Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/4/2014, 7 aprile 2014
PERISCOPIO
Se esistesse il reato di manifesta incapacità la ministra Boschi sarebbe indagata. Jena. La Stampa.
Renzi incarna il primo berlusconismo, che fu antideologico. Il Cav. voleva, ai suoi esordi un partito italiano del fare. Fabrizio Rondolino. Il Giornale.
Renzi spiega Facebook ai bambini. È partito da come si rimuovono gli amici. Spinoza.
Dice l’Ue che siamo come Croazia e Slovenia. Uffa, avesse detto Crimea. Maurizio Crippa. Il Foglio.
Il film La Grande Bellezza è il referto medico-legale in forma artistica di un Paese morto di futilità e inutilità, con una classe dirigente di scrittori che non scrivono, intellettuali che non pensano, poeti muti, giornalisti nani, imprenditori da buoncostume, chirurghi da botox, donne di professione «ricche», cardinali debolucci sulla fede ma fortissimi in culinaria, mafiosi 2.0 che sembrano brave persone, politici inesistenti (infatti non si vedono proprio). Una fauna umanoide disperata e disperante che non crede e non serve a nulla, nessuno fa il suo mestiere, tutti parlano da soli anche in compagnia e passano da una festa all’altra per nascondersi il proprio funerale. Si salva solo chi muore, o fugge in campagna. È un mondo pieno di vuoto che non può permettersi neppure il registro del tragico: infatti rimane nel grottesco. Scambiare il film per un inno al rinascimento di Roma o dell’Italia, significa non averlo visto o, peggio, non averci capito una mazza. Marco Travaglio. Il Fatto.
Il gioco di questa solitaria domenica mi affascina. Oltre ai flebili rumori della casa, è quasi una domanda quella che mi sento addosso: muta, paziente, fedele. Come se, nel silenzio, dal fondo di un pozzo interiore sorgesse una voce, cui normalmente non bado. Mi viene in mente un monastero in cui passai una volta la notte: quel vasto mare di silenzio di cui non avrei saputo dire se mi spaventava o affascinava. Dalla portineria, l’ascensore si mette in moto con un singhiozzo metallico. Dall’appartamento di sopra, dei passi. Voci, una porta che sbatte, una tv che viene accesa. Stanno tornando tutti. L’enclave di silenzio si scioglie. Peccato, mi dico con stupore: come se mi fossi affacciata su un orizzonte ignoto, e me ne restasse addosso una confusa nostalgia. Marina Corradi. Avvenire.
Al concerto di Riccardo Fogli, tenutosi al Palasport di Roma, si sono verificati tafferugli per la gente che tentava di entrare. I tafferugli si sono ripetuti dieci minuti dopo per la gente che tentava di uscire. Amurri & Verde, News. Mondadori.
L’ultima maîtresse non ha mai visto un film porno perché, dice, ho l’impressione che scoraggino il desiderio. Nel mio settore (salvo che per quelli operati alla prostata) il viagra non è stato una rivoluzione copernicana. Non ho mai fatto sesso in macchina. La prostituzione non è certo un pranzo di gala. Ma detesto la parola prostituzione, preferisco l’espressione hacer senores, andare con i signori. E sono convinta, che chi esercita il mestiere in strada arrechi un grave pregiudizio all’immagine della professione. Bisogna farlo in casa, con tutti i comodi. Lydia Artigas: «la Senora Ruis, dalla morale disinvolta». Marco Cicala. ilvenerdì.
Guardò con invidia sua sorella Silvia, che andava a scuola un’ora più tardi, dormiva aggusciata sulla perla del sonno mattutino. Marietta invece era alzatissima, abbigliatissima, con la sua torre di capelli e forcine inappuntabilmente acconciata, le mani calde del fuoco già acceso. Per quanto presto ci si levasse, la si trovava sempre come se non fosse mai andata a dormire, il suo letto rifatto e teso, la catinella del lavabo asciutta: la nonna diceva che aveva ammazzato il sonno e i ragazzi non l’avevamo mai vista che in piedi. Gli altri dormivano tutti, meno la zia Linda che era alla messa. La casa aveva quel colore vetro smerigliato delle albe d’inverno. Luigi Santucci, Il Velocifero. Mondadori, 1963.
Gli uomini, ferrovieri, postini, muratori, tipografi e piccoli artigiani, ogni giorno impegnati in una guerra persa con l’ultima lira, maledicevano il cielo e il governo. Le donne erano sempre costrette a scegliere fra le scarpe e il paltò, la frutta o l’olio di merluzzo e, sospirando per la spesa aggiuntiva, tenevano acceso un lumino perenne davanti all’immagine di Sant’Antonio nell’attesa di grazie impossibili. Guglielmo Zucconi, La divisa da balilla. Edizioni Paoline, 1987.
E se il figlio era forte, veniva su da solo. Non è che quando si ammalava andavi dal pediatra e comperavi le medicine. Mia nonna accendeva una candela e si metteva a pregare. E quello guariva e si faceva grande, a lavorare. E se non guariva, moriva. Tu piangevi, pregavi, lo sotterravi e ne facevi un altro. Tutti così, del resto, mica solo noi. Antonio Pennacchi, Canale Mussolini. Mondadori.
I tenenti Cenci e Pendoli chiamano adunata vicino alle slitte della compagnia: c’è qualcosa da distribuire. Sono gli ultimi viveri che ci vengono dati come razione e che i cucinieri sono riusciti a portare sin qua. Io ero convinto che non c’era più nulla. I sacchi delle pagnotte sono incrostati di neve e odorano di cipolla, di carne, di conserva, di fumo di caffè; dell’odore dei cucinieri insomma. Ci sono due pagnotte per ciascuno, dure, gelate e vecchie; e dalle slitte esce una forma di reggiano e anche quello è gelato. Per spaccarlo,il tenente Cenci deve prendere un’accetta e poi l’aiuto io con la baionetta a fare le razioni per i plotoni. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.
Francobaldo Chiocci e Luciano Cirri sono diretti da Padre Pio perché stanno lavorando a un libro: «Padre Pio e i papponi di Dio». Tutti e due sono uomini bellissimi. A un certo punto Chiocci, che guida, frena di botto. I due si guardano in faccia. Sono terrorizzati e, a una sola voce, si chiedono: «...e se poi ci converte?». Per non sbagliare, Cirri cava di tasca la foto della propria amante, una femmina che dire maliarda è dire poco, la guarda, la bacia e le dice (con tono ispirato): «Proteggimi da ogni conversione,lasciami nella perdizione». Pietrangelo Buttafuoco. Il Foglio.
Davvero vivo in tempi bui! / La parola innocente è stolta. / Una fronte distesa vuol dire insensibilità. / Chi ride, la notizia atroce / non l’ha ancora saputa. Bertold Brecht.
Solo i poveri hanno veri amici. Roberto Gervaso. il Messaggero.