Maurizio Crosetti, la Repubblica 8/3/2014, 8 marzo 2014
IL GENIALE ANTIPATICO DI MASTERCHEF
La tivù ha appena spadellato un altro personaggio tra i fornelli, il già celeberrimo Federico Francesco Ferrero, vincitore di Masterchef: essendo piemontese e portando quel cognome, non poteva non occuparsi di cibo. Ma qui la Nutella non c’entra, e davvero FFF non è dolce. Semmai affilato come i coltelli per il pesce crudo, quelli di ceramica che ti tagliano solo a guardarli.
Scusi, signor Ferrero, ma lei è così antipatico come dicono?
«No, assolutamente. Ma quanto tempo abbiamo per l’intervista? Basterà un quarto d’ora? Ne ha parlato bene con la mia addetta stampa?»
Certo. Dunque, lei a Masterchef...
«No, scusi una cosa. Ma l’intervista sarà pubblicata sulle pagine locali o su quelle nazionali? Sa, qui c’è una fila di giornalisti che mi aspetta».
Immaginiamo, comunque pagine nazionali, si rassereni. Dicevamo, Masterchef...
«Ah, il punto di svolta, uno di quegli snodi del destino che bisogna saper riconoscere. Partecipando a questa avventura, ho proprio capito che tutta la mia vita ruota attorno al cibo».
Quando cominciò?
«A quindici anni, dopo avere curiosato i gesti di mia nonna e mia mamma, cuoche bravissime ma gelosissime: infatti, nessuna delle due mi ha mai insegnato niente. Cuoco sono diventato durante una vacanza in barca, nessuno voleva farlo, scesi io in cucina e voilà».
Talento? Fortuna? Tecnica?
«Direi piuttosto un palato assoluto, come l’orecchio assoluto dei musicisti. Se io assaggio un piatto, dopo cinque minuti lo rifaccio identico o migliore».
Come un concertista! Lei, in fondo, è un pianista dilettante.
«Ah, ma quanto studio prima dell’assolo! Passionaccia, tecnica, esperienza, idee, fantasia. La creazione arriva dopo, è il momento sillogico».
È per questo che lei ama una cucina concettuale?
«Si chiama Masterchef, non MasterMammachecucina, e allora bisogna creare cose complesse. A casa mia so fare anche altro».
Però lei non avrebbe mica vinto con aglio, olio e peperoncino.
«Un piatto difficilissimo invece, servono l’equilibrio perfetto, e l’aglio buono, e l’olio eccellente, e la pasta giusta: invece, al 90 per cento è organoletticamente pessima. E poi, i tempi di cottura: un minuto in meno ed è dura, uno in più ed è colla».
Quei tre giudici cattivissimi sono rimasti incantati da lei, niente “dilusione” per Bastianich.
«Le svelo un segreto: nessuno dei piatti che ho preparato in trasmissione l’avevo non dico fatto, ma neppure mai pensato prima».
Il suo avversario sconfitto dice che lei è stato favorito.
«I miei piatti sono stati serviti dopo i suoi, semmai sono arrivati più freddi, dov’è il vantaggio? E comunque oggi è un giorno di gioia e amicizia, non di polemiche».
Esiste una cucina facile?
«Certo, la cucina non cucinata: un branzino nel forno per venti minuti, una battuta al coltello di carne cruda. Diciamo che io ho altre ambizioni».
Tipo?
«Dimostrare che quel che è buono non fa male, e che il buono e il sano si possono trovare anche in un grande ristorante».
Qual è il primo ingrediente di uno chef, a parte la modestia?
«La generosità, il gusto di darsi agli altri. Mica per niente le nonne e le mamme sono maestre in quest’arte».
E poi?
«Serve il palato assoluto di cui dicevo, perché non si diventa grandi cuochi se non si è prima grandi assaggiatori, non parlo di ristoranti stellati, dico soprattutto trattorie. E poi l’occhio: io sono medico, non so per quanto ancora, e ho sempre saputo ripetere i nodi chirurgici dopo averli visti una sola volta».
È vero che lei non guarda la tivù e non conosceva il fenomeno Masterchef?
«Ne avevo letto, ne sapevo poco. Ma ogni circolazione delle idee è benedetta, ogni contagio serve».
Ha detto che forse non farà più il medico nutrizionista: aprirà un ristorante?
«Per adesso mi concentro sul libro di cucina che sto scrivendo, non di ricette, di cucina, una novità assoluta».
Come il palato. E poi?
«Poi vorrei essere un artista, ma è solo un sogno».
Signor Federico Francesco Ferrero, lo sa che 24 bambini italiani su 100 vorrebbero diventare chef?
«Magari li spingesse la passione, invece li attirano le star».
A proposito, lei era un bimbo mangione?
«Altroché! Sono cresciuto negli anni Ottanta, quelli del nefasto “menù baby”, cioè patatine fritte e cotoletta. Per fortuna, mio papà diceva: il bambino sceglie una cosa sola, mezza porzione ma dal menù degli adulti. E se non potevo, mangiavo due volte: prima con i bimbi, poi con i grandi». Stomaco assoluto.