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 2014  marzo 07 Venerdì calendario

L’INDULTO DIMEZZA LA RECIDIVA


Con la legge del 31 luglio 2006 è stato concesso provvedimento di indulto per tutti i reati puniti entro i tre anni di pena detentiva e con pene pecuniarie non superiori a 10.000 euro. Il provvedimento prevede anche uno sconto di tre anni per coloro che sono stati condannati a una pena detentiva di maggiore durata. Sono esclusi dalla concessione dell’atto di clemenza i colpevoli di un certo numero di reati ritenuti particolarmente gravi. (...) È notorio come il provvedimento di clemenza sia stato oggetto di pesanti critiche legate all’improvvisa liberazione di un elevato numero di persone prima del sopraggiungere del fine pena stabilito dal giudice. Tali critiche si sono sviluppate, in primo luogo, sul piano mediatico, interessando la quasi totalità degli organi di informazione di massa, per poi coinvolgere la gran parte degli attori politici (compresi quanti avevano votato a favore della legge). Il progressivo incremento delle critiche pare aver nel tempo generato una sorta di senso comune secondo il quale l’indulto avrebbe provocato un aumento dell’insicurezza a causa dei reati commessi dagli «indultati». La progressiva rappresentazione degli effetti negativi dell’indulto non pare tuttavia essere stata accompagnata da dati oggettivi che corroborassero tale giudizio negativo. (...) La recidiva dei beneficiari del provvedimento di indulto, dopo 5 anni dall’approvazione della legge, si attesta al 33,92%. Recentemente, uno studio di Fabrizio Leonardi ha mostrato come il 68,45% dei soggetti scarcerati nel 1998 abbia, nei successivi 7 anni, fatto reingresso in carcere una, o più volte. Ora, il dato sui reingressi in carcere dei soggetti scarcerati a seguito del provvedimento di indulto mostra una percentuale di recidivi notevolmente inferiore rispetto a quel 68,45% rilevato dall’Amministrazione Penitenziaria. Il dato della recidiva dei beneficiari dell’indulto si colloca quindi su un livello inferiore rispetto a quello rilevato in un monitoraggio «ordinario». (...) Il clamore mediatico e le critiche che hanno associato l’indulto ad un incremento dell’insicurezza appaiono ingiustificati dal punto di vista dei tassi di recidiva dei beneficiari. La lettura proposta può essere integrata con l’analisi di almeno due variabili che possono contribuire a colmare, almeno in parte, il deficit di conoscenza sul fenomeno. La prima riguarda la recidiva in relazione alla nazionalità del beneficiante la misura. (...) I dati mostrano la conferma di un trend già rilevato nei precedenti monitoraggi, là dove mostra un tasso di recidiva fra gli italiani di circa 13 punti percentuali superiore rispetto a quello degli stranieri. Il dato appare sorprendente, perlomeno nelle sue dimensioni, se raffrontato con le retoriche che hanno accompagnato il provvedimento di indulto. Tali retoriche hanno con frequenza previsto la rappresentazione della figura dello straniero, extracomunitario privo di permesso di soggiorno, come uno dei pericoli maggiori per la sicurezza pubblica una volta rimesso in libertà grazie all’indulto. Ora, lo status sociale e giuridico dello straniero privo di permesso di soggiorno valido induce a interpretare con una certa prudenza i dati presentati. Al netto della dovuta prudenza interpretativa, occorre rilevare come una differenza così marcata fra i due gruppi imponga delle riflessioni sulla correttezza delle politiche penali nei confronti delle popolazioni migranti. (...) Ulteriori considerazioni debbono riguardare il confronto fra il tasso di recidiva delle persone scarcerate e quello di coloro che provengono dalla misura alternativa. Anche in questo caso, così come dimostrato da praticamente tutte le ricerche che si sono occupate del tema, emerge come i soggetti provenienti da un percorso di esecuzione della pena di carattere non detentivo presentino percentuali di recidivi inferiori rispetto a quelle rilevate fra coloro che hanno scontato la pena totalmente in carcere. (...) Occorre, infine, rilevare come, fra i soggetti provenienti dal carcere, i dati confermino una stretta correlazione fra il numero di precedenti carcerazioni e l’aumento dei tassi di recidiva. Appare quindi significativo il fatto che meno di uno su cinque fra gli 11.131 soggetti scarcerati che erano alla prima esperienza detentiva abbiano fatto reingresso in carcere nei successivi 38 mesi. È all’interno di questo universo che troviamo i «veri» beneficiari dell’indulto, vale a dire coloro per i quali la clemenza è stata la possibilità di sfuggire agli effetti negativi provocati dall’esperienza detentiva. Per circa 13.000 detenuti alla prima o alla seconda esperienza detentiva l’indulto è stato quindi l’occasione per uscire dal percorso carcerario senza ulteriori aggravi dal punto di vista esistenziale.