso tutti gli studenti quando si avvicina il test… Da noi si dice: si fa un’imbuzzata».
Resta il tempo per leggere?
«Sì, lontano dagli esami. Leggere non è impegnativo come studiare, quindi può capitare che prima di andare a dormire o in situazioni in cui magari non ho quella forza mentale di riuscire a concentrarmi…».
Che cosa legge?
«Sono appassionato di gialli, di thriller. Ho cominciato più di dieci anni fa con Allan Folsom, quello della Regola di Machiavelli. Da ragazzo, al liceo, non leggevo tantissimo. A scuola vivi il libro come un’imposizione. È stato Folsom a darmi la spinta. Era quasi una droga, non riuscivo a smettere, perché c’erano sempre dei colpi di scena, la storia ti portava ad andare avanti. E sono libri di quasi mille pagine, eh! Veramente volati».
Poi?
«Poi ho letto tutto Dan Brown, ultimamente Glenn Cooper. Tra gli italiani mi è piaciuto molto Tu sei il male di Roberto Costantini».
Camilleri, il commissario Montalbano?
«Camilleri l’ho letto. Scorrevole. Ma preferisco altre cose».
Legge prima delle partite?
«Sinceramente, alla vigilia studio anche volentieri, non mi pesa, anzi mi aiuta a rilassarmi. Il giorno della partita invece penso essenzialmente alla partita, non riesco a fare altro».
Cosa è meglio per distendersi, prima di un match importante: lo studio, la lettura, un film, la musica, i videogiochi…?
«I videogiochi no di sicuro, perché non rilassano ma eccitano. Dipende un po’ dal momento, da come ci si sente: quando ho più energie e voglia di concentrarmi studio, quando ne ho di meno leggo, e quando non ho voglia nemmeno di leggere magari mi guardo un film, anche se guardo di più le serie tv, che sono più brevi e più compatibili con i tempi del ritiro».
Anche altri calciatori leggono?
«Molti. Sì sì. Durante i viaggi, specie quelli lunghi, capita spesso di veder leggere libri, sia cartacei sia digitali. Ce n’è un sacco, sia in squadra sia in Nazionale».
Qualche nome?
«Mah... Padoin, Barzagli, per esempio, sono buoni lettori».
Che cosa leggono?
«Di base, gialli anche loro. Poi un po’ variano, ogni tanto ci confrontiamo su qualche libro, ci diamo consigli».
Frequenta le librerie o compra su Internet?
«Se sono in giro, può capitare che passi alla Feltrinelli, perché è vicina a casa mia. Se no ordino su Amazon, ogni tanto anche in versione digitale».
Quanti libri in un anno?
«Leggo tantissimo durante le vacanze, ma tanto tanto. Soprattutto quando sono al mare. La mia fidanzata si arrabbia perché mi eclisso…».
È la prerogativa delle fidanzate, quella di arrabbiarsi…
«Eh eh… Sì, penso che sarà così un po’ per tutti…».
Come sceglie le sue letture? Recensioni, consigli di amici?
«Cerco le recensioni su Internet. Ma se capita qualche consiglio, lo accetto molto volentieri».
I libri dei suoi compagni li hai letti? Quello di Del Piero, quello...
«... di Gigi, di Pirlo, del mister... Li ho letti per curiosità, e anche per vedere come riuscivano a trasmettere le cose vissute - perché poi io ero un lettore privilegiato, nel senso che tante situazioni avevo avuto la fortuna di viverle assieme a loro. Secondo me è un filone molto bello, quello dei libri degli sportivi. L’unico problema è che sono rese meglio le emozioni un po’ più lontane. Forse quelle vicine sono troppo fresche. Si dovrebbe scrivere alla fine della carriera, quando però, magari, non sei più popolare come nei momenti migliori. Bisognerebbe trovare un compromesso».
Libri di autori che incrociano il mondo del calcio, come Soriano, Montalbán, Arpino?
«No, non li conosco. Però c’è un libro di Faletti che ho letto - li ho letti tutti - che parla di calcio: Tre atti e due tempi
. Lui è un grande tifoso juventino».
Ha già pianificato le prossime letture?
«No, ma sicuramente il periodo lo so: quello dei Mondiali, in ritiro con la Nazionale. Per adesso attendo la primavera, quando di solito ci sono delle nuove uscite».
Le viene in mente qualcosa se dico Edgar Rice Burroughs?
«Scusi...?».
Burroughs, l’autore di Tarzan.
«Ah, per il gesto del gorilla... È nato con gli amici, per trovare un’esultanza originale, che fosse un po’ caratteristica del mio modo di stare in campo».
Perché all’università ha scelto Economia?
«Innanzitutto perché è una delle poche facoltà che non richiede l’obbligo di frequenza. E poi perché le materie in cui riuscivo meglio erano quelle matematiche e non certo quelle letterarie».
Che cosa le piace della matematica?
«Bene o male, la certezza: che alla fine, tramite regole, formule, equazioni, si riesce sempre, quasi sempre, a trovare un risultato. Alla fine il risultato lo tiri fuori».
Lo scudetto 2013-14, il 32° sul campo, è matematico?
«No, purtroppo no. Ci sono ancora un po’ di variabili…
Diciamo allora che è «letterario»?
«Purtroppo è ancora troppo letterario. Speriamo di far sì che diventi molto più matematico che letterario».