Massimo Sideri, Corriere della Sera 9/3/2014, 9 marzo 2014
Bitcoin. Non si sa chi li abbia inventati al netto di qualche sospetto sul padre degli smart contract, Nick Szabo, che potrebbe essere il fantomatico sviluppatore Satoshi Nakamoto
Bitcoin. Non si sa chi li abbia inventati al netto di qualche sospetto sul padre degli smart contract, Nick Szabo, che potrebbe essere il fantomatico sviluppatore Satoshi Nakamoto. Ma si sa chi ci guadagna. I Signori dei bitcoin sono quattro, anzi cinque se consideriamo anche l’anonimo che si nasconde dietro alla piattaforma BTC-e. Il più famoso in questo momento è il bancarottiere Mark Karpeles, proprietario della Borsa giapponese di questa criptovaluta, Mt. Gox. La società era nata come piattaforma di giochi di carte, convertita a vera e propria Borsa di bitcoin nel 2009 e acquistata da Karpeles nel marzo del 2011 attraverso una ex società di web hosting, la Tibanne Co. Ltd, con sede a Round Cross, Shibuya 11-6, Tokyo. Karpeles è un francese nato nel 1985 che si è innamorato del Giappone. Non si sa molto del suo passato tranne che aveva iniziato in Francia come sviluppatore. Secondo il suo ex capo in una società di e-commerce, Gilles Ridel, avrebbe un «QI pari a 190». Nel 2007 fu intervistato in un documentario di Canal+ sui geek in cui sostanzialmente raccontava che se per strada non era nessuno su Internet aveva un suo ruolo come Magical Tux, il suo pseudonimo online. Il classico sociopatico. A guardare il documentario sembra incredibile che possa essere arrivato a gestire il 6% di tutti i bitcoin in circolazione nel mondo, prima del fallimento della piattaforma in queste settimane (aveva 10 dipendenti). L’altra grande Borsa asiatica è BTC China, nata nel giugno del 2011 ma cresciuta fino a prendere il testimone della più grande piattaforma di scambio dei bitcoin al mondo: la società che si trova a Gaoxiang Road, Ufficio 349, building numero 2, Shanghai, è gestita dal fondatore Bobby C. Lee, ex capo della tecnologia di Walmart China, ex Yahoo e Microsoft, studente di Stanford dove di recente ha tenuto una lezione sulla moneta virtuale. «I bitcoin sono come l’oro — ha detto durante il seminario —. Se un negozio accetta delle carte di credito si assume un rischio di frode. Se accetta bitcoin non c’è nessun rischio». Affermazione opinabile se il tesoretto in bitcoin era depositato presso Mt Gox. Lee ha raccolto 5 milioni da Lightspeed China Partners, ha 25 dipendenti e ha innescato una battaglia tra borse azzerando lo scorso dicembre la commissione di trading. La strategia ha funzionato portando a 59 milioni di euro, il valore delle transazioni su BTC China. Peccato che così abbia anche azzerato i propri introiti, ragione per cui la mossa ha fatto emergere il sospetto che dietro ci possa essere un piano del governo cinese per imporre lo yuan al posto del dollaro sul mercato dei bitcoin. «Non sono uno di questi ragazzi» si è difeso Lee a Stanford facendo passare una slide con gli uomini del governo. Di certo non lo aiuta il fatto che proprio suo fratello, Charles Lee, ex Googler, sia il padre dei Litecoin, la moneta virtuale che sta emergendo come competitor. Qualche sospetto è legittimo. L’altra Borsa asiatica, First Meta, non è così rilevante ma è assurta alla cronaca di questi giorni per il possibile suicidio della 28enne ceo, Autumn Radtke. Spostandosi in Europa in grande spolvero c’è Bitstamp Ltd, nata nel 2013, società basata in Slovenia con sede legale in Gran Bretagna al 5 Jupiter House, Calleva Park, Reading, cittadella fuori Londra. Dietro Bitstamp c’è Nejc Kodri, giovane imprenditore molto attivo nei forum, su Facebook e Twitter dove si presenta come «Libertarian, entrepreneur, Bitcoin enthusiast. Co-founder and CEO @ Bitstamp». Raggiunto dal Corriere non ha voluto commentare il caso di Mt Gox né rispondere alle domande su Bitstamp. A parte l’estroverso Bobby C. Lee il resto del mondo bitcoin non sembra così disposto a parlare. Il peggiore in termini di informazioni è sicuramente BTC-e, piattaforma bulgara che sta crescendo fino a diventare la seconda borsa europea. Il sito, gestito da un anonimo, non dà nessun tipo di informazione. Si sa solo che i depositi transitano da un conto della società inglese Mayzus Financial Services Ltd per finire, tramite un altro conto Deutsche Bank nella Repubblica Ceca, in una società con sede nelle Virgin Island dal nome Okpay. BTC- e si trova sotto inchiesta in Russia (dove i bitcoin sono stati dichiarati illegali). L’ultimo asso del mazzo di carte dei Signori dei bitcoin è Brian Armstrong, cofondatore e ceo di Coinbase, società californiana che si trova al 548 della popolare Market Street di San Francisco. Coinbase non è una borsa come le altre: negli Usa non è ancora stata legalizzato il trading. Ma si possono usare i bitcoin per acquistare beni e servizi. Grazie al più importante finanziamento ottenuto da una start up di questo settore, 25 milioni di dollari arrivati dal famoso Venture capital Andreessen Horowitz e da Y Combinator, Coinbase ha sviluppato un portafoglio e una piattaforma che permette l’incontro tra commercianti che li accettano e consumatori che li vogliono usare. Il modello di business è sempre lo stesso: l’1% della transazione rimane come commissione a Coinbase. Anche Armstrong ha preferito non parlare. Calcolare quanto guadagnano i quattro assi dei bitcoin non è facile ma recentemente BTC China è tornata sui propri passi e ha portato allo 0,1% la commissione di trading. Se è vero che nella sua Borsa passano 59 milioni al giorno stiamo parlando di 59 mila euro al giorno. Oltre 20 milioni l’anno, senza considerare la fee che si paga sempre a Lee nel momento in cui si vogliono convertire i bitcoin in liquidità. Massimo Sideri