Sergio Romano, Corriere della Sera 7/4/2014, 7 aprile 2014
DUE MISTERIOSI VIAGGI DI EVA PERÓN DALLA SVIZZERA A MILANO
Ho visto in tv una biografia di Evita Perón. Quando si è parlato del suo viaggio in Europa del 1947, sia il conduttore sia lo storico hanno dato risalto al significato delle sue visite in Spagna e in Italia ma nulla hanno detto della sua missione in Svizzera per recuperare l’ingente bottino depositato dai criminali nazisti a cui l’Argentina aveva dato ospitalità. Riuscì Evita nel suo intento? Inoltre volevo chiederle perché, quando cadde Perón nel ’55, le spoglie mummificate di Evita vennero portate in Italia e nascoste in un cimitero milanese quando a Madrid sarebbero potute essere esposte al culto dei fedeli e del regime come avvenne qualche anno più tardi?
Vittorio Dinetto
Caro Dinetto,
La visita di Eva Perón risveglia qualche ricordo personale. Fu accolta molto calorosamente per almeno due ragioni: i numerosi vincoli familiari che legavano, allora più di oggi, le due società e i generosi aiuti argentini degli anni precedenti. Molti ricordavano le due navi cariche di grano che il colonnello Perón aveva dirottato verso un porto italiano per rispondere a un appello di De Gasperi in uno dei momenti più difficili dell’immediato dopoguerra. Le immagini che ricordo sono probabilmente quelle dei cinegiornali: la folla che faceva ala al passaggio della sua carrozza nelle strade romane, il suo ingresso in Vaticano per l’udienza papale, la testa velata da una grande mantilla. Come le regine era accompagnata dal principe Torlonia nella sua sgargiante uniforme spagnolesca con una benda nera sull’occhio destro. Anche il papato, evidentemente, riteneva che l’Argentina, in quel momento, avesse diritto a un trattamento di particolare riguardo.
Per rispondere alle domande della sua lettera, tuttavia, i miei ricordi non bastavano e sono quindi ricorso all’aiuto di Domenico Vecchioni, autore di una biografia pubblicata dalle edizioni Anordest sotto il titolo Evita, il cuore dell’Argentina . Ufficialmente fu detto che la moglie del presidente argentino sarebbe andata in Svizzera per negoziare la vendita di grano, ma è molto probabile che le ragioni del viaggio fossero soprattutto bancarie. Qualcuno ritenne che volesse depositare nelle banche svizzere l’oro dei nazisti in fuga e i compensi offerti dai tedeschi riconoscenti. Altri invece giunsero alla conclusione che si trattava di operazioni strettamente personali della famiglia Perón e ne videro la conferma nel fatto che Evita avesse portato con sé il fratello Juancito, noto per le sue operazioni finanziarie. Dalla Svizzera, dove il segreto bancario è tutelato con legge dello Stato, è inutile attendere indiscrezioni, almeno per il momento.
Sul problema della sepoltura, invece, i fatti sono ormai noti. Quando divenne presidente, dopo la defenestrazione di Perón nel settembre 1955, il generale Pedro Aramburu constatò che la tomba di Evita era meta di continui pellegrinaggi e decise di sbarazzarsi di quell’ingombrante sepolcro. Il modo in cui l’operazione fu realizzata potrebbe formare la trama di un romanzo gotico. Come ricorda Vecchioni, alla salma, con la collaborazione di un sacerdote cattolico, fu dato il nome di un’italiana, Maria Maggi, morta da poco in Argentina. Quello stratagemma ne permise il trasferimento in Italia e la sepoltura nel Cimitero Maggiore di Milano. Non fu scelta la Spagna perché Perón era allora esule a Madrid e la tomba di Evita nella capitale spagnola non avrebbe attratto meno pellegrini di quanto accadeva a Buenos Aires.