Luca Rocca, Il Tempo 7/4/2014, 7 aprile 2014
I MISTERI DEL MINISTRO LANZETTA
Indignazione politica a senso unico. Se il caso che ha coinvolto il sottosegretario Antonio Gentile, «accusato» di aver bloccato l’uscita di un quotidiano che in prima pagina aveva la notizia di un’inchiesta su suo figlio, ha scatenato la «furia» di politici, intellettuali e quotidiani nazionali, niente di tutto questo si è visto nei confronti del ministro degli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta, ex sindaco di Monasterace indagata per abuso d’ufficio.
Ma non è solo l’indagine giudiziaria che dovrebbe indurre alla coerenza gli «indignati». Partiamo dal principio. La Lanzetta, per la quale la procura di Locri ha chiesto l’archiviazione, è indagata per dei lavori d’illuminazione pubblica sul corso principale di Monasterace, paese calabrese. L’iter per l’affidamento di questi lavori, ma soprattutto per l’ottenimento del prestito dalla Cassa depositi e prestiti, è al vaglio dei magistrati. A fornire i pali della luce è la ditta Neri Spa. Ad eseguire i lavori è l’impresa Elettroart di Gara Nicola. Il Comune chiede un finanziamento di 230mila euro alla Cdp, che però, il 23 marzo 2011, comunica l’impossibilità di erogare i fondi in quanto le spese sono antecedenti alla data di concessione del mutuo. Il 6 dicembre 2011 il sindaco Lanzetta scrive alla ditta Neri: «In considerazione del fatto che sono stati ultimati nel 2011 dalla ditta Elettroart i lavori di installazione e allacciamento dei pali per l’illuminazione da voi forniti, chiediamo una dichiarazione che (…) i corpi illuminanti sono ad oggi regolarmente istallati». La ditta Neri, in una lettera datata 2 dicembre 2011, «conferma» che i pali sono stati «correttamente installati nel corso del 2011». Ma non è così. I lavori, come prova il «certificato di regolare esecuzione», sono stati completati il 28 agosto 2010. Inoltre la risposta della Neri Spa è antecedente alla richiesta del sindaco. Infine la ditta Neri attesta ciò che solo l’impresa che ha realizzato i lavori poteva certificare.
Quando, nel febbraio 2012, in consiglio comunale si discute di tutto questo, l’avvocato Cesare De Leo, uno dei quattro consiglieri comunali del Pd che hanno denunciato il primo cittadino, si rivolge al sindaco Lanzetta: «Piuttosto che chiedere all’impresa Neri di fare una dichiarazione falsa, e cioè che i lavori sono stati eseguiti nel 2011, avrebbe dovuto lei assumersi la responsabilità». La Lanzetta replica: «Non ha fatto la dichiarazione falsa». De Leo insiste: «È di dominio pubblico che i lavori sono stati eseguiti nel 2010. Chi ha chiesto quella certificazione?». La risposta del sindaco è chiara: «Gliel’ho chiesto io», per poi ammettere ciò che non può negare: «I lavori sono stati eseguiti nel 2010». E quando De Leo chiede «perché ha chiesto la certificazione alla ditta Neri», la Lanzetta «confessa»: «Per salvare il salvabile, avvocato, per evitare contenziosi». La procura ha chiesto l’archiviazione. A decidere se accogliere o meno la richiesta dei pm sarà il gip di Locri. Il capo dell’ufficio del gip di quel tribunale è Caterina Capitò, e il marito lavora proprio presso la farmacia della Lanzetta a Monasterace.
Nel piccolo centro in provincia di Reggio Calabria, amministrato per otto anni dalla Lanzetta, la cosca dominante è quella dei Ruga. L’aurea di «paladina antimafia» del neoministro nasce proprio dalla lotta che avrebbe intrapreso contro di essa. Ma alcune rivelazioni, mai smentite, contenute nel libro di un ex tecnico comunale di Monasterace, Vito Micelotta (che le avrebbe confermate ai carabinieri oltreché divulgarle su facebook) farebbero emergere aspetti inquietanti, ovviamente tutti da dimostrare. Nel dicembre del 2010 Micelotta viene arrestato nell’operazione «Village» insieme ad Antonio Benito Ruga, condannato per associazione mafiosa. L’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa (poi resteranno in piedi solo l’abuso d’ufficio e il falso ideologico). Nel libro «Io ho un sogno» Micelotta rivela che in quei giorni il sindaco Lanzetta, a pochi mesi alle elezioni comunali, avrebbe portato dei fiori alla moglie di Benito Ruga e successivamente avrebbe regalato dei peluche al figlio del genero del boss Cosimo Ruga. Vero? Falso? Questi dettagli, penalmente non rilevanti, il ministro farebbe bene a chiarirli. C’è di più. Il 19 agosto 2011 il quotidiano Calabria Ora scrive: «Amministratori del Comune di Monasterace si rivolsero informalmente alla famiglia Ruga per far fronte all’emergenza rifiuti». La Lanzetta replica all’articolo dando la sua versione dei fatti: «L’assessore all’Ambiente attendeva l’arrivo dei compattatori della Locride ambiente (…). Casualmente transitava in quelle zone un bobcat della Mrm (l’impresa dei Ruga, ndr) che si è offerto di dare una mano per la raccolta, a titolo gratuito. Il giovane assessore, alla sua prima esperienza, disperato per la situazione, ha acconsentito, rendendosi conto di aver commesso una leggerezza grave». Anche l’assessore all’Ambiente conferma la «collaborazione»: «È vero, abbiamo chiesto una mano alla Mrm, come ad altre ditte del posto, perché le vie erano colme di spazzatura».