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 2014  marzo 08 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LO SCANDALO ROCHE E NOVARTIS (BIG PHARMA)


LASTAMPA.IT
Ci sono i primi indagati nel caso Roche-Novartis. Il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello, in collaborazione con i carabinieri del Nas procede per «disastro doloso e associazione a delinquere finalizzata alla truffa».



CARTELLO SUI PREZZI

La prima ipotesi di reato si configura per la messa in pericolo dell’integrità fisica di un numero indeterminato di persone che non hanno potuto curarsi i problemi alla vista a causa del costo eccessivo dei farmaci (Avastin e Lucentis) imposto dal cartello tra i due colossi farmaceutici. L’associazione a delinquere finalizzata alla truffa viene invece ipotizzata per il danno, il raggiro nei confronti del sistema sanitario nazionale. Le indagini della procura torinese sono iniziate nel 2012 e riguardano anche la riduzione delle dosi in parti più piccole, trasformando così illegalmente prodotti industriali in preparati galenici.



LA VICENDA

A tre giorni dalla maximulta comminata dall’autorità Antitrust per il caso Avastin-Lucentis la vicenda registra quindi un salto di qualità giudiziario. Ieri l’Aifa si è dovuta difendere dalle numerose critiche, annunciando una querela alla Società Oftalmologica Italiana (Soi), la prima a puntare il dito contro l’agenzia. La Procura di Torino dal 2012 ha aperto un’inchiesta sui due farmaci per la cura della vista al centro del caso che ha portato l’Antitrust ad infliggere le sanzioni a Roche e Novartis. Di due giorni fa invece la notizia che la Società oftalmologica italiana (Soi) ha chiesto alla procura subalpina di valutare il reato di corruzione. Secondo un esposto, in realtà dello scorso 30 dicembre, per la Soi «è difficile immaginare che le società farmaceutiche siano riuscite a truffare il Servizio sanitario nazionale senza la fondamentale sponda di qualche soggetto operante in Ema e Aifa. Accuse che ieri Aifa ha respinto al mittente. «Non si può adombrare il fatto - ha spiegato il direttore Luca Pani a Radio24 - che abbiamo partecipato ad associazioni a delinquere. Noi siamo un’istituzione con la schiena dritta».



LORENZIN: “OMBRE SUL LAVORO DI QUESTI ANNI”

Sulla vicenda si è espressa per la prima volta dalla multa il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. «Ciò che è accaduto ha lasciato un’ombra sul grande lavoro che è stato fatto in questi anni, anche per ricostruire un diverso tipo di rapporto tra il mondo farmaceutico e quello delle istituzioni», ha affermato il ministro, che poi ha difeso l’operato del ministero. «Il Ministero - ha proseguito Lorenzin, anche in risposta alle accuse di immobilismo rivolte dal M5S - a fronte di una e-mail degli Oculisti italiani ha più volte chiesto all’Aifa i necessari chiarimenti. Per una risposta in termini tecnico-scientifici ci siamo rivolti al Consiglio superiore di Sanità per chiedere se c’erano elementi ostativi sulla sicurezza di questi farmaci, anche in base all’esperienza degli altri Paesi». Da più parti, compresa la stessa Autorità Antitrust, viene comunque la richiesta di cambiare le regole. «Spesso vediamo nuovi farmaci che hanno un’efficacia poco più alta di quelli già presenti, ma che costano molto di più quando quelli già esistenti funzionano ancora bene e costano poco - spiega Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica dell’Istituto Tumori di Aviano -. Questo è un problema che le agenzie regolatorie dovrebbero porsi».



L’INCHIESTA DI ROMA

Nel mirino degli investigatori finisce anche il lobbismo esercitato nell’ottobre 2012 in Parlamento. L’allora ministro della Salute, Renato Balduzzi, aveva inserito in un decreto la norma che autorizzava l’uso «off- label», per indicazioni terapeutiche non registrate, quando il profilo di sicurezza del farmaco non era «inferiore a quello del farmaco autorizzato», e qualora quest’ultimo risultasse «eccessivamente oneroso» per lo Stato. Esattamente il caso Avastin-Lucentis. Ma un emendamento bipartisan cancellò tutto. Sulla vicenda che vede coinvolte le multinazionali Roche e Novartis è in corso anche una indagine della procura di Roma, ai cui atti sarebbero finite anche alcune e-mail scambiate dai dirigenti delle due società che confermerebbero la collusione. Dal canto loro le aziende continuano a negare ogni pratica illecita. «Novartis riafferma la correttezza del proprio agire - scrive l’azienda che precisa di non essere stata chiamata dai magistrati romani - e che ha sempre rispettato il quadro regolatorio nazionale ed europeo, ed è disponibile a fornire ogni chiarimento alle autorità competenti, verso le quali nutre la massima fiducia. Per contro tutelerà in tutte le sedi legali competenti il proprio operato e la propria reputazione contro accuse evidentemente infondate».

REPUBBLICA.IT.
I vertici di Roche e Novartis, le due case farmaceutiche multate dall’Antitrust per lo scandalo dei medicinali salvavista Avastin e Lucentis, sono indagati a Torino. Disastro doloso ("Hanno danneggiato la salute pubblica") e associazione a delinquere, assieme a truffa e aggiotaggio: sono questi, secondo quanto si apprende, i reati ipotizzati dalla Procura di Torino nell’ambito dell’inchiesta che ruota attorno al medicinale salvavista Avastin, per il quale l’antitrust ha sanzionato le due multinazionali del farmaco con una sanzione da 180 milioni di euro. Il procuratore Raffaele Guariniello, che indaga dal 2012 sulla vicenda, ha annunciato che l’indagine ipotizza non solo reati di tipo economico contro il servizio sanitario nazionale ma anche l’accusa di aver agito mettendo a rischio la salute dei cittadini.
L’indagine è partita a fine 2012 ed è entrata nel vivo grazie a una denuncia della Società oftalmologica italiana e dalla segnalazione dei Nas di Torino: i carabinieri avevano identificato alcune farmacie che, per ovviare all’aumento dei costi per i pazienti, suddividevano il contenuto dei flaconi dell’Avastin (registrato solo per le terapie oncologiche) in piccole dosi adatte all’uso oftalmico. Ed è così che come per Eternit Guariniello contesta il reato di disastro doloso che si configura secondo l’accusa per aver messo in pericolo la salute di un numero indeterminato di pazienti i quali, a causa dell’elevato costo del farmaco, non hanno potuto accedere alle cure. La procura ha affidato due consulenze sugli aspetti economici e quelli sanitari e ha aperto un fascicolo al momento senza indagati per l’ipotesi di corruzione sulla base dell’esposto della Società oftalmologica italiana.
La Società oftalmologica italiana aveva chiesto infatti nel suo esposto di valutare anche il reato di corruzione nei confronti degli enti pubblici coinvolti. Nel documento depositato il 30 dicembre 2013, Matteo Piovella, presidente Soi, scrive: "È difficile immaginare che le società farmaceutiche siano riuscite a truffare il servizio sanitario nazionale senza la fondamentale sponda di qualche soggetto operante in Ema e Aifa". Accuse che l’Aifa respinge al mittente annunciando querela: "Siamo un’istituzione con la schiena dritta".
Sulla vicenda è in corso anche un’indagine della procura di Roma, tra i cui atti sono finite le e-mail scambiate dai dirigenti di Roche e Novartis che confermerebbero la collusione tra le case farmaceutiche.
Le due aziende negano accordi illeciti: "Novartis - si legge in una nota - riafferma la correttezza del proprio agire ed è disponibile a fornire ogni chiarimento alle autorità competenti, verso le quali nutre la massima fiducia".

ARTICOLO DI EUGENIA TOGNOTTI SULLA STAMPA DEL 6 MARZO


segnale
di speranza
per i pazienti
e il mercato

Eugenia Tognotti

Comunque vada a finire la storia del sonoro schiaffo – non del tutto inatteso - dell’Antitrust ai due giganti farmaceutici svizzeri, condannati a pagare una colossale multa, è di quelle che rinfrancano e fanno sperare.
Intanto, perché ci rassicura sul fatto che, dopotutto, c’è, in questo Paese, un «cane da guardia», l’autorità Garante della concorrenza e del mercato che vigila sul prezzo dei farmaci e sanziona, se necessario. Un’autorità che si muove su segnalazioni di gruppi e associazioni (in questo caso della società oftalmologica e dall’associazione di day surgery private), provocando un piccolo terremoto anche all’estero. E smentendo, nel concreto, i complottisti di varia origine e genere, in servizio permanente effettivo, pronti a giurare su una cospirazione di poteri vari – tra cui quello dei grandi giornali - per nascondere le notizie e gli interessi di potentati come Big Pharma.

Roche e Novartis erano sotto osservazione da tempo per quello che è stato definito un accordo segreto, basato su disinformazione, depistaggi, strategie studiate a tavolino per favorire un farmaco enormemente più costoso (Lucentis) a discapito di uno più economico (Avastin) nel trattamento di alcune patologie della retina. Stando all’autorità garante della concorrenza e del mercato, le due aziende- legate da solidi legami di tipo societario e operativo - avrebbero creato una distinzione artificiosa tra l’Avastin, appunto, commercializzato da Roche per usi antitumorali, e Lucentis, commercializzato in Italia da Novartis e brevettato da Genentech, società del gruppo Roche che lo ha sviluppato con la Novartis per combattere la degenerazione maculare neovascolare legata all’età.
Il «patto» avrebbe portato a diverse strategie per influenzare le prescrizioni da parte dei servizi sanitari e medici a favore di Lucentis , che costa all’incirca 50 volte più dell’altro, più vecchio, usato da tempo per combattere problemi di vista. Il fatto è che – a quanto sostiene l’ampio fronte che ha denunciato la questione - i due farmaci «pari sono» quanto ad efficacia nel trattamento di alcune patologie della retina. E lo dimostrano diversi studi come quello condotto dalla «National Eye Institute» del National Institute of Health che ha testato i due farmaci su 1200 pazienti , pubblicando poi i risultati sulla rivista «Ophthalmology» (2011). Entrambi i farmaci - riassumendo - assicuravano miglioramenti «robusti e duraturi», con una leggera differenza negli effetti collaterali nei pazienti trattati con Lucentis, che registrava una percentuale minore di eventi avversi rispetto ad Avastin (32 per cento contro 40), una differenza che naturalmente andrebbe riguardata alla luce dell’età media dei partecipanti allo studio, assai elevata, e come tale più predisposta a problemi di salute.
Le vicende dei due farmaci si trascinano da alcuni anni anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti . I due colossi farmaceutici sostengono che Lucentis e Avastin sono due farmaci differenti, contenenti principi attivi diversi e che sono stati sviluppati per finalità terapeutiche distinte, e che il più economico Avastin è approvato per il trattamento endovenoso di pazienti con alcune forme di tumore e non è prodotto né autorizzato dalle autorità sanitarie per l’utilizzo oftalmico. Di diverso avviso l’Autorità: il Lucentis, a carico del sistema sanitario nazionale, sarebbe in tutto equivalente all’Avastin, ma ad un costo assai più elevato, cosa che avrebbe provocato un esborso aggiuntivo che sarebbe potuto arrivare a circa 600 milioni l’anno. Quello che ci voleva, insomma, per allargare la voragine della spesa sanitaria. Anche se indigna, forse, ancora di più il fatto che ad essere colpiti siano ancora una volta, e come sempre, i più vulnerabili, i pazienti anziani.

ARTICOLO DI GRAZIA LONGO SULLA STAMPA DEL 6 MARZO
Nelle mail fra Roche e Novartis
un patto per vendere farmaci più cari
Dopo la multa da 182 milioni dell’Antitrust indagano le procure di Roma e Torino
Grazia Longo
Chiamatelo maxi accordo aziendale, inciucio o cartello tra due colossi delle case farmaceutiche, il risultato non cambia. Un milione di italiani è stato costretto a curarsi una malattia agli occhi con un farmaco che costava oltre 900 euro al posto di un altro, con gli stessi effetti ma dal prezzo oscillante tra i 15 e gli 81 euro.
Il verdetto dell’Antitrust è categorico: una multa di 180 milioni di euro per le società Novartis e la Roche (92 milioni per la prima, 90,5 per l’altra) «colpevoli di essersi accordate illecitamente per ostacolare la diffusione dell’uso di un farmaco molto economico, Avastin, nella cura della più diffusa patologia della vista tra gli anziani e di altre gravi malattie oculistiche, a vantaggio di un prodotto molto più costoso, Lucentis, differenziando artificiosamente i due prodotti». Il tutto documentato da email, telefonate e incontri, grazie alle indagini del Gruppo Antitrust del Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza, guidato dal colonnello Riccardo Brandizzi. È stato così smascherato un danno enorme per i malati - il 60% degli ultrasessantenni - ma anche per le casse dello Stato. A carico del Servizio Sanitario Nazionale è stato infatti stimato un aumento di spesa di 45 milioni di euro nel solo 2012, con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l’anno.
È inoltre emerso che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari. Tra i primi a sollevare la questione, la Soi (Società oftalmica italiana) il cui presidente Matteo Piovella chiede oggi il «commissariamento dell’Aifa perché non ha adeguatamente vigilato». Preziose anche le battaglie delle Regioni Veneto ed Emilia Romagna che, grazie ai bandi delle gare d’appalto - che avvengono sulla base delle molecole e non del brand delle medicine - si sono accorte che quelle di Avastin e Lucentis sono uguali. L’Emilia Romagna, se non avesse dovuto spendere il denaro per il Lucentis, avrebbe potuto assumere 69 medici, oppure 155 infermieri o 193 ausiliari.
E adesso sul caso interviene anche la procura di Roma, che ha aperto un fascicolo, per il momento senza indagati. Gli accertamenti sono affidati al pool reati economia diretto dal procuratore aggiunto Nello Rossi. Al centro delle indagini la verifica dell’eventuale messa a punta di una campagna artificiosa diretta a sminuire l’efficacia del farmaco Avastin. In questo caso potrebbero configurarsi le ipotesi di reato di aggiotaggio e di turbativa del mercato. Gli inquirenti chiederanno all’Antitrust di acquisire la documentazione. Un altro fascicolo è stato inoltre aperto a Torino dal procuratore Raffaele Guariniello.
Tra le malattie interessate dall’istruttoria spicca la degenerazione maculare senile, prima causa di cecità nei paesi industrializzati.
All’interno della Roche «la consapevolezza dell’efficacia e sicurezza degli impieghi oftalmologi appare piena. In un documento circolato tra la dirigenza Roche Italia, l’uso di Avastin e Lucentis per la cura di patologie della vista vengono messe sullo stesso piano, facendo presente che “un conoscente ha una sua parente che dovrebbe sottoporsi al trattamento Avastin/Lucentis”». Curioso anche il fatto che «Roche Italia pur dichiarando di non disporre dei dati sugli usi off-label oftalmici di Avastin in Italia abbia ammesso di averlo venduto, nel 2013, a cliniche private specializzate nella cura della vista, nella piena consapevolezza dell’impiego oftalmico del prodotto».
E ancora, forte è la preoccupazione di «non comunicare alla stampa i risultati ottenuti». Per non parlare poi «dell’obiettivo chiave: aumentare l’incertezza intorno alla sicurezza di Avastin». Il presidente Antitrust, Giovanni Pitruzzella ribadisce l’importanza dell’operazione «in difesa dei malati e del bilancio pubblico». Mentre il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha richiesto «un approfondimento istruttorio con particolare riguardo alla tipologia ed al contenuto specifico dei dati raccolti e posti a sostegno della decisione dell’Aifa». Oltre ad aver «già investito della questione il Consiglio Superiore di Sanità». Roche e Novartis, intanto, annunciano ricorso al Tar.

ARTICOLO DI PAOLO RUSSO SULLA STAMPA DEL 6 MARZO
Brevetti scaduti e trucchi
I segreti di Big Pharma
Il garante della concorrenza ha aperto altre istruttorie per ostacoli ai generici e liberalizzazioni mancate
Paolo Russo
C’è il colosso farmaceutico che fa perdere milioni allo Stato bloccando l’ingresso sul mercato dei più economici medicinali generici. Le società che fanno cartello per aggiudicarsi l’affidamento delle cliniche. I grossisti che non riforniscono le parafarmacie che fanno più sconti su pillole e sciroppi. Quando non è l’Ordine dei medici a mettersi di traverso, cercando di impedire la pubblicità di chi offre cure low cost. La maxi multa affibbiata ieri a Novartis e Roche è solo la punta di un iceberg, come dimostrano la ventina di istruttorie aperte nell’ultimo decennio dall’Antitrust su industria, camici bianchi, case di cura, grossisti e farmacisti. Per non parlare delle segnalazioni che arrivano a palate all’Autorità garante da parte di associazioni dei consumatori o di professionisti.
Una delle cose che fa rimettere sia lo Stato che i cittadini sono gli ostacoli all’ingresso dei farmaci generici sul mercato. Prodotti fuori brevetto che in media costano il 30-40% in meno di quelli griffati. A gennaio il Consiglio di Stato ha bocciato il Tar Lazio e dato ragione all’Antitrust, che nel 2012 aveva stangato la multinazionale Pfizer con una multa di 10,6 milioni di euro, «per abuso di posizione dominate in relazione al mancato ingresso sul mercato di farmaci per la cura del glaucoma scaduti da brevetto, con conseguente mancato risparmio di 14 milioni per il Servizio sanitario nazionale». Pfizer avrebbe commesso un «grave illecito concorrenziale» ritardando di almeno 7 mesi l’ingresso del generico e mantenendo di fatto l’esclusiva di un prodotto a brevetto scaduto. Pratiche vietate. Ma fino a un certo punto. Tempo fa il Garante del mercato, Giovanni Pitruzzella, ha puntato il dito contro le norme che subordinano le autorizzazioni al commercio dei generici alla risoluzione di eventuali dispute su presunte violazioni del brevetto. Un trucco al quale Big Pharma ricorrerebbe per ritardare l’ingresso dei più economici medicinali non griffati.
La concorrenza scarseggia anche in farmacia. Nel 2007 l’Authority sanzionò i grossisti che si erano rifiutati di distribuire farmaci nelle parafarmacie, che solitamente praticano sconti tra il 13 e il 20%, che le farmacie vere e proprie applicano assai di rado. «Da allora abbiamo inviato un pacco di segnalazioni all’Antitrust su grossisti che si rifiutano di praticare a noi gli sconti che applicano alle farmacie e dei quali quasi mai beneficiano i consumatori», rivela Giuseppe Scioscia, presidente della Federazione delle Parafarmacie. Che denuncia anche la mancata liberalizzazione dei punti vendita, «con relativo esborso di circa mezzo miliardo per i cittadini». E in effetti delle quattromila nuove farmacie previste dalla legge di stabilità nel 2012 ad oggi si contano sulle dita di una mano quelle che hanno effettivamente aperto i battenti. «Perché le Regioni non hanno ancora pubblicato i risultati dei concorsi», denuncia Scioscia. Sui farmaci la lista di infrazioni è lunga e non sempre riguarda Big Pharma. A dicembre l’Antitrust ha inferto una sanzione di un milione a un piccolo «trust» dei miracoli che pubblicizzava e vendeva prodotti dalle proprietà inesistenti: dimagranti da 7 chili in 7 giorni o creme in grado di guarire cancro e alzheimer.
Sul fronte delle cliniche un’istruttoria è stata aperta a novembre su 4 società che in Abruzzo avrebbero fatto cartello per accaparrarsi al più basso costo un gruppo di case di cura del Gruppo Angelini. Tra i medici è invece partita una vera e propria battaglia legale, che spetterà proprio all’Authority dirimere. Da un lato l’Ordine dei camici bianchi denuncia come pratica ingannevole le offerte sanitarie low cost che oramai si possono acquistare anche on line. Dall’altro Groupon si appella sempre all’Antitrust denunciando l’Ordine di impedire ai propri iscritti pubblicità delle cure a basso costo.
E i beni e servizi di Asl e ospedali? «Per fortuna c’è sempre più concorrenza», assicura Giampiero Maruggi, vice-presidente della Fiaso, la Federazione che le rappresenta. «Però – aggiunge - non sarebbe male se l’Autorità per i contratti pubblici ci desse una mano mettendoci a disposizione un listino prezzi di riferimento, soprattutto per le apparecchiature particolari, dove la concorrenza scarseggia».

INTERVISTA A LUCA PANI USCITA SULLA STAMPA DEL 6 MARZO
L’Agenzia del farmaco nel mirino
“Ma è colpa di azienda e Regioni
che non hanno collaborato”
Il direttore dell’Aifa: rafforziamo i rapporti con l’Authority
Attenzione alle intese di cartello che influenzano le informazioni tecnico-scientifiche sui farmaci». Luca Pani, direttore dall’Aifa, l’Agenzia ministeriale del farmaco non lo dice apertamente, ma da come ricostruisce la storia sugli allarmi lanciati sull’uso oftalmico dell’Avastin, si capisce che qualcosa non è andato esattamente come doveva a livello di Emea, l’Agenzia europea che governa i medicinali.
Come nasce la storia dei pericoli per la salute legati all’Avastin rispetto al molto più costoso Lucentis?
«Il 30 agosto 2012 l’Emea modifica il riassunto delle caratteristiche del prodotto, facendo riferimento a gravi reazioni avverse di tipo sistemico, quali emorragie non oculari, eventi tromboembolici arteriosi».
E voi cosa avete fatto?
«Considerato che Avastin è un farmaco autorizzato con procedura centralizzata europea, abbiamo inviato una comunicazione a tutti i medici raccomandando di valutare attentamente il rapporto rischio-beneficio per ogni utilizzo del farmaco. A tutela dei pazienti».
C’è chi vi accusa di non aver vigilato…
«Tutt’altro, visto che contemporaneamente abbiamo invitato le Regioni a raccogliere dati sui pazienti trattati con Avastin per uso oftalmico, che è un uso off label, ossia per il quale il farmaco non è mai stato autorizzato. E lo abbiamo fatto perché la Roche, che è titolare del medicinale, non ottempera gli obblighi di farmacovigilanza per ben 19 suoi prodotti. E c’è una procedura di infrazione europea per questo».
E che dati vi hanno fornito le Regioni?
«Su 44mila pazienti trattati con Lucentis e Avastin sono arrivate informazioni solo su 34. Un quadro desolante della capacità di raccogliere dati sulla sicurezza di queste molecole per uso oftalmico. Ed è chiaro che in un simile quadro di incertezza per la salute dei cittadini e per l’erario Aifa non poteva che agire con la massima cautela».
Altri non ne hanno avuta, accusando Avastin di essere pericoloso per spostare le prescrizioni sul farmaco dieci volte più caro…
«Se ci sono intese di cartello che influenzano le informazioni sul piano tecnico e scientifico purtroppo l’Agenzia non ha modo di agire direttamente e sarebbe auspicabile rinforzare la collaborazione con l’Antitrust. Anche perché non è detto che casi del genere non si ripetano in futuro, visto che il mercato globale è cambiato e certi ritorni economici vanno trovati altrove, con il rischio di comportamenti non etici».
[pa.ru.]

ROSARIA TALARICO SULLA STAMPA DEL 6 MARZO
“Accuse infondate, faremo ricorso
Studi indipendenti dimostrano
la diversità dei livelli di sicurezza”
Rosaria Talarico
Le aziende farmaceutiche Novartis e Roche sono pronte a dare battaglia fino all’ultimo grado di giudizio per dimostrare l’infondatezza delle accuse di fare cartello, mosse dall’Antitrust. «Esistono studi indipendenti eseguiti da organismi internazionali e con dati pubblici che dimostrano un differente profilo di sicurezza dei due farmaci, Lucentis e Avastin - afferma Gaia Panina, direttore medico Novartis -. In nessun modo è possibile costruire in maniera artificiosa delle evidenze. Inoltre sono le autorità regolatorie ad aver deciso in merito. Nel caso dell’Italia è l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) a valutare questi studi e decidere se mettere o no in commercio un farmaco. E nel caso specifico, l’unico farmaco che si potrà continuare a prendere è comunque il Lucentis che ha registrato meno eventi avversi». Stessa linea per Roche, l’altra azienda coinvolta: «Siamo obbligati per legge a segnalare appena se ne viene a conoscenza ogni evento avverso si registri a seguito dell’utilizzo di un farmaco in label (indicazioni approvate) o off label (fuori indicazione terapeutica). Sono solo le autorità regolatorie internazionali a decidere dell’opportunità di una modifica del foglietto illustrativo e dell’invio una nota informativa ai medici». Pertanto le modifiche al bugiardino di Avastin sono state decise autonomamente dalle autorità competenti a seguito delle segnalazioni fatte da Roche, «nel rispetto dei suoi obblighi di farmacovigilanza e lungi dall’essere frutto di una presunta strategia». Il fatto che Novartis detenga il 33% delle azioni di Roche viene definito da entrambi «una minima quota, è un a partecipazione di natura prettamente finanziaria, irrilevante per incidere su qualsiasi decisione strategica o attività».
Twitter @RosariaTalarico

PEZZO DI MARCO ACCOSSATO SULLA STAMPA DEL 6 MARZO
“Io da solo contro 24 colleghi
per smascherare il cartello
fra i colossi dei medicinali”
Marco Accossato
Davide contro Golia. L’avvocato torinese Raffaele La Placa è il legale che ha affrontato e sconfitto i colossi mondiali del farmaco, smascherando il «cartello» Roche-Novartis e vincendo dopo oltre due anni la battaglia per centinaia di migliaia di malati a rischio cecità. «A fine 2011 - ricorda - si moltiplicavano le segnalazioni di pazienti rimasti da un giorno all’altro senza cura, poiché le Asl non potevano comprare il farmaco Lucentis al costo di 1700 euro, poi sceso di prezzo. Era evidente, a nostro parere, l’accordo fra Novartis e Roche per spingere il medicinale più caro, mentre sul mercato esisteva l’Avastin, l’unico al mondo inserito dall’Oms come arma contro la maculopatia». Ma bisognava dimostrare il «cartello», e dimostrarlo «è stato un lavoro immenso: ho passato giorni e sere a leggere e rileggere documenti scientifici in inglese, ad analizzare e-mail e report che provassero l’efficacia e la non pericolosità del farmaco meno caro». Nel bugiardino dell’Avastin, infatti, si era chiesto e ottenuto dall’Ema di inserire l’avvertenza che quel medicinale poteva e può essere pericoloso, più pericoloso del (carissimo) Lucentis. Più che la questione economica, comunque rilevantissima, all’Antitrust l’avvocato La Placa ha sostenuto soprattutto questa tesi: «L’allarme nel bugiardino compromette, quando addirittura non impedisce, il diritto alla cura».
All’udienza del 27 gennaio
le due case farmaceutiche si sono presentate con 24 legali e un baronetto.
L’avvocato La Placa contro tutti. La difesa di Big Pharma? «Hanno sostenuto che i due medicinali sono prodotti differenti, diverso è il mercato a cui puntano, e che le due aziende erano indipendenti nelle decisioni». L’Antitrust non ha creduto a questa tesi: Davide ha sconfitto il gigante Golia del farmaco.

REPUBBLICA DEL 6 MARZO
ROBERTO MANIA
ROMA
— Big Pharma, il cartello delle grandi multinazionali del farmaco, è stata scoperta e multata. Roche e Novartis dovranno pagare oltre 180 milioni di euro, rispettivamente 90,5 milioni e 92 milioni, per essersi accordate illecitamente con l’obiettivo di favorire la vendita del farmaco molto più costoso (Lucentis) rispetto a quello low cost (Avastin) destinato alla cura di una grave malattia degli occhi, la maculopatia. La decisione è dell’Antitrust. Le due aziende annunciano ricorso al Tar. Due procure, quella di Roma e quella di Torino, hanno aperto un’inchiesta.
ROMA
— Questa volta Big Pharma, il cartello delle grandi multinazionali del farmaco, è stata scoperta e multata. Roche e Novartis dovranno pagare oltre 180 milioni di euro, rispettivamente 90,5 milioni e 92 milioni, per essersi accordate illecitamente con l’obiettivo di favorire la vendita del farmaco molto più costoso (Lucentis) rispetto a quello low cost (Avastin) destinato alla cura di una grave malattia degli occhi, la maculopatia che senza terapie adeguate porta alla cecità.
La clamorosa decisione è stata presa ieri dall’Antitrust italiano guidato da Giovanni Pitruzzella. È una delle multe più elevate comminate in tutta la sua storia dall’Authority. Sulla stessa vicenda indaga dal 2012 il procuratore di Torino, Raffaele Guariniello; ieri ha aperto un fascicolo la procura di Roma che ha affidato gli accertamenti al pm Nello Rossi; il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha chiesto al Consiglio superiore della sanità nuovi accertamenti sull’Avastin; la Corte dei Conti ha acquisito dal Garante del mercato tutta la documentazione raccolta durante l’inchiesta avviata un anno fa. Perché una dose di Avastin ha un prezzo tra i 15 e gli 80 euro, mentre una di Lucentis viaggia intorno ai 900 e ce ne vogliono almeno sei nel corso dell’anno. L’Antitrust dice che per colpa del cartello il servizio sanitario ha già speso 45 milioni di euro in più, la Società oftalmologica italiana (Soi) stima che circa 100 mila pazienti non possono essere curati perché i costi non sono compatibili con i budget all’osso degli ospedali imposti dalla logica della spending review. E con l’avvocato Riccardo Salomone ha presentato un esposto alla procura di Torino ipotizzando i reati di truffa aggravata e addirittura di corruzione Si difendono Roche e Novartis: «Sono accuse infondate. I due farmaci sono diversi». Entrambe hanno annunciato che ricorreranno al Tar. Sarà una battaglia. Perché questa è una
storia complessa nella quale si intrecciano, come sempre con Big Pharma, la ricerca scientifica e la ricerca dei profitti, la produzione privata e le regole fissate dalle autorità pubbliche competenti, le autorizzazioni e le successive deroghe, la cura delle malattie e la concorrenza
tra aziende, gli accordi sottobanco e le strategie di marketing, le lobby. Questa è una storia esemplare.
UNA SCOPERTA ITALIANA IN CALIFORNIA
Tutto inizia in California. Lì nei laboratori della Genentech
di San Francisco (prima che venisse acquistata al 100 per cento dalla Roche), Napoleone Ferrara, catanese d’origine ora con doppio passaporto, vincitore nel 2010 del prestigioso premio Lasker Awards che in molti casi ha condotto poi al premio Nobel, scopre un principio per
bloccare il fattore della crescita dei vasi sanguigni. È il principio contenuto nell’Avastin, un farmaco biotecnologico prescritto per la cura dei tumori metastatici al colon retto, all’ovaio, alla mammella, al rene e al polmone. L’Avastin viene registrato negli Usa dalla Genentech e dalla Roche nel resto del mondo, Italia compresa. A partire dal 2004, da quando cioè questo farmaco viene commercializzato, si accerta che i pazienti colpiti anche dalla degenerazione maculare senile (malattia molto diffusa tra gli over 60 e prima causa di cecità nelle popolazione) finiscono per guarire. Diversi approfondimenti tecnici confermano l’efficacia terapeutica del farmaco. La Roche, però, non chiede di registrarla anche per gli usi oculari. Lascia il campo a Lucentis, prodotta dalla Novartis. «È però un fatto — scrivono Michele Bocci e Fabio Tonacci nel libro-inchiesta sulla malasanità, “La mangiatoia” — che nella maggior parte dei paesi d’Europa e soprattutto negli Usa i medici scelgono l’Avastin. Del resto il National Eye Institute del National Institute of Health degli Usa ha pubblicato uno studio nell’aprile del 2011 dopo aver provato i due farmaci su 1.200 pazienti dimostrando che Lucentis e Avastin hanno gli stessi effetti contro la degenerazione maculare».
IL NO DELL’AUTHORITY
In Italia no, però. Anche se, nel 2007, l’utilizzo dell’Avastin nella cura delle maculopatie fu permesso dall’Aifa (l’agenzia del farmaco) nella forma
off label,
quando cioè il farmaco viene prescritto dal medico sotto
la sua responsabilità nonostante non sia registrato specificatamente per quel tipo di malattia. Si va avanti così fino al 2012, quando l’Aifa esclude l’Avastin dalla “lista 648”, quella composta dai farmaci che appunto possono essere comunque utilizzati dal servizio sanitario nazionale. Da allora la sanità pubblica passa solo il carissimo Lucentis per le malattie della vista, con gli effetti sui pazienti e sui conti pubblici che abbiamo visto («era in gioco la salute dei pazienti ma anche il bilancio pubblico», ha detto il presidente Pitruzzella). Eppure almeno due studi indipendenti, l’americano Catt e il britannico Ivan, entrambi non finanziati dalle multinazionali del farmaco, dimostrano
l’equivalenza nell’efficacia e nella sicurezza dei due farmaci. Certo colpisce la posizione espressa ieri dall’Aifa: «Si tratta di una sentenza storica per tutta l’Europa e non solo». Ora — ha aggiunto — bisogna approfondire «i rischi connessi all’uso su larga scala di farmaci non studiati per specifiche indicazioni terapeutiche e per i quali la farmacovigilanza si è dimostrata carente». Un’autocritica?
Ma perché è successo? Qui ci aiuta l’indagine dell’Antitrust. La tesi è che Roche e Novartis si siano messe d’accordo.
LA COLLUSIONE
Abbiamo visto che la Genentech è di proprietà della Roche
che incassa alte royalties dalla concorrente Novartis per la commercializzazione del Lucentis che utilizza un principio attivo registrato dalla controllata americana della Roche. Ma c’è di più. Perché Novartis (entrambe le multinazionali hanno sede in Svizzera) partecipa per oltre il 33 per cento al capitale della Roche e dunque condivide pro quota gli utili.
Philippe Barrois, ammini-stratore delegato della Novartis Italia, e Maurizio Di Cicco, ad della Roche Italia, si scambiano mail, finite nella documentazione raccolta dall’Antitrust. Novartis chiede alla concorrente di darsi da fare per mettere in evidenza i danni che può provocare agli occhi l’uso dell’Avastin.
L’ad della Roche mette significativamente tra virgolette la parola “differenziazione” riferita ai due farmaci. In un documento interno della capogruppo Novartis si legge che bisogna «generare e comunicare» preoccupazione relativamente alla sicurezza dell’Avastin nelle cure oftalmiche. E poi c’è il lavoro lobbistico, sui media specializzati, sui parlamentari delle commissioni competenti, sui medici, sugli organismi ministeriali. Così si fa cartello. Che si traduce in miliardi di profitti per le multinazionali e in maggiori costi per il servizio sanitario nazionale, cioè per noi. Nel 2014 quasi 600 milioni in più, ha
stimato l’Antitrust.
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REPUBBLICA.IT
Sul sito Repubblica.it seguiti e approfondime nti dell’inchiesta su Big Pharma
FOTO:IMAGOECONOMICA
AVASTIN
È il farmaco della Roche che viene usato nella cura di alcune forme gravi di tumore. Si è scoperto che fa guarire dalle maculopatie. Una dose costa tra i 15 e gli 80 euro

TESTIMONIANZA DI LUCIA TIRONI SU REPUBBLICA DEL 6 MARZO
LUCIA TIRONI
MILANO
— Sono una testimone diretta dello scandalo Avastin- Lucentis e ho vissuto sulla mia pelle la terribile condizione di dover scegliere tra una cura molto costosa ma, mi avevano detto, più sicura ed efficace e una dai costi decisamente inferiori ma dall’esito incerto. Di mezzo c’era la mia vista, afflitta da una malattia che fino a Pasqua del 2010 non sapevo nemmeno cosa fosse: la maculopatia. Fino ad allora i miei problemi con la vista erano stati soltanto quelli “canonici” di una miopia, per quanto piuttosto elevata. La maculopatia non è una patologia che affligge soltanto in età senile, a me infatti è capitata a 40 anni, anche se sono gli anziani, effettivamente, i più colpiti (uno su tre dopo i 75 anni). Nel mio caso si è trattato di una maculopatia del tipo più aggressivo, “umida” in gergo medico, dovuta a una degenerazione miopica. Vedendo molto bene con l’occhio destro, non mi ero accorta subito di quel che stava accadendo all’occhio sinistro e quando mi decisi ad andare al Pronto soccorso Oftalmologico dell’Ospedale Fatebenefratelli, vedevo già un solo decimo, praticamente buio fitto. Mi dissero che era necessario intervenire immediatamente, perché il fattore tempo è fondamentale in questo tipo di maculopatia, nel senso che la malattia corre veloce verso la cecità e anche una settimana può fare la differenza. I medici del Fatebenefratelli mi spiegarono che da una manciata di anni esisteva una cura con un’iniezione intraoculare a base di due farmaci: il Lucentis, specifico per l’occhio e, mi venne detto più efficace e sicuro, e l’Avastin, farmaco nato per curare il tumore al colon, che però era off label, privo cioè dell’autorizzazione del Ministero della salute. La differenza tra i due stava anche nei costi decisamente differenti, 50 volte superiori per il Lucentis. Per operarmi con il Lucentis in una struttura privata avrei dovuto sborsare circa duemila euro. Mi trovai in grave difficoltà nel
decidere cosa fare e oltretutto dovevo fare presto. Avevo già perso troppo tempo prezioso e non potevo più aspettare. Andai a chiedere un altro parere a un medico del Punto Raf, struttura del San Raffaele di Milano, dove nel 2002 mi ero operata con il laser per togliere la miopia. Lì un medico, a cui devo oggi il recupero della vista, mi disse che Avastin e Lucentis erano praticamente equivalenti e che anzi Avastin vantava migliori risultati e riscontri clinici anche perché, inizialmente, per 3-4 anni era stato l’unico ad essere utilizzato per le maculopatie in tutto il mondo. E che oltretutto negli Stati Uniti veniva utilizzato il
solo Avastin. Disse anche che mi avrebbe operato due giorni dopo in una clinica di Bergamo, convenzionata col Sistema sanitario nazionale. E così feci. Nel giro di poche settimane avevo recuperato già molta vista e dopo qualche mese il mio occhio sinistro vedeva 8 decimi. A me era bastata una sola iniezione di Avastin e lo stesso fu anche due anni dopo quando la maculopatia attaccò l’occhio destro. Io oltretutto avevo un lavoro e una famiglia alle spalle che potevano sostenermi economicamente. Ma mi sono domandata come facessero gli anziani, i più colpiti da questa malattia invalidante, a sopportare i costi delle iniezioni con il Lucentis, considerato, oltretutto, che nel caso degli anziani quasi sempre sono necessarie più iniezioni, addirittura dieci o più, per sperare di vedere un miglioramento. Negare loro l’Avastin significa condannarli alla cecità, un fatto indegno di un sistema sanitario all’avanguardia come il nostro.

PEZZI APPARSI SU REPUBBLICA DEL 7 MARZO
MICHELE BOCCI FABIO TONACCI
ROMA
— A leggerlo tutto d’un fiato, quel copioso scambio di mail tra gli amministratori delegati italiani di Roche e Novartis, due colossi farmaceutici in teoria concorrenti, si rimane disorientati. Non si capisce chi è cosa, i “nemici” in pubblico si danno del tu in privato, i capi si chiamano tra loro «caro» e concordano strategie. Chi produce l’Avastin fa di tutto per non venderlo. Organizzando campagne per evidenziarne le controindicazioni e rischi per chi lo usa, ad esempio. L’ad di Roche, Maurizio di Cicco, quasi si scusa con il suo pari grado della Novartis quando si scopre che in Italia, nel 2012, il troppo economico Avastin si permette ancora di avere il 41 per cento del mercato nella cura di maculopatie. «Sono più che sorpreso nel leggere questi dati — scrive Di Cicco all’ad di Novartis — per favore puoi darmi
qualche dettaglio in più? Ogni suggerimento sarà benvenuto». La mail sono finite nelle carte del-l’Antitrust, e hanno portato alla maxi multa da 180 milioni di euro delle due aziende. Non solo. A cascata stanno arrivando guai giudiziari per le multinazionali. La procura di Roma ieri ha annunciato l’avvio di una inchiesta per truffa e aggiottaggio e si stanno muovendo anche le associazioni di consumatori. Il Codacons annuncia una class action e una segnalazione alla Corte dei Conti contro Aifa, che non avrebbe controllato provocando
così un danno al sistema sanitario. Chiama in causa la magistratura contabile, e pure la procura, anche Altroconsumo.
LO SPOT PER GLI AVVERSARI
«Se mia moglie avesse un problema agli occhi, le consiglierei Lucentis». Bello, come spot. Efficace, facile da ricordare. Ideato e diffuso in conferenza stampa dal chief executive office, il numero uno mondiale di Roche, cioè da chi il Lucentis lo dovrebbe vedere come il diavolo, in quanto prodotto concorrente del proprio Avastin.
Philippe Barrois, l’ad di Novartis, il 3 maggio del 2012 segnala questa dichiarazione a Di Cicco: «Caro, hai visto cosa ha detto? Spero che questa notizia avrà ampia copertura mediatica anche in Italia ». E subito Di cicco si attiva, mandando una mail ai suoi alti dirigenti, mettendo in copia anche Barrois: «Per favore, a che punto siamo con le attività di “differenziazione” dei due prodotti? La modifica della scheda tecnica?». La chiamano così, questo che per l’Antitrust è un accordo non scritto, un cartello per spartirsi quote
di mercato: “Differenzazione”.
IL PIANO PER DISTINGUERSI
Nel 2007 Novartis, che possiede con una società controllata il 33 per cento della Roche, ha un problema. Deve iniziare a distribuire il suo Lucentis, oltre 1.000 euro a flacone a quel tempo, in Europa, dove però è diffusissimo l’uso dell’Avastin, che non ha indicazioni per gli occhi ma funziona ugualmente. E infatti lo usano centinaia di oculisti. Tra l’altro costa molto meno. «Novartis non ha i mezzi per fermare le vendite di Avastin
— comunica in aprile il capo dei servizi legali alla dirigenza — possiamo fare poco». A monte c’è un contratto stipulato con Genetech, la società americana che ha inventato i principi attivi di entrambi i medicinali. «Roche detiene i diritti fuori dagli Stati Uniti», spiega il legale. Non si può fare nulla, in teoria. Eppure dal 2008 — annota il Garante della Concorrenza — stranamente la Roche comincia una serie di azioni «volte ad ottenere avvertenze e limitazioni relative all’uso off label (cioè fuori dalle indicazioni) dell’Avastin». Ro-
che, insomma, cerca di affossare il proprio prodotto definendone l’uso intravitreale «pericoloso», mentre, come dimostra un documento agli atti, lo conituna a fornire ad alcune cliniche private. Chiede addirittura ad Ema, l’agenzia del farmaco europea, di inserire «specifiche avvertenze su eventi avversi oculari verificatesi a seguito dell’uso». Ema, però, rigetta le istanze della Roche, si limita a fare qualche modifica, e a gennaio del 2013 sentenzia: «Il Lucentis non è più sicuro rispetto agli altri farmaci dello stesso tipo».
CAMPAGNE CONCORDATE
Novartis, intanto, non si sa bene a che titolo, continua a «spingere messaggi sui rischi per la sicurezza di Avastin». Come? Organizzando convegni, finanziando pubblicazioni di «revisione degli studi comparativi». Senza che i concorrenti abbiano niente da dire. Del resto, basta leggere la mail del 14 settembre 2012 per capire che aria tira. «Novartis — scrive il direttore medico di Roche Italia alla dirigenza, dopo un confronto con la controparte — ci chiede una comunicazione proattiva che sottolinei aspetti etici e rischi professionali degli oftalmologi che utilizzano il farmaco off label. Io condivido in linea di principio la richiesta». E agli atti c’è anche una lettera del 15 novembre 2010 che circolava tra i dirigenti della Roche Italia, in cui un l’uso di Avastin e Lucentis per la cura delle malattie della vista viene messo sullo stesso piano: «Un collega che si deve sottoporre al trattamento avastin/lucentis chiedeva chi dei nostri medici poteva fornirgli informazioni».
LOBBY ANTIDECRETO
Le case farmaceutiche cercano di eliminare gli ostacoli al loro accordo. Sono spaventate da una norma che potrebbe essere inserita nel “decreto Balduzzi” dell’allora ministro alla salute. Prevede che un farmaco possa essere usato “off label”, a discrezione dell’Aifa, anche se esiste già un medicinale autorizzato per quella patologia. Così il giochino salterebbe. La lobby si muove. E il capo ufficio comunicazione di Roche Italia il 12 settembre 2012 scrive una mail ai dirigenti della società. «Il decreto Balduzzi è una spada di Damocle che sdoganerà l’utilizzo di Avastin in oftamologia e sarebbe importante aggiornare una strategia reattiva condivisa con Basel e probabilmente
Novartis».
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I documenti
L’Antitrust ha acquisito lo scambio di mail tra i responsabili di Roche e Novartis che documentano le campagna concordate e le dichiarazioni-spot

FABIO TONACCI
ROMA
— «Avastin e Lucentis sono efficaci entrambi per prevenire la perdita della vista nella maculopatia negli anzini. Anche se uno studio clinico denominato “Catt” e condotto da un ente governativo ha dimostrato che l’incidenza di effetti collaterali era maggiore nel gruppo trattato con l’Avastin». A parlare è chi ha reso possibile la nascita dei due farmaci della discordia, il professor Napoleone Ferrara, catanese d’origine, biologo molecolare e dal 2013 ricercatore al
Moores Cancer Center
di San Diego, in California. Ferrara evita di entrare nel merito della decisione dell’Antitrust, che ha inflitto una maxi multa alle multinazionali che hanno messo a punto i due prodotti, ma spiega come e con quali risultati si è svolta la ricerca a monte.
Professore, di cosa si occupava alla metà degli anni Novanta alla Genertech, prima che venisse acquistata dalla Roche?
«Lavoravo sul Vegf, sul fattore di crescita vascolare endoteliale, quando ero ancora un “postdoctoral fellow” all’Università della California. Studiando l’ipofisi, scoprii che certe cellule elaborano una proteina che stimola la proliferazione delle cellule endoteliali, un componente essenziale dei vasi sanguigni. Completai queste ricerche alla Genentech, dove ho lavorato per quasi 25 anni, sino all’anno scorso. Nel 1989 riuscimmo ad isolare la proteina e clonare il gene del Vegf. Negli anni successivi, utilizzando tecniche farmacologiche e genetiche, potemmo dimostrare che degli inibitori particolari bloccavano la crescita di vari tumori e la proliferazione dei vasi sanguigni in modelli animali di retinopatia proliferativa e maculopatia degli anziani».
E siete arrivati all’Avastin. Che tipo di farmaco è?
«Inibisce appunto l’azione del Vegf, un anticorpo per la prima volta generato nel topo nel 1992 e, successivamente, nel 1997, “umanizzato”, vale a dire che mediante tecniche di ingegneria genetica può essere somministrato all’uomo senza indurre una risposta immunitaria. Il bevacizumab, che è il principio attivo dell’Avastin, è stato approvato negli Usa, nell’Unione Europea e in numerosi altri paesi per il trattamento di vari tumori, compreso il carcinoma colon-rettale, i carcinomi dell’ovaio, certi tumori del polmone, e i tumori renali».
Poi, qualche anno dopo, avete sviluppato il Lucentis.
«Quando iniziammo a valutare lo sviluppo di un inibitore del Vedf per uso intraoculare, i rischi della somministrazione
dell’Avastin erano sconosciuti. La possibilità che tale anticorpo potesse provocare infiammazioni e potenzialmente peggiorare la visione non poteva essere esclusa. Pertanto allora sembrò prudente sviluppare una molecola come il ranibizumab, che è alla base del Lucentis. Mediante tecniche di ingegneria genetica, l’affinità per il Vegf è circa 10 volte maggiore dell’affinità dell’Avastin. Come vedete, si tratta di un processo molto complesso e le due molecole — Avastin e Lucentis — sono profondamente diverse».
Le molecole sono diverse, ma l’efficacia per trattare le maculopatie è la stessa o no?
«Sono chiaramente efficaci entrambi. Tuttavia l’incidenza di effetti collaterali era maggiore nel gruppo trattato con l’Avastin. Il ranibizumab, la molecola del Lucentis, è stato sviluppato per la somministrazione intraoculare. L’Avastin invece per quella endovenosa e l’uso intraoculare off label comporta il frazionamento del flaconi del farmaco. Questo processo comporta rischi di contaminazione batterica e periodicamente si verificano episodi di endoftalmite in pazienti trattati con l’Avastin. Alcuni anni fa ci fu un ospedale in America che sospese temporanemante l’uso off label dell’Avastin per tale motivo. Quindi, nonostante il fatto che entrambi i farmaci siano efficaci, sembra che ci sia un maggiore rischio associato all’uso dell’Avastin».
È vero che la ricerca in campo farmacologico è quasi tutta finanziata dalle stesse case farmaceutiche?
«Mi sembra che questa sia po’ un’iperbole. Non c’è dubbio che le case farmaceutiche finanzino ricerche farmacologiche, ma per quanto mi risulta un gran numero sono svolte in modo indipendente».
Le sono mai state fatte pressioni dalle grandi case farmaceutiche?
«Posso dire che ho avuto la massima libertà di sviluppare questo settore di ricerca negli anni trascorsi alla Genentech».
Perché un talento come lei è a San Francisco e non in qualche istituto di ricerca italiano?
«Lasciai l’Italia poco dopo aver conseguito la laurea in Medicina. Le opportunità erano indubbiamente maggiori negli Stati Uniti. Tuttavia la scienza è internazionale ed è per me una grande soddisfazione che i miei studi abbiano dato luogo a terapie utilizzate anche in Italia».
Ma è vero che la candideranno al premio Nobel?
«Grazie per la fiducia, ma non sta a me fare queste predizioni».
(fa. to.)

INTERVISTA AL MINISTRO
REPUBBLICA DI OGGI

MICHELE BOCCI
ROMA
— L’Aifa sarà riformata, e con una nuova legge si cercheranno di evitare altri casi come quello Avastin-Lucentis. Beatrice Lorenzin annuncia novità nel settore dei farmaci dopo la super multa che l’Antitrust ha fatto a Novartis e Roche (circa 90 milioni a testa) per essersi accordare al fine di tenere sul mercato il medicinale più caro tra i due da loro prodotti per la lotta alla maculopatia. Le parole del ministro alla Salute arrivano nel giorno in cui il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella parla di un problema regolatorio sui farmaci, e quindi lancia un’accusa all’Agenzia del farmaco, auspicando l’intervento di Governo e Parlamento. L’Aifa rivendica di avere fatto tutto nell’interesse dei pazienti e annuncia una querela contro la Società oftalmologica italiana perché ha adombrato collusioni con le case farmaceutiche.
Le polemiche su Avastin e Lucentis vanno avanti da anni, lei come ha saputo della vicenda?
«Ho ricevuto una mail degli oculisti poco dopo essermi insediata. Così ho chiesto un approfondimento ad Aifa, da dove mi hanno spiegato che c’è un problema di effetti collaterali con l’Avastin. Inoltre mancano i dati sul suo uso nelle Regioni, il dosaggio dà problemi e infine una norma rende impossibile l’uso di medicinali per indicazioni non previste se ci sono altri prodotti autorizzati proprio per quella patologia. Allora ho ricevuto gli oculisti, che negli ultimi mesi saranno venuti al ministero almeno quattro volte. Ho mandato altre due lettere ad Aifa per chiedere
nuove spiegazioni, una in occasione della risposta ad una interrogazione di Ncd».
Perché ha insistito così tanto con l’Agenzia del farmaco?
«Ho visto che ci sono tanti studi favorevoli ad Avastin, che è utilizzato da milioni di persone in tanti paesi d’Europa e nel Nord America. Gli stessi professionisti mi hanno raccontato di aver usato questo medicinale per anni sui loro pazienti senza problemi. Non sono un farmacologo, ma come cittadino mi sono chiesta come sia possibile una cosa del genere. Per questo di recente ho coinvolto anche il Consiglio superiore di sanità, invitandolo
a fare un approfondimento sugli effetti collaterali e su come vengono utilizzati questi farmaci negli altri paesi. Voglio risposte in tempi brevi. Tra l’altro proprio in questi giorni sta uscendo uno studio inglese sulla sicurezza dell’Avastin».
Oltre a interpellare gli organismi scientifici quali azioni ha avviato?
«Intanto ho chiesto di sapere se nel nostro Paese esistono casi simili a quello sanzionato dall’Antitrust, e che costo economico comportano per il sistema. Più in generale cerco di capire se ci sono ambiguità che alterano la correttezza del mercato. Poi dopo la decisione
dell’Autorità della concorrenza ho chiesto ai miei uffici una valutazione tecnica approfondita perché ho intenzione di proporre una legge che permetta di introdurre nel sistema sanitario, su parere dell’Aifa, i farmaci off label anche per motivi economici. Ovviamente deve esserci la massima sicurezza per i pazienti. Si tratta di una norma simile a quella presentata dall’ex ministro Renato Balduzzi a suo tempo e respinta dal Parlamento per motivi che sto cercando di conoscere
».
Cosa ha pensato quando ha letto le mail dei dirigenti di Roche e Novartis finite negli atti
dell’Antitrust?
«Che si tratta di una vicenda odiosa, che rischia di gettare un’ombra su quanto fatto dall’industria farmaceutica in questi anni per aumentare trasparenza e collaborazione con il sistema sanitario. Abbiamo visto molti passi in avanti ma purtroppo casi del genere finiscono per colpire negativamente un intero settore. In questa storia vedo però anche un elemento di modernità, e sta nel ruolo dell’Antitrust. Abbiamo bisogno di una autorità così, forte e indipendente. Quanto successo ci fa capire la sua importanza: quando l’Antitrust fa l’Antitrust emergono cose interessanti».
In questi giorni in molti hanno attaccato l’Aifa. Cosa pensa dell’agenzia?
«Ho intenzione di riorganizzarla, anche approfittando del fatto che a giugno scadono tutte le cariche. Sono gli stessi componenti di Aifa ad avermi chiesto di renderla uno strumento ancora più efficace ed efficiente. Vogliono strumenti per lavorare di più, con rapidità e funzionalità. Dobbiamo scegliere le persone giuste per i comitati. Devono essere composti da professionisti di alto profilo, che si dedichino a tempo pieno all’agenzia regolatoria e non facciano anche altro, come succede adesso. E ci vuole ricambio. Dico tutto questo anche perché Aifa in questi anni è cresciuta, diventando uno strumento sempre più importante, non solo per come ha regolato l’ingresso dei farmaci nel sistema, facendoci diventare uno dei paesi con i prezzi più bassi in Europa, ma anche dal punto di vista tecnico-scientifico. Ora però ci vuole un salto di qualità».
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MARGHERITA DE BAC SUL CORRIERE DEL 6 MARZO
ROMA — Una multa record, 180 milioni di euro, per due case farmaceutiche che hanno ingannato anziani affetti dalla degenerazione maculare senile, una malattia della retina che colpisce una persona su tre dopo i 75 anni. Se non viene curata in tempo porta alla cecità. In Italia i casi gravi sono circa 200 mila, da trattare con due farmaci. Uno costosissimo, «Lucentis», di Novartis, 900 euro, che ha un’indicazione specifica per questa patologia. Poi c’è il vecchio «Avastin», di Roche, sui 50 euro, nato per il tumore al colon, altrettanto efficace ma privo della scritta che sul foglietto illustrativo autorizza a darlo per la maculopatia. I medici che lo prescrivono con la procedura dell’off label se ne assumono la responsabilità. «Lucentis» è arrivato nel 2007. Da allora una parte degli oculisti e varie associazioni si chiedono perché i due medicinali non vengono messi sullo stesso piano. L’Antitrust ha dato una risposta con una sentenza che infligge una multa record alle due aziende: 180 milioni. L’accusa è di aver costituito un cartello per condizionare le vendite dei due principali farmaci anticecità. Secondo l’Autorità della concorrenza l’accordo tra i due colossi mondiali aveva l’obiettivo «di ostacolare la diffusione dell’uso di un farmaco molto economico a vantaggio di uno molto più costoso, differenziando artificiosamente i due prodotti». Veniva alimentata la tesi secondo cui le due molecole pur avendo lo stesso effetto sono diverse e solo quella targata Novartis è specifica per essere inoculata nella macula, con minori rischi. L’Antitrust stima che il presunto cartello abbia causato al nostro servizio sanitario «un esborso aggiuntivo di oltre 45 milioni di euro nel 2012 con prevedibili costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l’anno». Novartis e Roche respingono fermamente le accuse, negando ogni accordo e annunciano individualmente il ricorso al tribunale amministrativo, il Tar. Tra i primi a denunciare l’accaduto è stata la Società oftalmologica italiana, la Soi, presieduta da Matteo Piovella che ha accusato anche Aifa (l’agenzia nazionale del farmaco) per l’esclusione di «Avastin». Commenta Piovella: «La sentenza rimette a posto la situazione. Aifa ha di fatto bloccato l’impiego del farmaco che prima era utilizzato 9 volte su 10. Non è pericoloso. Equivale a “Lucentis” per sicurezza ed efficacia». Secondo Soi circa 100 mila persone restavano senza cure perché in molte Asl «Lucentis» non veniva rimborsato, in quanto non economico. La Regione Emilia Romagna non accettò l’esclusione di «Avastin» e lo impose come unica terapia mutuabile. Aifa si dichiara favorevole alla sentenza e rileva di aver raccomandato l’uso attento di «Avastin» su indicazione dell’Agenzia europea dei medicinali che segnalò «gravi reazioni avverse». Dopo quella di Torino, anche la Procura di Roma ha aperto un’inchiesta. L’associazione Codacons attacca: «Ora ministero e Regioni chiedano i danni o agiremo con i risarcimenti».
Margherita De Bac

DAL CORRIERE DEL 7 MARZO
Sul caso era già in corso un’indagine della Procura di Torino, affidata ai Nas e iniziata nel 2012 dopo una denuncia della Società oftalmologica italiana (Soi, l’associazione degli oculisti)
Il pm Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo per truffa al Servizio sanitario nazionale anche se ad ora non ci sono indagati
•••
La Procura di Roma ha aperto ora un’inchiesta per aggiotaggio e truffa aggravata al Servizio sanitario nazionale per il presunto cartello che avrebbe condizionato la diffusione del farmaco economico per la vista. Secondo i magistrati contro l’uso del farmaco economico si scatenò una campagna di denigrazione

VIRGINIA PICCOLILLO SUL CORRIERE DEL 6 MARZO
ROMA — Ai pazienti sconosciuti che rischiavano la cecità no, ma agli amici e parenti si poteva dire che il farmaco supercostoso e quello low cost avevano effetti del tutto analoghi. È questo uno dei risultati clamorosi delle indagini che hanno portato alla multa da 180 milioni di euro per i colossi del farmaco Roche e Novartis, colpevoli per l’Antitrust di aver fatto cartello per promuovere il carissimo Lucentis (Novartis, circa 700 euro a fiala) ai danni dell’equivalente Avastin (Roche, 80 euro circa). Appare chiaro il patto di Big Pharma, grazie alle mail acquisite ieri dalla Procura di Roma, che ha aperto un’indagine per aggiotaggio e truffa aggravata. I dirigenti delle due aziende farmaceutiche teoricamente concorrenti, si accordano da bravi compari, per far sì che gli oculisti e il Servizio sanitario nazionale possano cadere in trappola, ritenendo diversi i farmaci e più pericoloso il meno costoso. A farne le spese, oltre ai malati che in alcune Regioni hanno dovuto rinunciare alle cure perché il Lucentis era troppo caro per essere rimborsabile, le casse della sanità pubblica: 45 milioni di danni quantificati solo nel 2012. Ora il governatore del Veneto, Luca Zaia esulta: «Avevamo visto giusto in tempi non sospetti, già nel 2011 quando deliberammo di acquistare il farmaco meno costoso». Ma gli altri? Ci sono responsabilità, omissioni, o come ipotizza la società degli oculisti, scenari di corruzione? Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, punta il dito verso l’agenzia del farmaco: «Se Avastin è più sicuro o no di Lucentis non lo posso dire io ma l’Aifa. E dice che riformarla è «alla sua attenzione». L’Aifa in una nota apprezza la «storica decisione dell’Antitrust». «L’Aifa non va riformata ma commissariata » ha detto più volte Matteo Piovella, presidente della Società oftalmologica italiana (Soi). E almeno ora, chiedono gli oculisti, si intervenga.
Ma basta leggere le carte per capire la gravità dello scenario. In una mail del 15 novembre 2010 un dirigente di Roche parla a un altro di un conoscente «che ha una sua parente che dovrebbe sottoporsi al trattamento con Avastin/Lucentis e chiedeva chi dei nostri medici poteva fornirgli delle informazioni. So che per quello che non siamo autorizzati a fornire info ma qui stiamo parlando di un consiglio ad un collega». Molte le bugie raccontate all’esterno per impaurire gli oculisti su presunti effetti pericolosi del più economico. Il 3 maggio l’amministratore delegato di Novartis scrive all’ad Roche una strana mail. Auspica ampia copertura mediatica «anche in Italia» di una dichiarazione fatta dal ceo Roche, che dal punto di vista economico appare suicida: «Lucentis è il miglior farmaco per la cura della vista non Avastin». E ancora: «Se mia moglie avesse un problema agli occhi la curerei con quello».
Il perché, secondo l’Autority va ricercato nei bilanci: Roche controlla Genetech che ha sviluppato entrambi i farmaci e prende da Novartis le royalty su quello piu caro. A sua volta Novartis guadagna vendendo il farmaco ma partecipa anche agli utili Roche.
Virginia Piccolillo

PICCOLILLO SUL CORRIERE DELL’8 MARZO

ROMA — C’era un «piano» ben determinato e concertato tra Roche e Novartis per gettare un allarme ingiustificato sul farmaco meno costoso e far sì che gli oculisti non avessero, com’è a tutt’oggi, il permesso dall’Aifa (l’agenzia del farmaco) per utilizzarlo. Malgrado studi internazionali avessero riconosciuto che i rischi e gli effetti nella cura di maculopatie di Avastin (di Roche, all’epoca 80 euro, ora circa 10) e Lucentis (di Novartis, all’uscita 2.019 euro, ora circa 700) fossero equivalenti.
Sono sorprendenti le carte che hanno dato origine alla maximulta dell’Antitrust per i due colossi del farmaco, ora finite nei fascicoli anche della Procura di Torino, che da due anni lavora a 360 gradi sulla vicenda e ha già iscritto alcuni indagati ipotizzando un’associazione a delinquere per reati di vario genere, incluso l’aver fatto mancare le cure ai malati indigenti, e si avvia a chiudere il cerchio al più presto. E quella di Roma che due giorni fa ha aperto un fascicolo sul «patto» ipotizzando pure l’aggiotaggio e la truffa.
Sorprendono alla luce degli allarmi inascoltati degli oculisti all’Aifa e al ministero lanciati già dal 2009. Un carteggio tra il presidente della Soi (Società oculisti italiani) e l’Aifa, dimostra che i medici avevano messo nero su bianco l’equivalenza clinica dei due farmaci e avevano lanciato l’allarme sui pazienti per mesi lasciati senza cure perché Lucentis era troppo costoso per essere rimborsabile e non poteva essere somministrato in ospedale, ma l’Avastin non aveva il via libera dall’Aifa. Così, mentre Novartis fa sapere di non aver ricevuto nessuna comunicazione dalla Procura di Roma, come ovvio giacché il fascicolo è ancora contro ignoti, e di aver sempre rispettato «il quadro regolatorio nazionale ed europeo», il presidente della Soi Piovelli chiede: «E ora cosa farà il ministro della Salute Beatrice Lorenzin? Ci permetterà finalmente di usare il farmaco meno costoso? E interverrà sull’Aifa che non ci ha dato ascolto lasciando per mesi nelle strutture pubbliche malati senza cura?». E la signora Tina, pensionata di 94 anni, indignata, segnala al Corriere : «Chi mi ridarà i 1.700 euro che ho dovuto tirar fuori dalla mia pensione per il farmaco che la clinica convenzionata non mi passava»?
Partono dal febbraio 2009 gli allarmi inviati dal presidente Soi Piovelli al presidente dell’Aifa Pani e al suo predecessore Guido Rasi. Il massimo interlocutore scientifico dell’oftalmologia italiana scrive che «nel perseguire l’obiettivo primario di tutela della salute oculare dei cittadini ritiene necessario non escludere dalla legge il farmaco Avastin». Aggiunge che «non ci sono evidenze di effetti avversi» e che tutte le «comparazioni non hanno riscontrato nessuna differenza» tra Avastin e Lucentis. Niente. Il 18 giugno Piovelli avverte del «grave e ingiustificato vuoto di trattamento rimborsabile». Specifica che «l’autosufficienza di migliaia di pazienti è una responsabilità a cui non è possibile sottrarsi». Nulla. Scrive ancora, e ancora. Il 13 luglio 2011 torna a segnalare il «cavillo giuridico» che impedisce l’uso del «farmaco gemello» e segnala «l’enorme spreco» di denaro e il mancato «trattamento dei malati svantaggiati». Il 29 febbraio 2012 segnala a Pani lo studio indipendente Usa che testimonia l’«equivalenza» dei farmaci e sottolinea «con il costo del trattamento con Lucentis di un solo paziente se ne potrebbero curare 60 con Avastin». Nulla. Il 2 febbraio 2012 segnala al ministero della Salute il rischio «di danni irreversibili alla vista per 2 milioni di pazienti». Un carteggio che prosegue tra i «sospetti effetti avversi» sostenuti ancora ieri dall’Aifa. Intanto nel novembre 2011 gli avvocati Giorgio e Giancarlo Muccio dell’Aiudapds (associazione di medici di day surgery) presentano il primo esposto che finirà all’Antitrust.
Contemporaneamente si svolgeva l’«attività» di Roche e Novartis per «creare ad arte inesistenti differenze di pericolosità», scrive l’Antitrust, basato su una «comunicazione efficace, convegni, finanziamento di pubblicazioni di revisioni degli studi comparativi, articoli». Ci sono le mail tra l’amministratore delegato della Roche che chiede al responsabile farmacovigilanza dell’azienda dell’«eventuale esistenza e consistenza di eventi avversi». E l’altro replica: «Ho guardato nel database di Aifa, ci sono 13 segnalazioni delle quali 4 sono casi di letteratura inseriti da noi. Le altre 9 provengono dal Nord dove storicamente si segnala di più». Praticamente zero. In una mail di inizio 2013 nell’«intento di difendere le vendite di Lucentis in Francia e Italia» raccomanda metodi spicci: «generando e comunicando preoccupazioni per la sicurezza di Avastin».
Virginia Piccolillo