9 marzo 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - GRILLO VUOLE LA SUDDIVISIONE DELL’ITALIA
REPUBBLICA.IT
MICHELA SCACCHIOLI
ROMA - "Basta Roma, torniamo alla Repubblica di Venezia e alle Due Sicilie". Nel bel mezzo del repulisti interno al M5S (una partita, quella dei dissidenti da epurare il prima possibile, che Gianroberto Casaleggio intende chiudere entro le elezioni europee), Beppe Grillo strizza l’occhio alla Lega Nord. Al ritmo (ormai pressoché consolidato) di un’uscita al giorno, il fondatore e leader del Movimento oggi torna a scrivere sul proprio blog utilizzando temi storicamente cari al Carroccio. Tipo: l’Italia è "un’arlecchinata di popoli, di lingue e di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme". Una saldatura sul secessionismo che non dispiacerà affatto alla Lega Nord e su cui sarà il Pd a chiosare: "Ormai le tenta tutte".
"E’ chiaro - si legge sul sito web di Grillo - che l’Italia non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti. Le Regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino. Una pura rappresentazione senza significato". Secondo Grillo, "per far funzionare l’Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle Due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l’annessione della Lombardia alla Svizzera, dell’autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige alla Francia e all’Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene. E se domani...".
Nel mirino finiscono tutto e tutti, Giorgio Napolitano e Matteo Renzi in primis: "E se domani - scrive infatti Grillo - quello che ci ostiniamo a chiamare Italia e che neppure più alle partite della Nazionale ci unisce in un sogno, in una speranza, in una qualunque maledetta cosa che ci spinga a condividere questo territorio che si allunga nel Mediterraneo, ci apparisse per quello che è diventata? La Bosnia - prosegue il post - è appena al di là del mare Adriatico. Gli echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti. E se domani i veneti, i friulani, i triestini, i siciliani, i sardi, i lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della nazione e un imbarazzante venditore di pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all’estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche".
La reazione del Carroccio si fa attendere solo qualche ora. A commentare le parole del ’garante’ dei Cinque Stelle è il segretario Matteo Salvini che ’apre’ all’ipotesi di una battaglia comune: "Non vorrei - dice il numero uno della Lega - che essendo in difficoltà, Grillo inseguisse la Lega", ma se da lui non ci saranno "solo parole", fra M5s e Lega "sarà una battaglia comune". Salvini chiede poi a Grillo di sostenere sin da ora il referendum per l’indipendenza del Veneto.
POST DI GRILLO OGGI
E se oggi... i post del blog fossero commentati per i loro contenuti e non con fantasiose e interessate valutazioni. E se oggi... gli Stati federali esistono ovunque e funzionano, come gli Stati Uniti e la Svizzera. E se oggi... accorpare le Regioni in cinque macroregioni omogenee può migliorane il loro funzionamento e diminuire i costi e gli sprechi. E se oggi... distribuire più poteri gestionali alle macroregioni non significa secessione. E se oggi... un’Italia federale può mantenere comunque poteri centrali come gli Esteri e la Difesa. E se oggi... decentrare può servire a disinnescare spinte di disgregazione dello Stato che sono già in atto...
POST DI GRILLO IERI
E se domani, alla fine di questa storia, iniziata nel 1861, funestata dalla partecipazione a due guerre mondiali e a guerre coloniali di ogni tipo, dalla Libia all’Etiopia. Una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa. Percorsa da atti terroristici inauditi per una democrazia assistiti premurosamente dai servizi deviati(?) dello Stato. Quale Stato? La parola "Stato" di fronte alla quale ci si alzava in piedi e si salutava la bandiera è diventata un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti. E se domani, quello che ci ostiniamo a chiamare Italia e che neppure più alle partite della Nazionale ci unisce in un sogno, in una speranza, in una qualunque maledetta cosa che ci spinga a condividere questo territorio che si allunga nel Mediterraneo, ci apparisse per quello che è diventata, un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme? La Bosnia è appena al di là del mare Adriatico. Gli echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti. E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all’estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche. E se domani, invece di emigrare all’estero come hanno fatto i giovani laureati e diplomati a centinaia di migliaia in questi anni o di "delocalizzare" le imprese a migliaia, qualcuno si stancasse e dicesse "Basta!" con questa Italia, al Sud come al Nord? Ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe. E’ ormai chiaro che l’Italia non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti. Le regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino. Una pura rappresentazione senza significato. Per far funzionare l’Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l’annessione della Lombardia alla Svizzera, dell’autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige alla Francia e all’Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene. E se domani...
PEZZO DI POLITO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
Vent’anni dopo Bossi, Beppe Grillo ha scoperto la secessione. Non solo quella della Padania dall’Italia: la secessione di tutti da tutti. Sarebbe bello — scrive sul suo blog — se si tornasse alla Repubblica di Venezia e al Regno delle Due Sicilie, così smetteremmo di essere schiacciati dalla burocrazia e ci riprenderemmo la nostra sovranità monetaria. Non è insomma una proposta di cambiare il nostro sgangherato federalismo regionale con le «macroregioni», cosa che avrebbe anche senso. È proprio l’idea di spacchettare l’Italia e in sostanza di mettervi la parola fine: «L’Italia è un’arlecchinata di popoli che non ha più alcuna ragione per stare insieme», sanziona l’uomo che fino a ieri la voleva difendere dall’invasione degli stranieri immigrati.
Il progetto presenta qualche problema pratico. Per esempio: che se ne farebbe un Regno delle Due Sicilie della sovranità monetaria? Oppure a chi diamo Roma e il Lazio nel caso, più che probabile, che papa Francesco rifiuti di ricostituire lo Stato Pontificio? Oppure come ridare a Venezia il controllo dell’Egeo. Ma queste non sono domande da farsi. Quella di Grillo è solo un’uscita elettorale, e lo sa anche lui, e altre ne verranno man mano che si avvicinano le europee, che appaiono sempre più come l’ultima spiaggia di un Movimento 5 Stelle diviso e frastornato.
Ciò non toglie però che un senso politico ce l’abbia, questa conversione leghista di Grillo. E sta nel possibile saldarsi, in chiave anti-europea, dei vari populismi vaganti per l’Italia. Prova ne sia la corsa di Matteo Salvini all’inseguimento di Grillo (un errore tattico che il vecchio Bossi non avrebbe mai fatto, regalare la propria bandiera all’avversario). Ma a differenza del resto d’Europa, per esempio la Francia della Le Pen, dove la marea anti-Bruxelles è almeno fieramente nazionalista, il nostro populismo vorrebbe scindere l’Italia dall’Europa per poi scinderla ulteriormente al suo interno. Non ha molto senso, nemmeno per un movimento secessionista. Quelli veri, come dimostrano i casi catalano e scozzese, sono invece europeisti, e per ovvie ragioni: perché più piccola è una patria e più ha bisogno dell’Europa.
Eliminare l’Italia per eliminare i problemi dell’Italia è un’idea che ha comunque una sua vis comica, e in quanto tale sarà probabilmente al centro della prossima tournée di Beppe Grillo.
Antonio Polito
PEZZO DI MARCO CREMONESI SUL CORRIERE DELLA SERA
MILANO — «E se domani...». Sembra Mina, e invece è Beppe Grillo. Che fa il suo mestiere e dunque spiazza con un post che fa trillare di gioia leghisti come il segretario Matteo Salvini e il governatore Roberto Maroni.
Sul blog del leader 5 Stelle, l’intervento è accompagnato da un’immagine dell’Italia divisa in Ducato di Savoia, Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Stato della Chiesa, Regno di Napoli, Regno di Sicilia e via elencando gli Stati storici prima (molto prima) dell’Unità. E il tema del post è proprio il ritorno all’antico, dividendo il Belpaese. Perché quella iniziata dopo il 1861 è «una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa». E lo Stato è diventato «un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti».
Ma se domani, cosa? «E se domani (l’Italia) ci apparisse per quello che è diventata, un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme?». E se domani questi popoli non sentissero più alcuna «necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore di pentole si atteggia a presidente del Consiglio?». Di più: «E se domani qualcuno si stancasse e dicesse “Basta!” con questa Italia, al Sud come al Nord?». Secondo il post grillino, «ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe».
Ma la parte che è musica d’arpa per le orecchie leghiste deve ancora arrivare. Eccola qui. Premesso che «le regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino», per far funzionare lo Stato «è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie».
L’ammiccamento alle camicie verdi — con i quali già si condivide la battaglia contro l’euro — è esplicito, la scelta lessicale non è equivocabile: le macroregioni sono un’invenzione di Gianfranco Miglio, rilanciate da Roberto Maroni al congresso che lo elesse segretario. Ad ogni modo, Grillo conclude la sua profezia: «E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l’annessione della Lombardia alla Svizzera, dell’autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige alla Francia e all’Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene».
Matteo Salvini, il segretario padano, non lascia cadere la palla. Ma parte piano: «Non vorrei che essendo in difficoltà, Grillo inseguisse la Lega». Poi, però, rompe le cautele: se dal leader stellato non ci saranno «solo parole» fra i due movimenti «sarà una battaglia comune». Poi, Salvini pretende di vedere le carte: «Se è coerente, Grillo sosterrà subito il referendum per l’indipendenza del Veneto e quando in Lombardia chiederemo lo statuto speciale ci sosterrà». Ma il post è piaciuto anche a Maroni. Che twitta: «Opinioni contrastanti sulle dichiarazioni “leghiste” di Grillo. Da non sottovalutare, ne rituitto alcune».
Ma nel Movimento? Come è stata presa la fuga in avanti del leader? Vincenzo Santangelo, da Trapani, è il capogruppo al Senato. Ed è cauto assai: «Fa parte del linguaggio del blog, che deve anche provocare». Sì ma lei sogna il ritorno alle Due Sicilie? «È lei che deve leggere tra le righe. È vero che oggi l’Italia è slegata, il post è un modo per dire che forse prima si stava meglio». Insomma, non si sta preparando alla battaglia indipendentista? «Siamo oltre, ma non così oltre... ».
Marco Cremonesi