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 2014  marzo 07 Venerdì calendario

L’AIDS È STATO DAVVERO SCONFITTO?


In California una bambina nata con il virus dell’Hiv, non mostra più alcuna traccia dell’infezione dopo esser stata sottoposta - da subito dopo la nascita - alla terapia antriretrovirale. Si tratta di un caso isolato?
In realtà è stato documentato un altro caso di remissione in una neonata. L’annuncio ufficiale è del marzo del 2013: riguardava una bimba nata in Mississippi da madre infetta dall’Hiv. A 30 ore dalla nascita i medici hanno iniziato a somministrare alla piccola un cocktail di farmaci antiretrovirali. Dopo 18 mesi di terapia, i test hanno confermato che il virus era sceso sotto i livelli misurabili. Al momento dell’annuncio la bambina non assumeva la terapia da 10 mesi e i livelli del virus erano ancora non misurabili.

Ci sono precedenti che riguardano persone adulte?
Il primo caso in assoluto di remissione dell’infezione da Hiv riguarda proprio un uomo e risale al 2009. Si tratta di Timothy Ray Beown, l’uomo conosciuto come «paziente di Berlino», a cui fu diagnosticata l’infezione da Hiv nel 1995. Timothy iniziò la terapia antiretrovirale che gi permise di controllare l’infezione per i successivi undici anni. Tuttavia, nel 2006, a 40 anni d’età, il paziente si ammalò di leucemia acuta che lo costrinse a subire due trapianti di midollo osseo che gli consentirono la completa remissione del tumore e, fortunatamente, anche dell’infezione. Da allora Timothy non ha più assunto antiretrovirali, e il virus dell’Hiv è risultato assente nel suo sangue.
I farmaci antiretrovirali sono la chiave per debellare una volta per tutte l’Hiv?
Sicuramente i numerosi progressi nelle terapie antivirali sono riusciti a trasformare l’infezione da Hiv da una malattia mortale a una malattia con cui si può convivere. Un recente studio italiano, coordinato da Giovanni Guaraldi dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, ha dimostrato che da un paziente sieropositivo di 40 anni, con adeguato recupero immunologico, ci si può attendere una vita residua di altri di 38 anni, poco diversa dai 41 anni stimata dall’Istat per un cittadino italiano sano di pari età. In altre parole l’aspettativa di vita delle persone affette dal virus dell’Hiv, grazie alla terapia antiretrovirale, può essere paragonabile a quella della popolazione sana. Tuttavia, oggi solo circa il 50 per cento dei sieropositivi ha accesso a un trattamento, che si stima abbia salvato la vita a 700 mila persone nel 2010. Ci sarebbe infatti un restante 50 per cento di malati che non ha accesso ad alcun trattamento.
Le terapie antiretrovirali possono aiutare nella prevenzione?
Nel novembre del 2010, i risultati dello studio clinico iPrEX hanno aperto una nuova prospettiva per la prevenzione delle infezioni da Hiv. Lo studio, iniziato nel 2007, aveva coinvolto 2500 maschi omosessuali in sei diverse nazioni. Tutti i soggetti selezionati avevano stili di vita che li classificavano a elevato rischio infezione e tutti erano sieronegativi (cioè non infetti) al momento dell’inizio dello studio. A queste persone è stato somministrato il farmaco Truvada una volta al giorno come possibile profilassi all’infezione. I risultati dello studio hanno dimostrato che il rischio di infezione era diminuito del 44 per cento.
Come e quanto sono migliorate le terapie antiretrovirali?
Tantissimo, come recentemente ha spiegato il virologo Giovanni Maga nel suo ultimo libro «Aids: la verità negata» (Il Pensiero Scientifico Editore). Basta pensare che solo 20 anni fa bisognava assumere 28 compresse tre volte al giorno, ora ne basta una o due per ottenere gli stessi risultati, se non anche migliori. Attualmente ci sono a disposizione oltre 20 farmaci per il trattamento dei pazienti infetti dall’Hiv. Oltre allo sviluppo di molecole sempre più potenti e contro cui il virus ha meno facilità a sviluppare resistenza, negli anni sono state approvate diverse formulazioni in cui sono stati combinati diversi inibitori per offrire ai pazienti più farmaci in un’unica pillola. Si stima che dal 1995, la terapia antiretrovirale abbia evitato 2.500.000 decessi e abbia salvato 350.000 bambini dall’infezione nei paesi poveri.

A che punto siamo con la ricerca di un vaccino?
Nonostante siano più di 20 anni che i laboratori di tutto il mondo lavorano allo sviluppo di un vaccino in grado di prevenire o curare l’Aids, la ricerca ha purtroppo collezionato una serie di deludenti fallimenti. L’ultimo risale al vaccino Aidsvax, sperimentato da scienziati americani e thailandesi. Una speranza, invece, arriva dal vaccino terapeutico tutto made in Italy. Dopo i primi risultati, molto soddisfacenti, dei test effettuati su 160 volontari italiani, è in corso la sperimentazione di fase due in Sudafrica su 200 pazienti. L’obiettivo è quello di valutare ulteriormente l’efficacia del vaccino. Il vaccino Tat, messo a punto dal team della ricercatrice Barbara Ensoli dell’Iss, è il vaccino terapeutico anti-Aids allo studio in fase più avanzata di sperimentazione. La sua funzione è quella di bloccare la patologia in soggetti già infettati.