Luigi Accattoli, Corriere della Sera 9/3/2014, 9 marzo 2014
Una volta ha detto che il corrotto porta ai figli «pane sporco» e un’altra volta che la nostra società propone «valori avariati» che equivalgono a un «pasto andato a male»: sono due tra le mini-parabole, o metafore, che usa con continuità
Una volta ha detto che il corrotto porta ai figli «pane sporco» e un’altra volta che la nostra società propone «valori avariati» che equivalgono a un «pasto andato a male»: sono due tra le mini-parabole, o metafore, che usa con continuità. La «Chiesa babysitter» che addormenta i bambini, il «Dio-spray» (cioè nebuloso), il confessionale che «non è una tintoria», le suore che devono essere «madri e non zitelle»; la «preghiera di cortesia» (cioè di circostanza), il «collirio della memoria», la vita cristiana che «non è una terapia terminale»; la tentazione del «progressismo adolescente» e quella di «addomesticare le frontiere», o di «pettinare le pecorelle» e di mettere loro i bigodini, o di imporre una «dogana pastorale». Il repertorio immaginifico del Papa argentino è ampio. Qualifica pittorescamente i cristiani che non gli piacciono: «da salotto», «inamidati», «da museo», «telecomandati», «di etichetta», «di pasticceria», «di vetrina», «a singhiozzo». Più volte ha detto che i cristiani «malinconici» o in «lutto permanente» hanno «più faccia da peperoncino in aceto che di gioiosi che hanno una vita bella». Da Rio de Janeiro ha messo in guardia dal «boomerang del lamento». Chi cerca sempre giustificazioni arriva a «negoziare Dio» e il «proprio popolo». Dell’attitudine a parlare in parabole che gli viene dagli studi e dalla frequentazione della Bibbia — che è una miniera di immagini e metafore — egli ha fatto un programma. È stato insegnante di lettere, ammiratore e amico del poeta Jorge Louis Borges che una volta invitò nel liceo di Buenos Aires dove insegnava. Dice che per una buona predica ci vogliono «un’idea, un sentimento, un’immagine». Argomenta che «un’immagine attraente» attira al messaggio che trasmette. (l.acc.)