Sergio Romano, Corriere della Sera 9/3/2014, 9 marzo 2014
Nel Corriere del 15 febbraio leggo che secondo un nuovo libro, apparso recentemente, il tesoro di Montecassino è stato salvato dal generale tedesco Frido von Senger
Nel Corriere del 15 febbraio leggo che secondo un nuovo libro, apparso recentemente, il tesoro di Montecassino è stato salvato dal generale tedesco Frido von Senger. Non capisco dove sia la «scoperta», dal momento che lo stesso generale ne aveva già parlato sinteticamente ma chiaramente a pag. 285 - nel suo libro «La guerra in Europa». Calogero Chinnici kalkinni@tiscali.it Caro Chinnici, U na premessa per il lettore. Quello che noi chiamiamo «il tesoro di Montecassino» non comprendeva soltanto il patrimonio artistico, liturgico e bibliografico dell’Abbazia. Come scrive Francesco Perfetti nella sua prefazione a I misteri dell’Abbazia di Benedetta Gentile e Francesco Bianchini (Le Lettere, Firenze), erano stati trasportati a Montecassino, nei mesi precedenti, anche una parte del Tesoro di San Gennaro, la grande collezione numismatica di Siracusa e altre opere provenienti da musei e chiese dell’Italia meridionale. Nelle memorie di Frido von Senger und Etterlin, pubblicate da Longanesi nel 2002, la vicenda del tesoro di Montecassino, come lei ricorda, occupa poche righe. Il generale scrive di avere appreso che l’incarico del salvataggio era stato affidato alla divisione Hermann Göring e aggiunge: «Inoltre seppi che il convoglio carico di oggetti preziosi si era messo in marcia da Roma in direzione nord. Così decisi di intervenire ed ebbi successo: il convoglio venne fermato all’altezza di Spoleto e ricevette l’ordine di raggiungere il Vaticano». Ma questa affermazione, già presente nell’edizione tedesca del 1960, non aveva ancora interamente convinto il mondo degli storici. I veterani della divisione Göring continuavano a rivendicare il merito del salvataggio, gli abati di Montecassino non smentivano e un tenente colonnello della divisione, Julius Schlegel, incaricato dell’operazione, aveva ricevuto pubblici ringraziamenti e certificati di riconoscenza. Sembra che lo stesso Schlegel, prima della sua morte nel 1958, avesse chiesto ai monaci l’apposizione di una targa in suo onore. La richiesta non fu accolta, ma la «versione Göring» continuò a godere di un certo credito. Il libro di Gentile e Bianchini rende onore a von Senger. Negli archivi dell’Imperial War Museum di Londra, gli autori hanno trovato, fra le carte depositate dalla figlia del generale nel 2007, un lungo memorandum sull’operazione e una dichiarazione giurata da cui risulta che le reali intenzioni della Divisione Göring non erano quelle proclamate, forse in buona fede, dal colonnello Schlegel. Letto da alcuni studiosi, il memorandum è parso credibile. Gli storici dell’arte, dal canto loro, sanno che il maresciallo dell’aria Hermann Göring, durante la guerra, usò la «sua» divisione per soddisfare un notorio, pantagruelico, insaziabile appetito di capolavori. In qualche caso comprava in dollari, sia pure a prezzi di favore; in altri alimentava la propria collezione con le razzie del corpo militare su cui sapeva di potere contare.