Maurizio Gallo, Il Tempo 7/4/2014, 7 aprile 2014
L’EPOPEA DEL «PASDARAN». DI VETTA SCARCERATO DOPO L’ULTIMA VIOLENZA
Se digiti il nome sulla banda di ricerca Google, escono fuori anche alcuni suoi articoli. Le parole ricorrenti sono «sollevazione», «assedio», «pratiche di riappropriazione», «resistenze diffuse», «effervescenze territoriali». Un esempio? «La sollevazione e l’assedio sono le armi non convenzionali che i movimenti e il sindacalismo conflittuale intendono usare...».
A scrivere è Paolo Di Vetta, romano, «classe» 1960, leader dei Blocchi Precari Metropolitani di Roma, uno dei «condottieri» dei Movimenti che, in più occasioni, ha partecipato a scontri con le forze dell’ordine, portato a termine occupazioni (ovviamente abusive) e gestito la «piazza» con perizia e piglio da guerrigliero metropolitano. Troppo giovane per aver fatto il ’68, ancora teen-ager nella prima metà dei ’70, quando furoreggiava la protesta studentesca e sociale poi sfociata negli Anni di Piombo, Di Vetta è un «pasdaran» della protesta. Se il 19 ottobre, in occasione della mobilitazione nazionale per il diritto di abitare e contro l’austerity cercò di frenare i più facinorosi a suon di urla e sberle nella prudente attesa dell’incontro con il ministro Lupi, è stato invece arrestato con altri 16 manifestanti dopo gli incidenti del 31 ottobre scorso in via del Tritone, organizzata durante la conferenza Stato-Regioni e per la quale erano stati «arruolati» anche molti extracomunitari. Era ai domiciliari ma il Tribunale del Riesame ha stabilito che lui e cinque di quelli finiti in manette dovranno ottemperare soltanto all’obbligo di firma. Sarebbe caduta, infatti, l’accusa più grave nei loro confronti, quella di rapina in seguito alla scomparsa di manganelli e scudi dei poliziotti schierati in tenuta antisommossa.
In attesa della motivazione dei giudici della Libertà, che hanno sconcertato molti anche alla luce di quanto accaduto in una giornata in cui gli incidenti furono decisi «a freddo», tanto da far dire al capo della Digos che si trattò di «violenza preordinata e inaudita», tracciamo un bilancio dell’«attività rivoluzionaria» di Di Vetta attraverso le denunce e gli arresti subiti nell’ultimo decennio, complessivamente 14, più di uno ogni dodici mesi. Partiamo dal 2003, quando per il capo dei precari romani arriva la prima denuncia per una manifestazione non autorizzata in Centro. È il 10 ottobre. Il 29 settembre 2004 Di Vetta e altri protestano davanti alla sede dell’Acea, in via delle Cave, e lui si becca un’altra denuncia per lo stesso reato. Passa un anno, è l’8 novembre 2005 e gli agenti del commissariato San Lorenzo lo denunciano con l’accusa di violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Il 25 febbraio del 2006 e l’8 febbraio 2007 altre due denunce per «invasioni di terreni o edifici» (tradotto: okkupazioni) sempre nella zona di competenza del commissariato del quartiere studentesco sulla Tiburtina.
L’8 aprile 2008 il primo arresto in flagranza per violenza a pubblico ufficiale durante una manifestazione in piazza San Marco. Ecco come la racconterà Di Vetta: «La scena che trovo nei giardini è da non credere, tende smontate, uomini e donne increduli, polizia. Mi rivolgo al dirigente delle forze dell’ordine e gli dico: "Di questo passo finirete per arrestarci tutti", la risposta è immediata e isterica: "Arrestateli subito". Di fronte a questa reazione ci siamo seduti sul prato da cui veniamo prelevati di peso e portati sui blindati. In nove ci ritroviamo rinchiusi nel commissariato Trevi-Campo Marzio». Un’altra manifestazione abusiva, questa volta in Campidoglio, e un’altra denuncia risalgono al 18 febbraio del 2008. Il copione si ripete, identico, un mese dopo, il 17 marzo, davanti alla sede amministrativa della Rai in viale Mazzini. Il super-recidivo contestatore ne colleziona un’ennesima tentando di forzare il cordone della polizia durante una manifestazione per la casa il 19 marzo 2009, mentre il 10 dicembre dell’anno seguente è accusato di interruzione di pubblico servizio dagli uomini in forza al commissariato Colombo. Il 26 novembre 2011 viene denunciato dalla Digos in relazione al sit-in davanti Bankitalia che il 12 aveva bloccato via Nazionale.
Un secondo arresto arriva il 14 marzo 2012. Il reato ipotizzato è violenza e minacce a pubblico ufficiale. L’occasione, la protesta davanti al Cipe per chiedere che i finanziamenti Tav venissero stanziati per l’emergenza abitativa. Gli agenti del Prenestino, infine, «segnalano» alla magistratura l’ex dirigente Usb il 7 maggio 2013 per un’occupazione abusiva.
Un settore, quello delle occupazioni, che coinvolge l’organizzazione di Di Vetta, il Coordinamento di lotta per la casa di Luca Fagiano (anche lui con una sfilza di denunce da far venire i brividi e arrestato con il leader precario per i fatti del 31 ottobre) e Action. Il fenomeno riguarda 100 immobili capitolini e centinaia di persone «sistemate» al grido di «casa e reddito per tutti». Una buona parte sono extracomunitari che, poi, in cambio vengono «arruolati» per le proteste di piazza.