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 2014  marzo 08 Sabato calendario

LE ILLUSIONI PERDUTE DELL’OCCIDENTE DI PUTIN

Non c’è nulla di più folle nella realpolitik che promettere solennemente qualcosa di irrealizzabile. È così che iniziano le guerre mondiali. Nel 1939 Gran Bretagna e Francia promisero alla Polonia che se Adolf Hitler fosse diventato scomodo saremmo corsi in aiuto di Varsavia. Il primo settembre Hitler divenne molto scomodo.
Purtroppo tra il confine francese e quello polacco si frapponeva un grande ostacolo, chiamato Germania. La nostra promessa ai polacchi era del tutto vana. Così, secondo una logica disastrosa, dichiarammo invece guerra alla Germania. Le analogie con l’attuale situazione ucraina non mancano.
I media in parte gridano che dovremmo garantire l’assoluta sovranità ucraina. Chi esattamente dovrebbe farla rispettare? La fanteria leggera di Dortmund? È un po’ lontanuccia. La fanteria non è esattamente pronta e l’esercito russo circonda l’Ucraina su tre lati. La Bielorussia, a nord, è nuovamente un vassallo di Mosca e la marina russa controlla il sud marittimo. A meno di passare per la Romania, l’Ucraina è irraggiungibile.
Quindi diamoci una calmata e ragioniamo su cosa è accaduto, perché, come e su cosa si può fare.
Innanzitutto togliamoci l’illusione che dopo Gorbaciov l’orso russo abbia mai cambiato carattere. Non è così. Da mille anni a questa parte la Russia non ha mai liberato nessuno, solo conquistato e occupato. E sta accadendo di nuovo la stessa cosa. L’uomo al potere non è un “nuovo” russo, ma un classico russo del passato, addestrato come un duro del Kgb e totalmente preda della tradizionale paranoia russa secondo cui «noi siamo circondati da nemici e dobbiamo attaccare per primi per proteggerci».
Il fatto che la Russia si estenda dal confine polacco a Vladivostok e che sia un po’ difficile per la Baronessa Ashton circondarla è fuori discussione. Ma la paranoia prescinde dalla logica.
È chiaro da anni che Vladimir Putin è un tipo strano. Un uomo di mezza età che continua a farsi fotografare in pose omoerotiche, a cavallo a torso nudo in Siberia, con i pettorali in contrazione mentre imbraccia un fucile d’assalto, ha qualche problema. Di solito può servire l’aiuto di un gentile professore con la targa “psichiatra” sulla porta. Ma i diplomatici devono lavorare sul materiale disponibile e quello che hanno sottomano è Vladimir Putin.
Quanto alla provocazione architettata dall’Occidente, echeggia a sua volta logiche da fine anni Trenta. In Occidente sappiamo che non c’era alcun bisogno che i nostri agenti provocatori fomentassero la rivolta del popolo dell’Ucraina occidentale contro un leader stupido e incompetente come Yanukovich e la corruzione delle istituzioni. Non serve insegnare a nuotare alle papere.
Poi c’è da considerare la complessità della terra ucraina. Non è affatto un paese unito sotto il profilo politico, etnico o culturale. In genere a litigare sono due parti che non vanno d’accordo. In Ucraina sono quattro. La zona occidentale parla ucraino ma ha sempre guardato ad ovest in cerca di una cultura, un modello, e un futuro auspicato. La zona orientale parla a sua volta ucraino, ma ha sempre guardato a nord, alla Madre Russia
e settant’anni di unificazione sotto l’Urss non hanno indebolito questa attrazione magnetica. Ma non basta.
Gli abitanti di cinque province, pur di etnia ucraina e perfettamente in grado di parlare l’ucraino, hanno scelto il russo come lingua ufficiale regionale. E poi ci sono i russi puri, i residui di tre generazioni di insediamenti da Stalin a Gorbaciov. Così anche se gli insurrezionalisti dell’Ucraina occidentale reclamano la democrazia, quella fantasia fuggevole così facile da dire ma così difficile da trovare, non è affatto detto che siano in realtà una maggioranza democratica.
In certe occasioni bisogna andar cauti con le richieste.
Però per Putin la caduta di Yanukovich, suo candidato e protetto, è stata un’umiliazione intollerabile e impossibile da accettare come spontanea. Putin non ammette che qualcuno possa non essere d’accordo con lui. Quindi la causa di tutto sono stati i babau occidentali, in particolare angloamericani. La vendetta è per Putin e per la Russia del tutto giustificabile. Non possiamo fare altro che accettarlo. Le guerre non nascono dalla calma e dalla logica. Partono da ego urlanti, orgoglio ferito e rabbia smodata, e qui c’è tutto. Così Putin ha scelto la Crimea, molto più vulnerabile, per sfogarsi.
La popolazione è composta da una minoranza di ucraini dell’Ovest, una maggioranza di ucraini dell’Est e di russi puri. È inoltre indifendibile e noi saremmo pazzi a tentare di farlo. Ovviamente andavano inventate le debite “provocazioni” e così è stato.
Pensiamo al 1938, ai Sudeti. All’epoca l’enorme macchina della propaganda di Berlino ci subissò di “rivelazioni” sugli orrori inflitti dai terribili cechi ai poveri tedeschi dei Sudeti. Erano tutte balle e i criminali di Henlein fecero la loro parte, ma offrirono giustificazione all’invasione allo scopo di “liberare” e “proteggere”. Oggi i nostri schermi traboccano di russi di Crimea grati fino alle lacrime per essere “difesi” dai loro orribili vicini che non li hanno mai sfiorati. È la vendetta di Mosca per Kiev.
Che si può fare allora? Per la Crimea? Proprio nulla. Per un’occupazione nel giubilo popolare a sostegno dell’Ucraina orientale? Di nuovo nulla. Per una invasione nuda e cruda dell’Ucraina occidentale e la carneficina della popolazione che tenta di reagire come i finlandesi nella guerra d’inverno? Sotto il profilo militare molto poco, a meno di non voler scatenare la terza guerra mondiale con un pazzo. Ma allora si parla di olocausto nucleare.
Vuol dire che Putin ha tutte le carte in mano? Neanche per sogno. Anche se apparentemente non deve
confrontarsi con un’opposizione politica seria, i ministri che lo affiancano non sono pazzi e riconoscono la rovina nel momento in cui si profila. Ci sono due tasti che molti dell’entourage di Putin considererebbero disastrosi se noi dell’Occidente decidessimo di premerli. Ma non possiamo farlo nei prossimi dieci minuti né nelle prossime dieci settimane. Quindi si direbbe proprio che Putin in Ucraina possa farla franca... per un po’.
Il primo tasto è quello del commercio/ economia. L’economia russa è paragonata a quella dell’Europa intera, o degli Usa, o di entrambe. Nessuno compra i manufatti russi. Automobili? Aerei? Le armi persino? Devono regalarli. Ma a Putin servono grandi somme da spendere nel tentativo di ricostruire la vecchia Urss, l’impero sovietico. Da dove le prende? Dal petrolio e dal gas. Entrambi sono fonte di oceani di denaro e, alla bisogna, servono come leva di pressione e minaccia. La Germania è stata sempre folle ad abolire le sue fonti di energia nucleare pulita e sicura sostituendole con la schiavitù delle forniture di petrolio e gas da parte di Mosca. Ma non è ancora troppo tardi.
L’Occidente ha la prospettiva di nuove fonti energetiche. Con dinamismo, motivazione, forza di volontà, e abbandonando stupidi atteggiamenti da beatnik potremmo affrancarci dalla minaccia degli oleodotti e gasdotti dell’Est. La rivoluzione del gas di scisto in America ha prodotto spettacolari successi, liberando gli americani. Gli europei sono ancora schiavi dei fornitori.
Un’altra rivoluzione forse è sfuggita a Vladimir Putin. La tecnologia della consapevolezza. Ai tempi della sua
gioventù Mosca riusciva ancora a isolare completamente la popolazione russa dalle informazioni provenienti dall’estero. Poteva costringere i russi ad ascoltare solo
Radio Mosca, a leggere solo la Pravda, a guardare solo la tv sovietica. Poteva far loro il lavaggio del cervello, così che credessero e si fidassero solo dei loro leader e di quello che gli veniva detto. Ormai qualunque bambino con un i-phone ha in mano il mondo. Chi ha realmente fatto cadere Mubarak in Egitto, smascherato Gheddafi in Libia, condannato Assad a Damasco? La gente. Ma perché? Perché aveva visto un mondo migliore. Sapeva chi aveva colpa della sua misera situazione.
Se in Russia i prezzi salgono, il rublo diventa cartaccia, e i rifornimenti scemano, i russi dovranno solo guardarsi il palmo delle mani per capire il perché — il vero motivo. A quel punto i burattinai i del Cremlino potrebbero decidere che il tempo delle invasioni imperiali è finito ed è ora che il loro uomo se ne vada via a cavallo, a torso nudo, verso il tramonto. Ma per il momento in Ucraina e in Crimea non c’è nulla che noi, l’Occidente, possiamo fare se non stare uniti, pianificare ed attendere. Verrà il nostro momento. Per favore però, smettiamola di illuderci.
(traduzione di Emilia Benghi)