Laura Margottini, pagina99 7/3/2014, 7 marzo 2014
HIV, GUARISCE UN BIMBO CURATO ALLA NASCITA
Un bambino sieropositivo potrebbe essere definitivamente guarito dall’infezione grazie ad una ‘terapia d’urto’ a base di farmaci anti-retrovirali ricevuta subito dopo la nascita.
Secondo gli scienziati che hanno stabilito il risultato, si tratterebbe del primo caso di guarigione da infezione da Hiv solidamente documentato in un neonato. Anche se in passato già un altro bambino almeno era stato trattato con successo allo stesso modo, ma i dati non sembravano altrettanto affidabili.
Il nuovo risultato è stato presentato alla Conferenza sui Retrovirus in corso questa settimana ad Atlanta, Usa, dai medici che hanno seguito il bambino in ospedale. Che hanno raccontato una storia piuttosto inusuale. Riguarda un bimbo nato nel 2010 in ospedale di campagna negli Usa, dopo solo 35 settimane di gestazione. La madre, che pare non si fosse mai rivolta ad un medico durante la gravidanza, è stata diagnosticata sieropositiva solo durante il travaglio. A causa della nascita prematura, il bebé è stato immediatamente trasferito in un ospedale più grande e attrezzato, il Centro Medico dell’Università del Mississippi di Jackson, Usa. E sottoposto al test Hiv si è rivelato positivo.
Normalmente le donne in gravidanza effettuano il test per l’Hiv. Nel caso in cui si rivelano positive, vengono subito trattate con terapie anti-retrovirali, anche per evitare il contagio del nascituro. In questo caso, non essendo stata seguita la prassi normale, i medici hanno scelto di sottoporre il bimbo ad una terapia aggressiva a base di tre farmaci anti-retrovirali, tra cui l’Azt, 31 ore dopo la sua nascita, nel tentativo di evitare il contagio. In vitro è stato dimostrato che l’Hiv ha bisogno di almeno 24 ore per riuscire ad attecchire e attivare il meccanismo di invasione delle cellule. Se si riuscisse ad intervenire entro quei tempi con una terapia che ne contrasti l’attività, si potrebbe stroncare la sua diffusione prima che diventi inarrestabile. Nell’uomo quest’idea non è mai stata testata in ampie sperimentazioni cliniche.
Sta di fatto che dopo 29 giorni dall’inizio del trattamento, il carico virale non si è mostrato più rilevabile con i test standard. Così i medici hanno contattato altri ricercatori in grado di effettuare screening più approfonditi per captare la presenza del virus. Deborah Persaud, pediatra all’istituto Johns Hopkins di Baltimora, che coordina degli studi su bambini a cui sono state somministrate terapie anti-Hiv poco dopo la nascita, ha eseguito nuove analisi del sangue del bimbo con strumenti ultrasensibili. Quello che ha trovato è stata una sola copia di Rna del virus nel plasma, indice della presenza di copie difettose del virus incapaci di replicarsi.
Il trattamento a base di anti-retrovirali è stato protratto per 18 mesi, quando la madre ha deciso di non far proseguire la cura al figlio, per ragioni non note. A 5 mesi di distanza dall’interruzione, si è ripresentata in ospedale per far fare dei controlli al bambino. I test sono risultati ancora una volta negativi, ad indicare che il virus non si stava diffondendo nell’organismo, sebbene i farmaci fossero stati sospesi da un pezzo.
La dottoressa Persuad sostiene che senza alcun dubbio si tratta di un’efficace “cura funzionale”. Una cura cioè che non necessariamente ha debellato del tutto il virus, ma lo ha reso incapace di invadere altre cellule. A distanza di un anno dalla sospensione delle cure, i test continuano ad essere negativi.
Per parlare di cura si dovranno ottenere risultati simili anche su altri neonati e seguirli per diversi anni per essere assolutamente certi che continuino a risultare negativi al test Hiv. «E’ troppo presto per parlare di guarigione,» ha detto il virologo Robert Gallo – co-scopritore del virus Hiv – a pagina99. «Per dire che il virus è sparito sul serio, servono anni di monitoraggio».
Perché una dose massiccia di farmaci a poche ore dalla nascita potrebbe rivelarsi decisivo per eradicare del tutto il virus? Secondo la dottoressa Persaud, un’ipotesi potrebbe essere che i medicinali riescano a uccidere il virus prima che riesca a depositarsi in una riserva nascosta. Una volta che il virus si trova in stato dormiente, i farmaci non riescono a raggiungere queste riserve e quindi ad estirpare del tutto l’HIV. Se fosse questo il caso, nell’adulto il razionale non potrebbe avere lo stesso successo. Perché se la cura funziona nel neonato è proprio perché si riesce ad intervenire nel momento stesso in cui il contagio avviene. Fuori da questo caso specifico, è difficile conoscere il momento esatto in cui l’infezione ha luogo e quindi intervenire.
Secondo le Nazioni Unite, nel 2011 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) i neonati contagiati nel mondo erano almeno 330mila, e più di 3milioni sono i bambini sieropositivi. Una cura efficacie potrebbe azzerare per sempre questi numeri.