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 2014  marzo 09 Domenica calendario

MILANO — «E

se domani...». Sembra Mina, e invece è Beppe Grillo. Che fa il suo mestiere e dunque spiazza con un post che fa trillare di gioia leghisti come il segretario Matteo Salvini e il governatore Roberto Maroni.
Sul blog del leader 5 Stelle, l’intervento è accompagnato da un’immagine dell’Italia divisa in Ducato di Savoia, Ducato di Milano, Repubblica di Venezia, Stato della Chiesa, Regno di Napoli, Regno di Sicilia e via elencando gli Stati storici prima (molto prima) dell’Unità. E il tema del post è proprio il ritorno all’antico, dividendo il Belpaese. Perché quella iniziata dopo il 1861 è «una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa». E lo Stato è diventato «un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti».
Ma se domani, cosa? «E se domani (l’Italia) ci apparisse per quello che è diventata, un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme?». E se domani questi popoli non sentissero più alcuna «necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore di pentole si atteggia a presidente del Consiglio?». Di più: «E se domani qualcuno si stancasse e dicesse “Basta!” con questa Italia, al Sud come al Nord?». Secondo il post grillino, «ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe».
Ma la parte che è musica d’arpa per le orecchie leghiste deve ancora arrivare. Eccola qui. Premesso che «le regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino», per far funzionare lo Stato «è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie».
L’ammiccamento alle camicie verdi — con i quali già si condivide la battaglia contro l’euro — è esplicito, la scelta lessicale non è equivocabile: le macroregioni sono un’invenzione di Gianfranco Miglio, rilanciate da Roberto Maroni al congresso che lo elesse segretario. Ad ogni modo, Grillo conclude la sua profezia: «E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l’annessione della Lombardia alla Svizzera, dell’autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige alla Francia e all’Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene».
Matteo Salvini, il segretario padano, non lascia cadere la palla. Ma parte piano: «Non vorrei che essendo in difficoltà, Grillo inseguisse la Lega». Poi, però, rompe le cautele: se dal leader stellato non ci saranno «solo parole» fra i due movimenti «sarà una battaglia comune». Poi, Salvini pretende di vedere le carte: «Se è coerente, Grillo sosterrà subito il referendum per l’indipendenza del Veneto e quando in Lombardia chiederemo lo statuto speciale ci sosterrà». Ma il post è piaciuto anche a Maroni. Che twitta: «Opinioni contrastanti sulle dichiarazioni “leghiste” di Grillo. Da non sottovalutare, ne rituitto alcune».
Ma nel Movimento? Come è stata presa la fuga in avanti del leader? Vincenzo Santangelo, da Trapani, è il capogruppo al Senato. Ed è cauto assai: «Fa parte del linguaggio del blog, che deve anche provocare». Sì ma lei sogna il ritorno alle Due Sicilie? «È lei che deve leggere tra le righe. È vero che oggi l’Italia è slegata, il post è un modo per dire che forse prima si stava meglio». Insomma, non si sta preparando alla battaglia indipendentista? «Siamo oltre, ma non così oltre... ».
Marco Cremonesi