Paolo Nori, Libero 7/4/2014, 7 aprile 2014
COME LA CODA DEL MAIALE
Siccome voglio provare a tenere una scuola di scrittura a dei bambini, l’altro giorno son stato a Reggio Emilia al centro internazionale Loris Malaguzzi che è un posto dove, tra le altre cose, è possibile consultare il materiale prodotto dalle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia che, com’è noto, dicono siano le scuole dell’infanzia migliori del mondo.
Io non lo so se è vero, che son le migliori del mondo, quello che so è che ho passato un paio d’ore a leggere questo materiale e mi sono segnato certe frasi dette dai bambini delle scuole dell’infanzia di Reggio Emilia, per esempio: «La musica aiuta le gambe per danzare », oppure: «Sono nato dalla pancia della mamma, mi sono girato, mi sono liberato e sono nato», o ancora: «Il giornalaio e l’edicola son la stessa cosa, giornalaio è il suo nome, edicola il suo cognome».
O, in una serie di osservazioni sulla città: «Nella città ci sono due inizi, e in mezzo, proprio in mezzo, c’è la fine»; «le città sono sempre state costruite perché se no senza città tutte le persone rimanevano in piedi e stavan sempre in giro».
Oppure, in una serie sulle banche: «Te vai in banca e gli dici: Buongiorno, sono venuto a ritirare un po’ di soldini, e loro te li danno. Quando li hai finiti ci torni, loro ce ne hanno sempre, non possono restare senza, se no non si chiamerebbero Banca».
O, sulle biblioteche: «La Biblioteca è gentile perché presta i libri a tutti».
O, sulle ombre: «Tutto ha un’ombra meno le formiche ».
O, sugli affreschi: «Gli affreschi si chiamano affreschi perché stanno in cielo, e il cielo è fresco».
Dopo, tornando in treno dal centro internazionale Loris Malaguzzi, l’altro giorno, mi è venuto da chiedermi come saranno, tra quindici anni, le frasi che questi bambini, diventati ragazzi, scriveranno nei loro temi l’anno magari che daranno l’esame di maturità.
E dopo, arrivato a Bologna, sono andato alla libreria Coop Ambasciatori, ho aperto un libro, ho guardato la nota biografica e ho letto che quello scrittore lì, che si chiama Lorenzo Silva, e è nato a Madrid nel 1966, «è autore di numerosi libri», e ho pensato che nelle quarte di copertina i libri son sempre numerosi, non sono mai tanti; e che la scuola il mestiere che fa, forse, è un po’ quello lì, di dare un tono alle nostre scritture, di insegnarci a scrivere in una lingua che non è esattamente la nostra lingua madre, una lingua dove non si arriva ma si giunge, dove non ci sono mamme ma madri, e non ci sono babbi ma padri, e non ci sono vecchi ma anziani, e non ci sono macchine ma autovetture, e non si dice «Che ti venga un canchero » ma «Vai al diavolo», e mi è venuto in mente lo scrittore e matematico russo Aleksandr Zinov’ev che nel libro Cime abissali si chiede come mai, in Unione sovietica, l’università riusciva a produrre, dalle decine di migliaia di studenti dotati che tutti gli anni si iscrivevano, quel centinaio di burocrati che ogni anno si laureavano con il massimo dei voti, e mi è venuto da pensare che un lavoro come quello che fa il centro internazionale Loris Malaguzzi, di conservare quelle scritture così belle, così poetiche e così strampalate, è un lavoro che meno male che c’è qualcuno che lo fa.