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 2014  aprile 07 Lunedì calendario

NEL CUORE DEL GRANDE ORIENTE


Sabato 1 marzo, un po’ prima delle dieci di mattina, gli spettri che si aggirano per l’Italia, per l’Europa, per il pianeta, si materializzano davanti all’ex cinema Belsito, alle pendici di Monte Mario, Roma. Al riparo da una pioggerella gelida, i devoti del Gadu (grande architetto dell’universo) si scambiano il tfa (triplice fraterno abbraccio) in attesa che il Gm (gran maestro) uscente del Goi (Grande Oriente d’Italia) Gustavo Raffi inauguri la nuova Casa Massonica "Ernesto Nathan".
La libera muratoria abusa degli acronimi quanto i redattori di lettere commerciali. E, in effetti, nella piccola folla che attende l’inaugurazione del centro Nathan tira una certa aria da ragionieri in gita. Età media elevata. Poche donne, per lo più mogli, madri e figlie perché il Goi rimane un’obbedienza riservata ai maschi. I rari giovani si accollano con fierezza i labari delle RRLL (rispettabili logge) e li dispiegano all’interno della struttura che un tempo ospitava le adunanze craxiane mentre, da questa settimana, accoglierà le riunioni delle logge romane nei sette templi nuovi di zecca realizzati al piano sotterraneo del Belsito.
Nonostante le luci sfavillanti e le pareti imbiancate di fresco, il mitico complotto della massoneria universale ha un’aria dimessa. Il cronista in caccia di vip deve limitarsi all’ex deputato radicale Massimo Teodori, al giornalista Rai Filippo La Porta e a Valerio Zanone, già segretario del Partito liberale durante la Prima repubblica.
L’apparenza può ingannare. Iniziati e profani attenti al fenomeno concordano: la massoneria non è mai stata tanto in salute. Troppo in salute, a volte. Dal gran commis di Stato al giornalista, dal politico al militare in carriera, dal giudice al criminale organizzato, non c’è emergente che non sia sospettato di impugnare la cazzuola misterica in una delle 187 obbedienze, come si chiamano le associazioni massoniche, sparpagliate per la nazione e spesso in guerra fra loro al punto che la storia dell’Italia unita è in gran parte un seguito di faide tra fratelli: Agostino Depretis contro Francesco Crispi, Enrico Cuccia contro Michele Sindona e il piduista accidentale Silvio Berlusconi contro il tecnocrate Mario Monti, presunto braccio armato delle logge internazionali.
Ma dato che la libera muratoria teorizza la copertura a scopo protettivo delle figure apicali, dalla matinée romana di inizio marzo non c’è da aspettarsi grandi nomi o outing di alcun genere.
Anche gli organi istituzionali invitati all’ex cinema Belsito, dal sindaco di Roma Ignazio Marino fino al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, presunto ufficiale di collegamento tra i fratelli americani e i grembiuli europei, si sono limitati a spedire un messaggio di auguri.
Il Gran Maestro Raffi li giustifica. «Abbiamo deciso questa cerimonia di apertura in tempi brevissimi. D’altra parte, ci tenevo molto a farla io», ammette l’avvocato ravennate con trascorsi nel partito repubblicano. I nemici lo avevano soprannominato Raffinger, molto incautamente. Benedetto XVI si è dimesso ben prima del papa massonico che ha fatto e disfatto statuti pur di prolungare a livelli di record la sua permanenza al vertice. Dopo quindici anni alla guida del Goi, Raffi non si è potuto ricandidare alle elezioni del 2 marzo. L’inaugurazione della Casa massonica intitolata a Nathan, storico sindaco della capitale e Gm del Goi fino all’avvento del massonofobo Benito Mussolini, non è però l’ultimo atto della carriera di Raffi e il suo futuro da Gv (grande vecchio) è assicurato.
Sotto la sua gran maestranza i profani hanno "bussato" in massa alle porte del Goi che è salito da 9 mila a oltre 22 mila iscritti alle 802 logge nazionali. Molti hanno storto il naso verso la svolta modernista e movimentista del Goi. La Gran Loggia, assise annuale che si tiene a Rimini in aprile, è diventata un happening esoterico-spettacolare a metà tra Sanremo (con tanto di concerto di Ornella Vanoni) e il Meeting di Comunione e liberazione. «La sola struttura centrale», critica il notaio messinese Silverio Magno, uno dei tre candidati alle elezioni del 2 marzo, «costa 6 milioni di euro all’anno». Una fetta non sottile dei ricavi va in tasca al Gm: almeno 400 mila euro tra emolumento, note spese e fringe benefits.
A differenza della gestione precedente, quando il cagliaritano Armandino Corona pensava più che altro a salvare il Goi dai contraccolpi dello scandalo P2, con Raffi i fratelli sono stati obbligati a una frequentazione regolare della loggia e al pagamento puntuale della quota annua di base (400 euro), pena l’esclusione dai piedilista dell’associazione. Di soli contributi ordinari, il Goi incassa circa 10 milioni di euro l’anno, escluse le capitazioni straordinarie e le donazioni. E se il conto economico è florido, lo stato patrimoniale non è da meno. Le principali casseforti societarie (Urbs e Augusta 2002) hanno decine di immobili registrati a bilancio per una ventina di milioni di euro. Ma il valore reale è almeno quadruplo. E nonostante le esternazioni di Raffi contro la Chiesa che non paga l’Imu, anche il Goi approfitta dell’esenzione ogni volta che un Comune lo consente. Quando non lo consente, si va in causa. È successo con Villa del Vascello, la magnifica residenza del Grande Oriente alle pendici del Gianicolo per la quale il Campidoglio non ha riconosciuto il vincolo.
L’inquilino di Villa del Vascello per i prossimi cinque anni, il giornalista senese Stefano Bisi, ha confermato il pronostico vincendo al primo turno con oltre il 40 percento ed evitando quindi il ballottaggio. Sabato 8 marzo il suo incarico sarà convalidato dalla commissione elettorale salvo contestazioni. Formalmente Raffi non ha sostenuto né Bisi né gli altri due candidati (Magno e il livornese Massimo Bianchi) ma Bisi stesso dichiara di volere reggere la maggiore obbedienza massonica in continuità con la linea del gran maestro uscente.
«Raffi ha mostrato la strada dell’apertura verso l’esterno», dice Bisi, 57 anni. «Quando mi sono affiliato a una loggia di via Montanini a Siena, era il 1982, un anno dopo lo scandalo P2. Si andava alle riunioni alla chetichella e i fratelli mi dicevano di stare attento a non farmi vedere quando uscivo in strada. Oggi ci si ferma fuori dal portone a chiacchierare. Soprattutto fra i giovani ci sono ancora molti massoni che non sanno di esserlo e che spero di potere iscrivere. Con la crisi dei valori e della politica, con la desertificazione delle anime, dove altro dovrebbe andare un giovane?»
Si potrebbe obiettare che anche il potere massonico a Siena (170 iscritti al Goi) non è del tutto esente da una certa desertificazione. Le disavventure del Monte dei Paschi e del suo ex numero uno Giuseppe Mussari, ufficialmente profano ma certo ben collegato agli ambienti della muratoria senese e toscana, non hanno affatto indebolito la candidatura di Bisi, amico di Mussari. Anzi.
Con il vicedirettore del "Corriere di Siena" si sono schierate compatte le logge calabresi, forti di 2 mila maestri votanti. I rivali di Bisi non hanno apprezzato il sostegno plebiscitario di una regione che durante la gestione Raffi ha acquisito un peso elettorale e politico pari a quello di Toscana e Piemonte, molto più popolate e di lunga tradizione massonica, e molto superiore a regioni molto più estese come la Sicilia o la Lombardia.
Uno dei più critici è stato proprio il fratello calabrese Amerigo Minnicelli, che ha denunciato brogli alle elezioni precedenti ed è stato trascinato davanti al tribunale, prima massonico poi ordinario. «Raffi ha ritenuto di ampliare la base», dice Minnicelli, «e questo non è certo un delitto. Ma l’esplosione degli iscritti nella mia regione fa riflettere, così come è anomalo in sede locale il consenso quasi unanime su un solo candidato, l’avvocato vibonese Marcello Colloca. E l’operazione "Decollo money" che ha portato in carcere nel 2011 l’imprenditore Domenico Macrì, calabrese con residenza in Umbria e agganci in banca a San Marino, amico personale di Raffi, lambisce la Gran maestranza».
Raffi ha risposto a modo suo. Ha sospeso Macrì ma ha espulso Minnicelli. «E su Colloca ci metto la mano sul fuoco», aggiunge anche se il nome dell’avvocato viene citato nell’informativa che, pochi giorni fa, ha portato all’arresto del capo e del vice della Squadra Mobile di Vibo Valentia, in una pagina fra le più nere nella lotta alla ’ndrangheta. Secondo i giudici, la loggia di Colloca ("Michele Morelli") sarebbe la stessa che ha affiliato alcuni giudici locali e Pantaleone "Luni" Mancuso, mammasantissima del crimine calabrese che ha teorizzato la confluenza della’ndrangheta nella massoneria.
Lo scorso settembre un’altra sospensione è toccata alla "Rocco Verduci", loggia del Goi all’Oriente di Gerace nella Locride, per infiltrazioni mafiose. «È vero che ho sospeso la Verduci», dice Raffi, «ma finora non è arrivato uno straccio di prova concreta sulle infiltrazioni. In ogni caso, quando sono arrivato al vertice del Goi, i malavitosi avevano quarant’anni ed erano già dentro. Sulle infiltrazioni ho sfidato anche monsignor Giovanni Bregantini, al tempo vescovo di Locri, a un confronto pubblico, fosse in loggia in parrocchia o in piazza, così da parlare anche delle magagne della Chiesa. Ma lui non me l’ha concesso».
La linea di difesa ufficiale è ribadita da Aldo Alessandro Mola, "profano" e storico della libera muratoria. «L’infiltrazione mafiosa ha colpito tutte le organizzazioni associative e tutte le categorie: partiti, clero, finanza, magistratura. È ingeneroso bollare d’infamia la sola massoneria che, al contrario, è la rete di sicurezza dello Stato quando i partiti e le istituzioni scricchiolano».
E le istituzioni di certo non scricchiolano soltanto in Calabria. Oltre ai pasticci di stampo massonico che hanno inguaiato il Monte dei Paschi e al processo per l’aeroporto di Siena che ha coinvolto il raffiano Enzo Viani, amministratore dell’immobiliare Urbs, la Toscana in grembiule è rimasta coinvolta dal crac della holding Bf di Roberto Bartolomei e Riccardo Fusi, costruttore molto vicino a Denis Verdini, banchiere in Firenze, ex coordinatore nazionale del Pdl e uomo che sussurra all’orecchio del premier Matteo Renzi per conto dell’opposizione forzista. In un filone dell’inchiesta sul crac Bf, sono emerse amicizie fra alcuni giudici che dovevano occuparsi delle società di Fusi, l’amministratore delegato della Fiorentina Sandro Mencucci e due professionisti, un dentista e un avvocato che sono finiti sotto inchiesta in base alla legge 17 del 1982, la poco applicata legge Anselmi sulle associazioni segrete approvata dieci mesi dopo il ritrovamento delle liste della loggia Propaganda 2 di Licio Gelli (marzo 1981). Per quanto la deputata democristiana Tina Anselmi sia tra le figure più odiate in loggia insieme agli ex pubblici ministeri Agostino Cordova e Luigi De Magistris, c’è da chiedersi se i principi delle tenebre massoniche siano un avvocato e un dentista di Prato. La stessa domanda, peraltro, circolava ai tempi di Gelli, ex dirigente della materassi Permaflex di Frosinone.
Ma la domanda sulle logge coperte, se esistono e quanto sono influenti, è destinata a restare senza risposta. All’interno delle logge, governanti e oppositori sono uniti sul no quando si chiede se esistono ancora le iniziazioni "sulla spada" o "all’orecchio del Gran maestro", riservate ai massoni di maggiore influenza, e se i pezzi da novanta preferiscano iscriversi a logge straniere, a Montecarlo, in Canton Ticino, a Malta o a Londra, per mantenere il riserbo. Ma è un no obbligato. Gli aggiornamenti della P2 - la P3, la P4 e la P5 dello sketch di Corrado Guzzanti - sono tutti in versione orale.