Marco Mathieu, la Repubblica 9/3/2014, 9 marzo 2014
LULA: «SUI MONDIALI NESSUN RITARDO. BATTISTI? GIUSTO NON ESTRADARLO»
«La mia è una promessa: sarà il miglior Mondiale di sempre, l’unico rischio che corriamo è di non vincerlo sul campo». Ride Luiz Inàcio “Lula” da Silva, 68 anni, ex presidente del Brasile (dal 2003 al 2011), seduto nello studio all’ultimo piano dell’edificio che ospita l’Instituto Lula. Indica il planisfero appesa alla parete, disseminato di puntine colorate: «Sono i luoghi che ho visitato in questi anni». Prossima tappa, l’Italia. «Arrivo domani, invitato a Milano dalla Pirelli per una conferenza. Era previsto anche un incontro con il companheiro Renzi, che nel frattempo è diventato primo ministro: andrò a Roma per vederlo».
L’ultima volta, nel 2008, a riceverla c’era Berlusconi.
«Che personaggio...», sorride. «Mi fece trovare i calciatori brasiliani del Milan: da Kakà a Ronaldinho. E ripeteva di aver fatto molto più lui della sinistra, per gli italiani».
Poi, il caso Battisti: ancora convinto che sia stato giusto negare l’estradizione?
«Sì, mi sono semplicemente rimesso alla decisione della giustizia brasiliana. E lo rifarei: ogni Paese deve rispettare le regole degli altri Paesi».
Cosa pensa delle difficoltà economiche dell’Italia?
«Avete tutti gli strumenti per riprendervi e tornare a crescere, senza intaccare il sistema di previdenza sociale conquistato in decenni di lotte dei lavoratori».
La crisi ha messo in dubbio anche questo.
«In passato l’Occidente aveva sempre soluzioni da suggerire ai Paesi dell’America Latina in difficoltà. All’improvviso, quando la crisi ha colpito l’Europa, nessuno aveva più soluzioni. C’è stata una mancanza di leadership politica: mettendo in pratica le decisioni prese nel 2009 durante le riunioni del G20 si sarebbe potuto evitare che la crisi colpisse così duramente i lavoratori».
Nel frattempo Lei ha affrontato una grave malattia.
«Il cancro è qualcosa che pensi possa toccare agli altri, ma non a te. Per me è stato uno shock e ancora di più sapere che un’operazione avrebbe messo a rischio le corde vocali: la voce per me è preziosa, la mia arma in decenni di lotta politica. Ho scelto di sottopormi a cicli intensi di chemioterapia, soffrendo tanto. E mi sono ripreso. Questa esperienza mi ha cambiato profondamente: grazie al tumore ho imparato a capire, ad apprezzare di più gli altri. E ad amare davvero la vita, che è meravigliosa».
Tornando al Mondiale: tra ritardi e polemiche c’è chi dice abbiate fatto “il passo più lungo della gamba”.
«Il Brasile uscirà irrobustito da questo evento. Certo, alcune opere e infrastrutture verranno completate in seguito. Problemi di traffico? Questa è l’America Latina e poi ditemi dove non c’è traffico...».
Si annunciano nuove proteste...
«In una vera democrazia la gente può manifestare e io, con la mia storia personale non posso condannare le proteste. Ma qui in 11 anni sono stati creati 21 milioni posti di lavoro, 36 milioni di persone sono uscite dallo stato di povertà estrema, 42 milioni sono entrati nella classe media, è più che raddoppiato il numero degli studenti iscritti all’università. L’ascensore sociale ha funzionato. Ma ora i brasiliani vogliono di più, giustamente. Questa è l’effervescenza della nostra società: la democrazia non è un patto del silenzio, ma l’evoluzione alla ricerca di cose migliori».
Cosa risponde a chi parla di fragilità economica brasiliana?
«Sono io a chiedere: Cina a parte, dal punto di vista macro-economico quale altro Paese è riuscito a creare le condizioni di crescita del Brasile? I nostri critici vorrebbero che diminuissimo i posti di lavoro per ridurre l’inflazione. Ma per noi la difesa dell’occupazione è più importante dell’inflazione».
Fino a poco tempo fa il mondo guardava ammirato alla vostra crescita.
«Il Brasile è stato trattato come un ragazzo tra gli adulti. Con simpatia. Poi il ragazzo è diventato grande e ha iniziato a competere sui mercati, ad assumere posizioni internazionali importanti, ad avere un ruolo nella mediazione con l’Iran. Ed ecco che il Brasile viene guardato con fastidio...».
Nella sua storia personale, dall’estrema povertà dell’infanzia alla presidenza del Brasile, quale è stata la figura di riferimento?
«Mia madre, morta nel 1980 mentre ero in carcere per le mie lotte sindacali. Non avete idea di quanto avrei voluto che vedesse ciò che ho realizzato: lei, analfabeta, allevò da sola otto figli con un senso di giustizia che dovrebbe essere d’esempio per ogni politico. Non si può governare un Paese solo con la razionalità degli economisti. Devi avere un cuore grande, come quello di una madre».
Con quale leader mondiale si è trovato più in sintonia?
«Ho un buon carattere: vado d’accordo con tutti», ride. «Avevo un bellissimo rapporto anche con Bush».
E Obama?
«Poteva essere migliore: credo che Obama dovrebbe avere più attenzioni per l’America Latina».
Il continente da dove arriva Papa Francesco.
«Non l’ho ancora incontrato, ma ha tutta la mia stima per l’attenzione nei confronti dei poveri: affinché non siano più trattati solo come numeri e diventino protagonisti attivi della storia».
Intanto in Venezuela le proteste vengono represse nel sangue.
«Il Paese vive un periodo di turbolenza: non è facile sopravvivere alla perdita di un leader come Chavez e credo che Maduro abbia sbagliato a non fare di più per avviare il necessario dialogo con l’opposizione».
Il Brasile investe molto anche a Cuba: con quali obbiettivi?
«Cuba è vittima da più di 50 anni di un embargo inaccettabile da parte degli americani: investiamo per contribuire al processo di apertura politica avviato dai cubani».
Il 2014 è cruciale per il Brasile: dopo i Mondiali, a ottobre si vota per le presidenziali. Potrebbe ricandidarsi?
«No, sostengo la mia companheira Dilma Rousseff. Poi, non posso escludere nulla: la politica è imprevedibile. Ma la natura è implacabile: nel 2018, per le elezioni successive, avrò 72 anni».
Prima dei saluti finali ci richiama e aggiunge, serio: «Sia chiaro che Battisti non è un nostro amico: abbiamo soltanto rispettato la decisione dei giudici».
Farete lo stesso per Pizzolato (arrestato in Italia e ricercato dal Brasile che ne ha chiesto l’estradizione perché condannato nel processo per lo scandalo del
mensalao)?
«Certo, la volontà della giustizia italiana verrà rispettata».
Poi torna a sorridere e dice: «Mi raccomando: non fate scherzi al Mondiale, non portate qui un altro Paolo Rossi, il nostro incubo dal 1982».